A rotta di collo

Diario di un invisibile. Il formicaio era in fermento, un formichiere aveva infilato il muso nella tana.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 09-10-2011]

veleno romano

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Diario di un Invisibile

Mentre le magiche dodici dita di Paola stavano esplorandomi, due esplosioni sorde fecero saltare quella che avrebbe avuto una buona possibilità di essere la scena di maggior passionalità della mia Vita. La bella infermiera di scatto si scostò da me per andare ad aprire un armadietto. Ne tirò fuori una mitraglietta che si mise in spalla e una pistola che mi lanciò. La presi al volo non so come.

"Sai usarla?" mi disse Paola.
"No." risposi.
"Allora impara presto."
Da un frigorifero prese un contenitore termico. Poi disse "Vieni con me."
E si lanciò fuori dalla porta verso i labirintici corridoi. La seguii cercando di non spararmi sui piedi.

[...]

Luca, mentre passava la canna a Matteo, s'immobilizò.
"Hai sentito?"
Matteo fece un cenno d'assenso.
"Sì. Granate stordenti. Attaccano."
Guardò Luca che intanto si stava muovendo.
"Forse so dove vogliono andare, vieni con me!"
Gettò in terra il mozzicone e si buttarono giù nel labirinto di scale e corridoi.

[...]

Giovanni Marsi sentì le due esplosioni dal suo studio, chiuse il file su cui stava lavorando e si mosse con efficiente calma verso la porta. Nell'angusto spazio dell'ambiente scarsamente illuminato in cui si trovò, ignorò la porta frontale per aprire prima quella di destra che si rivelò essere una piccola e fornitissima armeria da cui si rifornì con efficiente meticolosità e poi quella di sinistra che s'apriva su una scala a pioli, di cui non si vedeva il termine e sulla quale iniziò ad arrampicarsi agilmente verso il labirinto di ambienti e corridoi.

[...] L'articolo continua qui sotto.

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Le sentinelle sparse nel labirinto cercavano di entrare in contatto con i coordinatori per avere indicazioni. Confusione, tensione, mani che si contraevano sulle armi in attesa di un qualcuno da interpretare come obiettivo. Il formicaio era in fermento, un formichiere aveva infilato il muso nella tana; perché di un formicaio si trattava. Chilometri di tunnel aggiunti per raccordare reti fognarie, tunnel ferroviari di servizio, cantine murate e dimenticate, vecchi rifugi antiaerei persi da ogni memoria.

Come avrei scoperto in seguito, leggende parlavano di percorsi verso varchi su altri tempi e dimensioni; verso altre realtà a volte desiderabili e più spesso da evitare accuratamente. Tutto organizzato e coordinato in attesa di un momento speciale, da lungo previsto, che avrebbe potuto essere anche ora se in un ragionevole lasso di tempo fosse arrivato il messaggio atteso.

[...]

Ci si presentò davanti come un'ostacolo improvviso. L'aspetto era quello inequivocabile di una testa di cuoio. Nell'istante brevissimo che impiegò per alzare la sua arma contro di noi capii le vere potenzialità delle mani di Paola. Con la sinistra afferrò la mitraglietta dell'avversario strappandola con forza e producendo un suono di falangi frantumate, mentre con la destra gli strinse la gola.

Non lo strangolò. Semplicemente il collo del nostro nemico assunse la forma stretta al centro di una clessidra; il colore della sua faccia virò velocemente su toni di rosso acceso per passare molto velocemente al bianco cadaverico. I suoi occhi sporgevano innaturalmente dalle orbite. Velocemente Paola finì di estrarli dalle orbite; usando le unghie come bisturi; tagliò velocemente legamenti, nervi e pochi secondi dopo li teneva delicatamente in mano.

Aprì il contenitore termico (che dal vapore intuii contenere ghiaccio secco) e li buttò dentro... insieme a tutti gli altri che intravidi. Mi guardò e disse:
"Non sono psicopatica, sono chiavi e possono servirci."
Richiuse il contenitore termico. Avrei voluto trovarmi in una situazione che mi permettesse di vomitare in santa pace.

[...]

Corremmo ancora per qualche decina di metri per trovarci in uno spiazzo, da uno degli accessi ai corridoi si sentiva avvicinarsi di corsa qualcuno mentre una botola nel pavimento si stava aprendo. Alzai la pistola senza sapere cosa ne avrei fatto per sentirmela abbassare con autorevole fermezza da Paola un secondo dopo, vedemmo che dal corridoio erano comparsi Luca e Matteo mentre saltava fuori dalla botola Giovanni.

"Paola! Alberto!" disse Marsi.
"Marsi!" disse Luca.
"Luca! Matteo! Giovanni!" disse Paola.
"Cristo!" dissi io "Cos'è questa? Una scena del Rocky Horror Show?"

Tutti abbassarono le armi in un imbarazzato silenzio che venne ben presto rotto da Giovanni. "Va bene Alberto, ti dobbiamo qualche spiegazione. Ma dobbiamo trovare un posto tranquillo per parlare. Seguitemi!"
E si lanciò giù per il labirinto, con noi che lo seguivamo e io mi chiedevo perché correvo come un pazzo dietro qualcuno di cui (anche se mi ispirava una certa fiducia) non sapevo a che punto avrei potuto fidarmi.

Ma correvo come un pazzo. Correvo e forse ero pazzo veramente a seguirli. Correvo come con il Diavolo alle spalle chiedendomi se non lo avessi a farmi da guida. Correvo ricordando che mi ero coinvolto sperando nell'aiuto di una specie di confraternita di mutuo soccorso e adesso mi sentivo complice di una non ben precisata organizzazione paramilitare... forse terroristica.

Correvo con una pistola che non sapevo usare in mano. Correvo senza sapere dove ma con la coscienza di aver superato un punto senza ritorno. E durante la corsa mi resi conto che il fenomeno delle forme colorate aleggianti intorno a persone e oggetti persisteva. Ricordai che anche durante la morte della testa di cuoio vidi i colori che gli aleggiavano intorno fondersi fra loro in un grigio omogeneo che progressivante perse di luminanza verso il nero.

Le stesse forme colorate aleggiavano intorno a tutto e tutti confondendomi ancora di più. A volte c'era un messaggio immediato ed esplicito in quei colori, altre volte sembrava esserci un senso esoterico e sovrannaturale; altre ancora non avevano senso come certi sogni che al risveglio persistevano come messaggi in bottiglia provenienti da un dove e un quando fuori dalla comprensione comune.

Correvo fra i colori che mi circondavano contentendosi la mia attenzione con i pensieri che m'aggredivano. Correvo e ogni tanto qualcuno si girava a guardarmi come se avessi richiamato la sua attenzione... poi valutava il mio essere in me stesso e perplesso continuava la sua corsa guardando la sua guida, chiunque in quel momento fosse.

Poi venne il momento di fermarci. Entrammo in una sala esagonale colma di libri. Tra gli scaffali immensi e colmi di volumi, una porta seminascosta che Giovanni aprì con la sua impronta digitale. Uno dopo l'altro varcammo la porta ed entrammo per trovarci in una palestra... era forse questo il senso di "Mens sana in corpore sano"?

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Veleno Romano

Commenti all'articolo (ultimi 5 di 55)

.gipas.
Complimenti,un bel racconto che mi ha sempre tenuto in attesa della pruntata successiva ed anche abbastanza al passo dei tempi.Chissà se poteremo ancora godere di un suo prossimo racconto,per adesso Grazie!Gipas.
9-1-2012 11:57

Un asino Leggi tutto
8-1-2012 11:06

Rispostine al volo Leggi tutto
8-1-2012 02:45

Bravo Veleno Informatico. passi per gli accenti sbagliati ma ti sei anche dimenticato la regola di un'asino ciao Piero
4-1-2012 10:34

Se .... magari ..... pare facile
30-12-2011 09:04

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