Secondo Avvenire, in Italia l'arrivo dell'iPhone 5 rischia di diffondere un razzismo tecnologico. Esiste questo problema?
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 17-09-2012]
Il quotidiano cattolico Avvenire è senz'altro uno degli organi di informazione italiani più sensibile ai rischi del diffondersi di nuove e vecchie forme di razzismo nel nostro Paese.
E' spesso in prima linea contro le posizioni leghiste che attaccano ferocemente zingari, extracomunitari e meridionali; si è fatta portavoce di tanti soggetti che lottano contro le discriminazioni sociali e razziali, dalla Caritas alla Comunità di S. Egidio.
Per la prima volta Avvenire si scaglia contro il rischio di un "razzismo tecnologico", di cui vederebbe le avvisaglie nell'entusiasmo con cui viene accolto in Italia l'arrivo del nuovo iPhone 5.
L'ultimo smartphone di Apple - secondo il quotidiano episcopale - viene identificato come il simbolo di una moda che fa della tecnologia una nuova religione e dei possessori dei sofisticati smartphone una classe superiore.
Le folle di fan della mela morsicata che attendono bivaccando nella notte l'apertura degli Apple Store in Italia sono un segno dei tempi non rassicurante, è un dato di fatto. Ma forse, più che di razzismo tecnologico si dovrebbe parlare di un consumismo che neanche la crisi economica più dura riesce ad attenuare.
I fan di Apple si sentono certo parte di una tribù in cui si identificano e forse è un'identità sentita più fortemente di tante altre caratterizzazioni che si sbiadiscono ogni giorno di più: quelle religiose ma anche quelle partitiche e perfino quelle calcistiche, messe in crisi dai quotidiani scandali del pallone.
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Sappiamo però che la tribù della Mela ha attorno a sé altre e numerose tribù: quella dei cultori dell'Android per cominciare, oppure quella di chi non sa rinunciare a un telefonino tradizionale con tastiera.
Si potrebbe osservare che il "vizio" di avere l'iPhone è più nobile ed etico di quello di un vestito griffato o di un'automobile: non solo nel senso che inquina di meno, ma perché è il bisogno di comunicare con le immagini e i video un consumo "altruista" contro tanti che chiudono l'uomo in sé stesso.
Molto più del razzismo tecnologico si dovrebbe temere il digital divide: la difficoltà di intere generazioni di integrarsi in un mondo sempre più on line e wired; come pure il fatto che chi è escluso dalla Rete per motivi economici e culturali o territoriali è ancora più povero, più fragile e più solo.
Più che di razzismo tecnologico come rischio, si dovrebbe parlare di "condivisione tecnologica" come opportunità di democrazia e, per stare ad Avvenire, di solidarietà cristiana.
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