“NON ANDARE NEL PANICO. NON PARLARE”. Comincia così il post di Indymedia “per tutti quelli a Roma il 15 ottobre”. Un vero e proprio decalogo per “non cedere alla pressione psicologica” creata secondo loro da media e polizia attraverso la diffusione di foto e filmati sugli scontri nella Capitale di sabato scorso. Le immagini “non sono necessariamente una prova” perché se “la polizia ha una foto sfocata o un video dall’alto in cui potresti essere ritratto non vuol dire che sappiano chi sei e non è detto che abbiano delle prove contro di te”.

E allora ecco le regole da seguire per rimanere “invisibili”. “Non pubblicare video, foto, commenti sui social network o su siti di condivisione. La polizia li monitora”. E poi: “Non scrivere mail in cui racconti la tua giornata e non riportare nessuna “voce” nelle mailing list in cui partecipi”. Ancora: “Liberati dei tuoi vestiti. Non c’è nessuna possibilità di dire “questo non sono io” se ti trovano a casa i vestiti ritratti nei video e nelle foto. Liberati di tutti i vestiti che indossavi alla manifestazione, incluse le scarpe, il casco, lo zaino, e gli accessori più evidenti, compresi piercing e altro”. Alla base di tutto, c’è l’indicazione a “tenere un basso profilo” perché “alla prossima manifestazione la polizia terrà d’occhio le facce che hanno messo nella loro lista nera”.

“Cerca, se sei molto a rischio, di cambiare look”. Come? “Tagliati i capelli, colorateli, fatti crescere la barba. Tieni la tua casa “pulita”. Liberati delle bombolette spray, di ogni oggetto relativo alla manifestazione, testi radicali, foto. Cancella dal cellulare messaggi e foto particolari. Non rendergli la vita più facile facendogli trovare in casa droga o altre cose illegali”. Ma soprattutto “stai attento con chi parli. Ammetti il tuo coinvolgimento SOLO alle persone di cui ti fidi veramente. Stai molto attento a quello che dici in rete”. E in caso di arresto, “usa il tuo diritto di rimanere in silenzio fino a che non sarà presente il tuo avvocato” perché “non ci si deve mai fidare dei poliziotti”. Infine, “NON TI VANTARE, NON FARE LA SPIA, NON PARLARE DI ALTRI, STAI AL SICURO”.

Questo post sembra essere la naturale prosecuzione di un volantino consegnato ai giornalisti (guarda qui) che facevano foto e video durante la manifestazione degli indignati e intitolato “Mediactivist, tips and tricks”. “Hai la responsabilità del materiale che stai producendo – si legge nel foglietto – ed è importante che ti comporti di conseguenza”. Insomma, i militanti fanno una distinzione tra giornalisti e mediattivisti e se un giornalista, come dimostrano le violenze del 15 ottobre contro numerose troupe, è malvisto perché “organico al sistema”, ben diverso è il mediattivista che “prima di tutto è un attivista” e non un “estraneo osservatore”. E allora ecco le regole del corteo: “Mentre riprendi fatti guardare le spalle, organizzati perché ci siano persone che possano portare in luogo sicuro il materiale”. Perché “foto e video di situazioni legalmente pericolose hanno permesso di scagionare attivisti da processi, ma hanno anche fatto sì che altri li subissero”. Insomma, la memoria di Genova 2001 è ben viva tra i militanti perché del famoso “processo dei 25”, solo due erano stati arrestati in flagranza di reato, mentre gli altri erano stati riconosciuti in seguito attraverso immagini e ricostruzioni giornalistiche.

di Elena Rosselli e David Perluigi

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