CD anticopia, facciamo il punto

Si moltiplicano i titoli protetti contro l'estrazione digitale dei brani e la duplicazione, una vera e propria presa in giro nei confronti dell'acquirente. Come difendersi?



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 04-07-2003]

Gli ultimi album di Annie Lennox, Radiohead, Phil Collins e Mike Oldfield sono solo alcuni dei numerosi titoli che espongono il famigerato logo "Copy Controlled", a indicare che il CD incorpora tecnologie che impediscono la duplicazione e l'estrazione digitale delle tracce audio: ultima trovata dei discografici per tentare di impedire la contraffazione e arginare il fenomeno del peer to peer sharing, cioè lo scambio di canzoni, generalmente in formato MP3, operato direttamente tra utenti della Rete.

I Signori della Musica hanno chiuso la porta, ma le finestre sono rimaste aperte. Non serve un quoziente intellettivo da urlo per capire che i CD protetti sono comunque duplicabili per via analogica, cioè collegando l'uscita del lettore CD all'ingresso line della scheda audio del computer. Naturalmente, la conversione del segnale da digitale ad analogico, il passaggio attraverso gli stadi di preamplificazione dell'impianto stereo e il successivo ricampionamento possono diminuirne la qualità introducendo un leggero rumore di fondo. Va però osservato che tale perdita è sicuramente molto inferiore a quella indotta dalla successiva conversione in MP3, soprattutto quando il lettore CD e la scheda audio coinvolti siano di buona qualità: di conseguenza, chi è interessato allo scambio peer to peer non se ne preoccuperà gran che. Chi abitualmente scarica musica da Internet non cerca la fedeltà assoluta del suono, bensì, piuttosto, la possibilità di ascoltare la propria musica preferita sul computer o su apparecchi di riproduzione mobili, quali i lettori portatili di MP3, unitamente alla praticità di utilizzo (su un singolo CD possono essere memorizzati brani a centinaia).

La perdita di qualità è argomento di poca efficacia anche nei confronti di chi duplica sistematicamente gli originali a scopo di contraffazione e successivo spaccio. Si tratta di un'operazione di per sé truffaldina, nella quale gli acquirenti spesso non si rendono conto di finanziare la criminalità organizzata, ma sono perfettamente consapevoli di pagare per un prodotto "taroccato", la cui attrattiva è rappresentata dal basso prezzo. Nessuno si stupirà di qualche piccola carenza, oltretutto difficile da cogliere per chi non abbia un orecchio "allenato" e non disponga dell'originale per effettuare un confronto. Dal punto di vista del contraffattore, l'unico problema posto dalla protezione è la necessità di effettuare una prima copia per via analogica: insomma, una seccatura marginale, considerato che, a partire da quella prima copia, potrà operare direttamente per via digitale, come di consueto.

E così, come del resto ci si poteva aspettare, la protezione finisce col rappresentare esclusivamente una fregatura per i regolari acquirenti, che subiscono fastidiosi intralci nella fruizione dei propri sacrosanti diritti.

Ad esempio, il diritto di effettuare una copia di backup del CD acquistato. Perché mai ci si dovrebbe accontentare di una copia analogica quando si tratta di un diritto sancito dalla legge? Vero è che una copia analogica è pur sempre meglio di niente, ma accettare tale posizione significa consentire ai discografici di appropriarsi di un diritto che ci spetta, senza darci nulla in cambio e mettendoci, anzi, in una posizione scomoda qualora tentassimo di esercitarlo ugualmente: la legge, infatti, definisce illecito il tentativo di superare le protezioni contro la duplicazione.

Ma c'è di più. Un CD protetto non può essere ascoltato su computer: proprio per evitare l'estrazione digitale dei brani, esso è prodotto in modo da apparire danneggiato ad un lettore di CD-ROM o a un masterizzatore (ma non a un normale lettore audio), oppure contiene, oltre alla sessione audio, una o più sessioni di tipo "dati", che hanno lo scopo di rendere "invisibili" le tracce audio. Nell'area dati del CD si trovano solitamente le versioni compresse dei brani, codificate in un formato proprietario e pertanto leggibili esclusivamente mediante l'apposito programma che le accompagna, sempre presente, ovvio, in versione per Windows e qualche volta anche per Mac, mai per Linux. Di conseguenza, anche da questo punto di vista l'industria discografica ci sottrae un concreto diritto: quello di ascoltare liberamente i nostri CD con lo strumento di nostra scelta, impianto stereo, riproduttore portatile di MP3 o computer che sia. Generosamente, i Signori della Musica ci concedono sul computer una fruizione menomata del prodotto, a condizione, però, di utilizzare un sistema operativo di loro gradimento.

In poche parole, un CD protetto si paga a prezzo pieno ma, per il consumatore, vale molto meno di uno privo di protezioni. Quando i CD protetti saranno più diffusi, ma soprattutto quando la protezione sarà considerata una caratterstica "normale", per i Signori della Musica verrà il momento di recuperare quanto investito in tecnologia. Perciò non è affatto escluso che i CD "Copy Controlled" finiscano col costare più cari degli altri. Infatti le società che sviluppano i sistemi di protezione non li regalano affatto: semmai, ciò che probabilmente distribuiscono a piene mani, è la chimera di un sistema anticopia inviolabile. Ma è un'illusione buona solo per chi non sappia distinguere un computer da una lavatrice con TV a colori annessa: d'altra parte, un discografico è un discografico, non un informatico.

Siamo ancora lontani dal momento in cui tutti i CD saranno protetti; anzi, è probabile che tale situazione non si verifchi neppure in un futuro piuttosto remoto: pare più verosimile l'ipotesi di una nuova rivoluzione nel formato del supporto fisico, analoga a quella rappresentata dal passaggio dal vinile al CD, della quale il DRM (Digital Rights Management) sarà parte integrante. Ma, considerato che le tecnologie di protezione dei CD hanno fatto la loro comparsa soltanto un paio d'anni fa, la tendenza all'impiego su vasta scala è evidente e preoccupante. Nel giro di qualche anno ancora, è probabile che i titoli "di cassetta", cioè quelli che potrebbero risultare più appetibili per i contraffattori o semplicemente per lo scambio online, siano pubblicati su supporto "Copy Controlled".

Sbaglia chi pensa che la questione riguardi solo i grandi nomi della musica d'oltremanica o d'oltreoceano e che gli artisti nostrani siano destinati a restarne immuni: lo dimostra il caso di Sergio Cammariere, cantautore e pianista capace di ammantare il suo pop di suggestive atmosfere jazz. Lo scorso anno, il buon Sergio pubblicò per la EMI l'album "Dalla pace del mare lontano", trainato dal singolo "Sorella mia". Per sfruttare il felice momento, la EMI ha aggiunto alla "scaletta" il brano "Tutto quello che un uomo", terzo classificato al Festival di Sanremo 2003, e ha ripubblicato il CD. Questa volta protetto.

Ripubblicare un album a breve distanza dalla prima uscita aggiungendovi un poco di materiale inedito è di per sé un'operazione vergognosa: significa umiliare chi ha creduto nell'artista, ha apprezzato il suo lavoro e ha voluto acquistare il CD non appena uscito. Va detto che i discografici peninsulari non sono nuovi a trovate del genere: i fan di Elisa, per esempio, hanno subito lo stesso trattamento con gli album "Pipes & flowers" e "Asile's world", ma, almeno, le ristampe, arricchite rispettivamente dai singoli "Cure me" e "Luce (tramonti a nord est)", non erano protette. Proteggere una riedizone è davvero il colmo e rappresenta una palese ammissione di colpa: questi signori sono ben consapevoli che chi ha comperato il CD un anno fa sarà poco felice di doverne acquistare una seconda copia, ovviamente a prezzo pieno, solo per potere ascoltare la nuova canzone, e forte sarà la tentazione di duplicarlo o di ricorrere al peer to peer.

Tanto basta a dimostrare che la protezione dei CD contro la duplicazione rappresenta l'ennesima speculazione perpetrata, nel sacro nome del diritto d'autore, ai danni del consumatore onesto. Dal punto di vista del principio, qualcosa di molto vicino al balzello imposto a beneficio della S.I.A.E. sui CD scrivibili, nella presunzione che vengano senza meno utilizzati per duplicare illecitamente opere protette.

L'assurdo è che, in molti casi, e salva comunque la possibilità della duplicazione analogica, le protezioni si dimostrano spesso inefficaci. A seconda del tipo di protezione, esistono quasi sempre combinazioni particolari di hardware e software che consentono di ottenere tranquillamente una copia per via digitale, la quale, spesso, risulta priva della protezione e quindi duplicabile a sua volta senza ulteriori problemi. Il programma cdrdao, "standard" per la duplicazione dei CD in Linux, ma del quale esiste anche la versione per Windows, con un po' di collaborazione da parte dello hardware (lettore CD o masterizzatore), si dimostra molto abile nel riconoscere e trattare correttamente la sessione audio dei CD protetti. Anche cdparanoia è incredibilmente efficace nell'estrazione digitale delle singole tracce. Quanto allo hardware, si parla bene dei masterizzatori Lite-on e meno bene di quelli Philips, ma la casa olandese ha annunciato che potrebbe dare il via alla produzione di apparecchi appositamente progettati per superare le protezioni. Non dimentichiamo, poi, che spesso la soluzione più efficace non ha la benché minima velleità hi-tech e può consistere in un semplice tratto di pennarello o in un pezzetto di nastro adesivo colorato...

Ma perché Philips ostenta propositi bellicosi nei confronti delle major che pubblicano CD protetti? Forse non si tratta tanto di preoccupazione per i diritti dei consumatori, quanto di una sorta di guerra dei marchi: fu proprio Philips, insieme con Sony, a definire lo standard CD-Audio, ormai noto come "Red Book Specification" e ora, con buona ragione, mal tollera che i CD "Copy Controlled", non rispettando quelle specifiche, siano comunque marchiati con il famoso logo "Compact Disc Digital Audio" e venduti come normali CD-Audio.

Anche le associazioni di consumatori sono intervenute contro la scorrettissima pratica di mettere in vendita CD protetti senza evidenziare le dovute informazioni al consumatore: il risultato delle pressioni è stato la definizione di un logo (un cerchio contenente un triangolo, a sua volta contenente un cerchio contenente un altro triangolo), ora esposto in copertina insieme con la scritta "Copy Controlled" o "Copy Protected". Quasi sempre, oltre al logo, sono anche riportate le informazioni circa la compatibilità del CD con i lettori di DVD e la possibilità di riprodurlo su PC (in relazione al sistema operativo utilizzato sul medesimo). Troppo spesso, però, il logo è stampato soltanto sul retro della confezione ed è perciò notato solo dalle persone più attente o smaliziate. Quasi mai, inoltre, viene specificato che la riproduzione su PC sfrutta versioni compresse dei brani e non ne consente l'ascolto in alta fedeltà. Infine, i CD protetti sono confusi tra i normali CD-Audio: sarebbe auspicabile un'azione più incisiva da parte di Philips e delle associazioni dei consumatori medesime per obbligare i rivenditori a confinarli su appositi scaffali. Come, per esempio, i DVD sono esposti a parte, lo stesso dovrebbe avvenire per i CD protetti, in quanto prodotti diversi dai CD Audio per tecnologia e opportunità di utilizzo.

Non si tratta semplicemente di una questione di principio. Come sempre, la disinformazione è l'arma più efficace a disposizione di chi voglia turlupinare il prossimo, e i Signori della Musica sono ben consapevoli che l'esposizione separata faciliterebbe la presa di coscienza, da parte del consumatore, che acquistare un CD protetto significa portarsi a casa qualcosa di diverso dal solito CD Audio: un oggetto a suo modo "taroccato", che costa altrettanto, ma vale molto, molto meno.

Si tratta di una battaglia giocata sul fronte della psicologia e della politica, più che su quello della tecnologia. Infatti, se da una parte la tecnologia delle protezioni è, almeno per ora, piuttosto traballante, sul fronte politico le major godono di appoggi molto forti, grazie ai quali hanno ottenuto la promulgazione di leggi inque, assurde e inapplicabili, ricalcate sui loro interessi con puntualità e precisione sospette.

Duplicare un CD protetto è tecnicamente possibile, ma non opportuno, a prescindere dal fatto che si tratti di un illecito. E, soprattutto, non è una soluzione. L'unica possibilità che il consumatore ha di trasformare questo disonesto business in un clamoroso flop è opporre resistenza, principalmente sul piano psicologico. Ricordiamoci che la protezione è l'estremo tentativo dei discografici di non scendere a patti con il mercato, per mantenere i prezzi dei CD agli assurdi livelli attuali e, possibilmente, rincararli, senza minimamente preoccuparsi di cogliere le opportunità offerte dal mercato online. E' un volgare stratagemma escogitato per non vedersi obbligati a ripensare la qualità artistica dei loro prodotti e continuare a gestire il talento dei musicisti in una ottica di puro sfruttamento commerciale.

Non comperiamo CD protetti: la qualità della nostra vita non ne risentirà, perché nessun CD, per quanto bello e desiderato ci possa apparire, è indispensabile per vivere, o anche soltanto per vivere bene. Se apprendiamo della protezione solo dopo l'acquisto, riportiamo il CD al negozio e pretendiamo la restituzione del denaro pagato: a fronte di un rifiuto, sarà sempre possibile dichiarare che il nostro impianto stereo non lo riproduce correttamente. In effetti, i problemi di funzionamento su comuni apparecchi riproduttori sono tutt'altro che rari, ma anche se nel nostro caso dovesse trattarsi di una piccola bugia, essa sarà più che giustificata dal nobile fine di evitare una fregatura.

Un elenco di titoli protetti è disponibile sul sito Campaign for digital rights: lasciamo che si coprano di polvere sugli scaffali dei rivenditori, ai quali provvederemo a far sapere apertamente che saremmo disposti a comperarli se ce ne fornissero una versione non protetta, naturalmente originale. Spesso, un titolo distribuito su supporto protetto in una nazione o un continente non lo è in un altro: in tali casi lo si può acquistare in Internet. Altre volte, è sufficiente un po' di pazienza: a qualche mese di distanza dalla prima uscita, alcuni titoli sono stati ristampati privi di protezione. Si tratta, con ogni probabilità, di esperimenti volti a sondare il mercato: approfittiamone.

Un articolo che non "tira" esce velocemente dal mercato: in questo caso, è quello che noi consumatori vogliamo, perché è nostro diritto fruire nel modo che più ci aggrada di un bene che abbiamo acquistato e pagato, e del quale, di conseguenza, siamo a pieno titolo proprietari.

Non permettiamo che i Signori della Musica ci spremano come limoni e, per di più, ci prendano per il naso.

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Commenti all'articolo (ultimi 5 di 31)

Dany
copy controlled Leggi tutto
30-4-2005 14:50

Stefano Barni
ti dirò anch'io... Leggi tutto
9-3-2004 23:36

bè ti dirò Leggi tutto
9-3-2004 23:32

Stefano Barni
il rimedio può essere peggiore del male Leggi tutto
5-3-2004 14:14

mauro S.
Grazie Francesco!!! Leggi tutto
5-3-2004 13:07

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