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2016/01/08

Perché Google Translate traduceva “Russia” con “Mordor”?

Credit:
Vadim Nakhankov/VKontakte
Fino a pochi giorni fa Google Translate traduceva “Russia” in “Mordor”, la terra del male nel Signore degli Anelli, e faceva altri errori politicamente scottanti se lo si usava per tradurre dall’ucraìno al russo: per esempio, “russi” diventava “occupanti” e il cognome del ministro degli esteri russo Sergey Lavrov diventava “cavallino triste”. Le immagini di questi scivoloni di traduzione sono diventate popolarissime nei social network locali.

Google ha spiegato che si è trattato di errori automatici che ora sono stati corretti manualmente, ma non è stata molto chiara sul meccanismo che li ha prodotti: si è limitata a dire che Translate funziona “senza l’intervento di traduttori umani” e che “la traduzione automatica è molto difficile, perché il significato delle parole dipende dal contesto in cui vengono usate. Questo significa che non tutte le traduzioni sono perfette e che a volte ci saranno errori.” Vero, ma questi errori stavolta sono stati particolarmente specifici e non casuali.

L’ipotesi più plausibile, al momento, è che siano scaturiti dal fatto che Google Translate in realtà non capisce quello che traduce e non attinge a un dizionario bilingue, ma si basa meccanicamente sull'analisi dei testi bilingui che trova su Internet, come spiegato in questo video.

Questo vuol dire che se tanti utenti traducono su Internet una parola o una frase nello stesso modo, Google presume automaticamente che quella sia la traduzione corretta. In questo caso riferirsi alla Russia chiamandola “Mordor” è, a quanto pare, una consuetudine molto popolare fra i soldati e attivisti ucraìni in seguito all’annessione russa della Crimea e così Google ha attinto a questa pratica.

Se è così, allora non solo Google è innocente, ma non c'è neanche stato un astuto coordinamento da parte di tanti utenti per influire sul funzionamento di Google, come hanno ipotizzato alcuni per analogia con il googlebombing, ossia la prassi di creare tanti link che associano una parola a una specifica pagina Web, in modo che chi cerca quella parola in Google trova come primo risultato quella pagina: per esempio, nel 1999 chi digitava in Google “More evil than Satan himself” (“più malvagio di Satana stesso”) otteneva come primo risultato il sito di Microsoft.

In questo caso, invece, non ci sarebbe nessuna azione coordinata: tutto sarebbe avvenuto spontaneamente a causa del modo in cui funziona Translate. Meglio ricordarsi, insomma, che questi servizi automatici hanno dei limiti molto significativi e possono causare equivoci e situazioni imbarazzanti.


Fonti: Ars Technica, Giornalettismo, BBC, The Guardian.


2010/09/09

Google Instant e Googlebombing a Sarkozy

Google Instant: davvero siamo al punto di voler risparmiare cinque secondi?


Google ha iniziato ad attivare progressivamente agli utenti il servizio Google Instant: non appena si comincia a digitare le prime lettere del termine che si sta cercando, Google tenta di completarlo e propone immediatamente i risultati corrispondenti. Il servizio funziona, per ora, solo se ci si registra come utenti di Google e soltanto andando alla pagina iniziale del motore di ricerca da un computer. I telefonini sono esclusi.

Questo, a quanto dice Google, consente agli utenti di risparmiare "da 2 a 5 secondi per ogni ricerca". Io uso Google per lavoro a ritmi ossessivi, ma anche così francamente l'idea di risparmiare ben cinque secondi non mi sembra granché rivoluzionaria. Siamo davvero messi così male che andiamo a caccia dei cinque secondi perduti? Oltretutto in alcuni casi Google Instant è più lento del Google standard: ho notato che quando si incolla nella casella di ricerca una parola piuttosto lunga (un nome di una sostanza chimica, per esempio), esita più di prima a dare la risposta.

L'altro limite di Google Instant è che il flusso di dati necessario è molto maggiore di quello di una ricerca tradizionale. Questo comporta che usarlo da una connessione lenta o nella quale si paga ogni bit trasmesso o ricevuto (come per esempio certe connessioni cellulari) non offre benefici di velocità e rischia di costare molto caro. È un peccato, perché il completamento automatico delle parole da cercare è una funzione particolarmente desiderabile su questi dispositivi dalla tastiera minuscola e scomoda. Il servizio è comunque disattivabile dalla pagina delle preferenze personali di Google e dalla pagina dei risultati di ricerca (l'opzione è a destra della casella di ricerca).

Google Instant è invece interessante da altri punti di vista. I suggerimenti di completamento attingono alle ricerche precedenti (di altri utenti oltre che dell'utente che effettua la ricerca) e quindi danno un'indicazione molto utile su come affinare la ricerca, oltre a offrire un'idea di quali sono le ricerche più gettonate relative a una persona o un oggetto.

Per esempio, se cerco informazioni sul presidente francese Nicolas Sarkozy mi basta digitare sark per trovare Sarkozy fra le proposte di Google Instant. Se completo il cognome scopro anche quali sono i temi più cercati in abbinamento a Sarkozy: height, scandal, roma, wife (roma non è riferito alla capitale d'Italia). I risultati sono personalizzati per lingua. Lo potete sperimentare digitando una sola lettera dell'alfabeto: otterrete un curioso abbecedario, come l'ha definito Stefano Petroni su Siamogeek.

A proposito di Sarkozy, il presidente francese è stato oggetto di un Googlebombing: cercando un termine scurrile francese di tre parole che comincia con trou (no, non ci provate: Google Instant non completa le parolacce) compariva come primo risultato la sua pagina su Facebook. Vale la pena di ricordare che non si tratta di un "hackeraggio" ai danni di Google, come hanno paventato in passato alcuni governanti quando la stessa cosa accadde nel 2006 a Silvio Berlusconi (associato a "miserabile fallimento") e ad altri personaggi principalmente della politica, come George W. Bush, Tony Blair, Lula Da Silva, Christoph Blocher e tanti altri.

Il Googlebombing non fa altro che sfruttare il normale funzionamento di Google. Se tante persone creano tanti link che associano una parola o una frase a una specifica pagina Web, quella pagina Web diventa il primo risultato proposto da Google quando chiunque digita in Google quella parola o frase. Tutto qui. Lo stesso gioco si può fare con altri motori di ricerca, per cui sarebbe più corretto parlare di linkbombing, ma ormai il termine Googlebombing è entrato nell'uso comune.

Una chicca di storia dell'informatica: il Googlebombing non è sempre stato a sfondo politico. Alla fine del 1999, cercare la frase "More evil than Satan himself" ("più malvagio di Satana stesso") in Google otteneva come primo risultato il sito di Microsoft. A ottobre 2000, un sito pornografico riuscì a farsi piazzare da Google in cima ai risultati di chiunque digitasse il nome di oltre 2000 celebrità seguito dalla parola inglese nude. La polemica scoppiò principalmente perché gli utenti cercavano immagini di Phoebe Cates e Liv Tyler. Dieci anni dopo, mi sa che molti staranno dicendo "Phoebe chi?". Altri staranno ricordando un celeberrimo bikini rosso.

2006/04/07

Politici, “miserabile fallimento”: l’ignoranza al potere

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "piergiorgio" e "liciapar****".
L'articolo è stato aggiornato dopo la sua pubblicazione iniziale.

In un paese ansioso e privo di certezze è bello poter contare su alcuni punti fermi. Uno è la totale, inappellabile, fisiologica inettutidine informatica dei politici e dei governanti. Come possano avere la presunzione di governare (o di voler governare) un paese questi individui che non hanno alcuna familiarità con le tecnologie di base del secolo in cui vivono è un mistero per me insondabile. Questi sono cavernicoli che vogliono insediarsi nella stanza dei bottoni di Chernobyl.

Mi riferisco, l'avrete intuito, alla reazione isterica per il Googlebombing che coinvolge il Presidente del Consiglio. Qualcuno ha scoperto che digitando "fallimento" o "miserabile" in Google e poi cliccando su "Mi sento fortunato", compare il curriculum di Berlusconi.

Santi numi! Panico! Chi sono questi potentissimi vandali che hanno piegato il Grande Google ai loro inquietanti voleri? Saranno gli "hacker dei centri sociali" di meneghina memoria? Saranno i terroristi islamici? Saranno gli anarco-insurrezionalisti? Sarà Google che è diventato autocosciente come Skynet in Terminator?

Leggo con orripilata incredulità sul Corriere la reazione ferma e risoluta del commissario dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, Enzo Savarese:

dopo molte segnalazioni pervenute, ha chiesto di verificare modalità, responsabili e mandanti dell'azione di pirateria informatica. A quanto si apprende, sarebbe stata attivata la Polizia postale.

È possibile, tuttavia, che Savarese sia vittima del travisamento del solito giornalista disinformato, disinformatico e disinformante. Stando al blog di Alessandro Longo, segnalato dai commenti qui sotto, Savarese infatti:

ha solo detto ai giornalisti che avrebbe indagato (che è la risposta scontata, di prassi, quando un giornalista ti chiama e ti chiede che farai come Autorità), non ha confermato che si trattava di pirateria informatica. Gli ho parlato poco fa e mi ha confermato che crede che il Google bombing non è illegale.

Sempre nello stesso articolo del Corriere apprendo la brillante esternazione di Jacopo Venier, esponente di un partito che taccio qui per pudore. Dice il Venier:

Anche il più importante motore di ricerca su internet contribuisce così a chiarire quale sia il reale bilancio di cinque anni di governo della destra.

Poi ha la decenza di ammettere la sua abissale ignoranza informatica:

Non sappiamo quali magici meccanismi hanno portato a questo risultato ma è evidente che esiste una intelligenza "artificiale" che ha individuato i veri fallimenti ed i veri falliti di questa epoca.

Mi capita fra le mani, poi, il Giornale di sabato 8 aprile 2006, che spara questa cannonata a pagina 6:

HACKER CONTRO PALAZZO CHIGI - Inserendo su Google le parole "miserabile" e "fallimento" e cliccando sul bottone "sono fortunato", si apriva la pagina del sito di palazzo Chigi con la biografia di Berlusconi. Gli hacker contro il sito del governo, ma il sistema di difesa dalle intrusioni esterne ha retto. "Non è la prima volta che capita - dice il responsabile del sito, Fabrizio Casinelli - e anche questa volta la difesa del sistema è stata perfetta.

Considerato che il sito del governo non è sotto attacco, non stupisce che il suo "sistema di difesa" abbia retto. È come dire "Cesira, sai che oggi c'è stato un terremoto in Guatemala eppure la nostra casa in Toscana è ancora in piedi? È fatta proprio bene!!". Stupisce, invece, che il Casinelli dichiari queste cose. Posso soltanto sperare in un altro travisamento giornalistico, ma sarebbe il male minore soltanto per modo di dire.

Signori miei, prima di lasciarsi andare a reazioni ed esternazioni di questo genere, sarebbe buona cosa chiedere lumi a qualcuno competente in materia, così non vi viene il coccolone. Non c'è bisogno di scomodare la Polizia Postale, che ha ben altre gatte da pelare: basta chiedere, per esempio, a un figlio o un nipote che usa Internet. Se gli fate notare trafelati l'increscioso "attacco hacker" che ha colpito Google, vi spiegherà, scuotendo sconsolato il capo, che cos'è l'antica tradizione satirica del googlebombing, poi tornerà tranquillo a scaricare musica e chattare con la morosa.

Non è in corso alcun attacco a Google. Non c'è alcuna "pirateria informatica". Non c'è alcuna "intelligenza artificiale", anche se sa il cielo quanto sarebbe bello averne un po' per sopperire al vistoso deficit di quella naturale. Né ci sono "magici meccanismi". Molto più banalmente, un certo numero di persone ha creato nelle proprie pagine Web dei rimandi che collegano le parole "fallimento" e "miserabile" alla pagina Web del curriculum di Berlusconi. Non è difficile. Guardate, si fa così:



Google non fa altro che rilevare questi rimandi, come fa del resto per tutti gli altri rimandi (in gergo si chiamano link) presenti in Internet, e valutare periodicamente qual è il rimando più frequente associato a una certa parola o frase. Se il rimando più frequente associato alla parola "fallimento" è la pagina del Presidente del Consiglio, indica tale pagina come risultato maggiormente corrispondente alla parola "fallimento". È un meccanismo automatico che non comporta alcuna presa di posizione da parte di Google. Google funziona così, punto e basta.

Questo meccanismo è conosciuto come Googlebombing, appunto, ed è in uso da anni in vari paesi come forma di satira e di protesta e come burla; ma forse eravate troppo presi dai balletti della politica per accorgervene. Ne sono già stati vittima, in passato, Tony Blair, George W. Bush, John Kerry, Lula Da Silva, il politico svizzero Christoph Blocher, il presidente filippino Arroyo, i fondamentalisti cristiani, la Microsoft, Scientology e tanti altri: la lista completa è nell'enciclopedia gratuita Wikipedia, in inglese e (in forma concisa) in italiano.

Basta che un po' di persone (non ce ne vogliono tante) si mettano d'accordo su un termine e lo associno tante volte, in tante pagine differenti, al bersaglio prescelto. È una cosa che si può fare sia per motivi satirici, sia per scopi sociali: per esempio, a dicembre 2005 ci fu un Googlebombing che associò la parola "regali" al sito dell'UNICEF.

Niente panico, quindi. I veri motivi di preoccupazione, semmai, sono che non sapete queste cose eppure pretendete di legiferare su Internet, e che quei pochi fra voi che capiscono la Rete vengono messi in un angolo. Così vi riunite come ciechi che dissertano sugli arcobaleni. Non stupisce che poi il sonno della ragione partorisca mostri liberticidi come la legge Urbani, coi suoi impossibili, kafkiani "bollini" SIAE da applicare ai siti.

I veri vandali di Internet non sono coloro che fanno googlebombing goliardico. Sono coloro che non sanno come funziona, ma pretendono di dettarne le regole, convinti di poter imbrigliare la Rete, come bambini che soffiano verso il cielo e s'illudono così di spostare le nuvole.