Indifferente alle indagini del Congresso USA sul seguito delle "confidenze" di Yahoo! nella vicenda Shi Tao, i maggiori motori di ricerca siglano un accordo per proteggere gli interessi dello Stato cinese.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 27-08-2007]
Tutti ricorderanno la storia di Shi Tao, il redattore di un giornale locale condannato nel 2004 dal governo cinese a seguito di una email fornita da Yahoo! su richiesta ufficiale dei responsabili politici di quello Stato; sorte per altro seguita da Wang Xiaoning, altro dissidente condannato a causa delle informazioni personali fornite sempre da Yahoo!.
Per questi eventi, le vertenze giudiziarie intentate dai familiari di ambedue, davanti ai tribunali californiani sono ferme da tempo, senza che se ne possa divinare la definizione.
La posizione di Yahoo! è estremamente delicata, perché oltre tutto nel caso di Shi Tao pare che i responsabili abbiano falsamente deposto di non conoscere i motivi per cui veniva loro richiesto il testo dell'email in questione. Negli USA, questo costituisce un reato federale suscettibile di serissime conseguenze. Ma anche in questo caso tutto sembra arenarsi di fronte alle ragioni dei mercati.
Ovviamente il tutto è avvenuto su pressione dei politici di quel paese, ma -occorre rilevarlo- nella totale indifferenza dei Dipartimenti USA interessati, dalla Giustizia ai Garanti della privacy e del commercio, ai quali forse fa comodo nascondersi dietro le pretestuose e vaghe accuse di sovversione, parola magica che ormai permette di giustificare ogni possibile illecito.
Reporters Sans Frontières (RSF) lamenta che dopo aver costretto alla collaborazione i gestori dei siti internet e le imprese alla autodisciplina, ora anche i gestori dei blog siano stati incoraggiati a identificare i blogger, conservando le informazioni e fornendole a richiesta alle autorità competenti.
La nuova ondata di repressione e censura viene spesso erroneamente presentata come un eccesso dovuto all'approssimarsi dei Giochi Olimpici, evento al quale la Cina vorrebbe presentarsi come un felice connubio di capitalismo e socialismo di stato; ma le esecuzioni di pene capitali continuano senza nemmeno dar l'impressione di voler decrescere (di eliminarle completamente non se ne parla).
Né vanno sottovalutati i casi di ricovero forzato di dissidenti negli ospedali psichiatrici (emblematico quello di He Weihua, un blogger internato per ever auspicato il crollo del partito comunista) o delle persecuzioni incarcerazioni o peggio di religiosi o anche di comuni cittadini in qualche modo visti come fuori dal coro, come ad esempio i milioni di praticanti il Taiji Quan o il Qi Gong.
Forse banalizzando (ma non troppo) vale anche la pena di ricordare che la Cina è in forte espansione non solo sul mercato dei prodotti industriali ma anche in quello pubblicitario: dando credito alle proiezioni di Analysys International di Pechino nel giro di un triennio il business di Internet potrebbe aggirarsi su quasi 600 milioni di dollari.
Pertanto la black list dei siti internet oscurati da Google o i 10 anni di carcere appioppati a un dissidente potrebbero ben valere qualche sacrificio sul piano della coscienza, ammettendo che i vari responsabili di marketing ne abbiano mai avuta una.
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