Il centrosinistra è in difficoltà a dichiarare ineleggibile Berlusconi perché Cecchi Gori e Rogna, editori TV, furono suoi parlamentari.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 22-05-2013]
Oggi il Movimento 5 Stelle è pronto ad andare fino in fondo rispetto alla ineleggibilità di Silvio Berlusconi a senatore: perché passi dovrebbe votarla per almeno due volte la Giunta per le elezioni del Senato, quindi deve essere approvata in aula dalla maggioranza dei senatori.
La questione della ineleggibilità di Berlusconi è stata avanzata perché egli è proprietario di Mediaset, o almeno del pacchetto di maggioranza dell'azienda: controlla, cioè, una società che gode della concessione delle frequenze da parte dello Stato; il suo titolare quindi non potrebbe essere eletto perchè viene favorito dalle risorse economiche che gli derivano dalla concessione ma, soprattutto, una volta eletto parlamentare potrebbe tutelare o incrementare nel proprio interesse la stessa concessione.
A tutto ciò Berlusconi ha sempre replicato che, pur essendo azionista, da tempo non si intromette nella gestione di Mediaset che è affidate alle cure di Fedele Confalonieri e dei propri figli.
Tuttavia il processo sui diritti digitali di Mediaset per cui è stato condannato - in primo grado - dimostrerebbe che Berlusconi non è del tutto estraneo alla gestione dell'azienda di sua proprietà; ciò è però ancora materia di processi che dovranno arrivare alla Cassazione per essere definitivi.
In ogni caso, se Berlusconi venisse dichiarato ineleggibile ciò non significherebbe che non possa far parte del governo o diventare ancora presidente del Consiglio se il presidente della Repubblica lo nominasse e una maggioranza parlamentare gli accordasse la fiducia.
L'inelegibilità riguarda infatti solo l'elezione a parlamentare: quando nel 1994 Berlusconi vinse per la prima volta le elezioni, molti chiesero al presidente della Repubblica di allora, Oscar Luigi Scalfaro di non affidargli l'incarico e lo criticarono duramente perchè invece glielo affidò.
Scalfaro rispose pubblicamente che nessuna legge impediva a Berlusconi, proprietario di TV, di diventare Presidente del Consiglio e, in effetti, è così: non è mai stata fatta una legge sul conflitto di interessi che proibisca al proprietario della maggiore TV privata del Paese di assumere funzioni di capo del Governo.
La legge Frattini, inoltre, approvata dal governo Berlusconi, prescrive solo che l'Antitrust vigili su eventuali conflitti di interesse riferendo, nel caso, al Parlamento ma senza particolari poteri di intervento e sanzione.
Il problema, ora, è se il PD approverà o no la richiesta di dichiarare ineleggibile Berlusconi avanzata dal Movimento 5 Stelle. Il PD è soltanto alla propria seconda legislatura (quanto a presenza in Parlamento) essendo nato formalmente solo nel 2006; ma è erede dei Ds, della Margherita e dell'Ulivo già presenti in forme diverse dal 1994, quando si presentò per la prima volta Berlusconi.
Nelle legislature precedenti questi partiti di centrosinistra non votarono mai a favore dell'ineleggibilità di Berlusconi. Perchè?
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I motivi sono vari ma uno è, secondo me, il più importante: anche il centrosinistra non era tranquillo su questa legge. Infatti, nel 1994 venne eletto senatore (come Berlusconi) Vittorio Cecchi Gori nelle file del PPI; Cecchi Gori era e rimase per tutta la legislatura il proprietario unico di TeleMontecarlo (l'attuale La7), un'emittente tv nazionale, concessionaria come Mediaset e non fu dichiarato ineleggibile. Non solo: nel 1996 l'Ulivo ricandidò Cecchi Gori anche se questa volta non fu eletto dai cittadini.
Nel 1996 poi fu candidato ed eletto deputato per l'Ulivo Sergio Rogna Manassero, fondatore e proprietario della TV locale Videogruppo Piemonte, la TV locale più seguita a Torino e nel Piemonte, anche questa titolare di una concessione; ma Rogna Manassero non fu dichiarato ineleggibile.
Oggi il PD può dichiare Berlusconi ineleggibile ma dovrebbe a quel punto smentire queste precedenti scelte a proprio favore.
Vi è infine il caso di Renato Soru, che non è mai stato parlamentare ma era presidente della Regione Sardegna per il centrosinistra; eppure, come azionista di Tiscali, era titolare indirettamente di concessioni di frequenze telefoniche.
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