Il TAR reintegra il superpoliziotto, radiato dopo le dichiarazioni sul social network.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 28-07-2014]
Gioacchino Genchi è stato un vicequestore della Polizia di Stato, che negli anni si è specializzato nella lettura dei cosiddetti "tabulati telefonici".
Si tratta di quelle tabelle che ricostruiscono il traffico di una determinata utenza fissa o mobile: non riportano ciò che si sono detti al telefono i protagonisti di una comunicazione ma indicano quando si sono chiamati, per quanto tempo e dove si trovavano in quel momento.
Questa competenza, preziosa nell'ambito delle indagini su mafia e camorra e sui loro collegamenti con il mondo imprenditoriale e politico, ha portato Genchi a collaborare strettamente con magistrati poi passati alla politica come l'attuale sindaco di Napoli Luigi De Magistris e a partecipare in prima persona a molti dibattiti TV sui rapporti tra giustizia e politica.
La sovraesposizione personale di Genchi l'ha reso oggetto di un trasferimento punitivo a dirigente del parco automezzi della Questura di Palermo da parte dell'allora Capo della Polizia Antonio Manganelli, poi scomparso prematuramente, e l'ha soprattutto esposto più contestazioni disciplinari, fino all'espulsione dalla Polizia.
A seguito di questi avvenimenti, per vivere è stato costretto a svolgere le attività di avvocato e consulente privato, sempre nell'ambito di processi che richiedessero le sue competenze.
Oggi il TAR a cui Genchi era ricorso contro il provvedimento di radiazione dalla Polizia ha annullato il licenziamento e lo ha reintegrato a tutti gli effetti nel grado e nello stipendio.
Genchi era stato espulso dalla Polizia dopo aver subito due sospensioni; la seconda, per la quale aveva protestato durante un convegno dell'Italia dei Valori, era avvenuta per avere replicato a un giornalista di Panorama che il 19 marzo, giorno della festa del papà, l'aveva insultato nella bacheca del suo profilo Facebook.
Il giornalista aveva commentato con accuse ingiuriose il post di auguri del figlio Walter, che gli aveva scritto: «Caro papà, poco mi importa cosa pensa e dice di te Silvio Berlusconi. Per me sei il migliore papà del mondo!».
A seguito di questo scambio di commenti, la polizia aveva contestato a Genchi il non aver impedito «in alcun modo la pubblicazione sul blog dallo stesso creato su Facebook delle dichiarazioni rilasciate in occasione di un dialogo con un rappresentante degli organi di informazione dal contenuto lesivo del prestigio delle istituzioni dello Stato. Con tale condotta ha disatteso le disposizioni emanate in materia di pubblica manifestazione del pensiero degli appartenenti alla Polizia di Stato, ribaditegli con una lettera di diffida del suo superiore gerarchico, venendo meno, in tal modo, a un ordine legittimamente impartito».
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Quindi, l'espulsione dalla Polizia era stata così motivata: «Per avere assertivamente "offeso", nel corso di un intervento pubblico» (quello al convegno dell'Italia dei Valori), «l'onore e il prestigio del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi".
Già allora molti commentatori erano stati concordi nel dire che in Italia nessun dipendente pubblico era mai stato licenziato e nemmeno sospeso per aver espresso opinioni politiche fuori dal servizio e dall'orario di lavoro.
Ora il TAR conferma che l'espulsione fu un atto eccessivo e sproporzionato; anche le contestazioni furono viziate dal fatto che non si entrò nemmeno nel merito di quanto dichiarato da Genchi e, per il Tar, si agì nei suoi confronti con intento persecutorio.
Genchi, che comunque nel frattempo ha maturato i requisiti per la pensione, potrebbe adesso anche ottenere un forte risarcimento economico e il pagamento degli stipendi arretrati.
In passato, l'ex vicequestore era già stato anche prosciolto definitivamente dalla magistratura dall'accusa di aver acquisito e archiviato dati e informazioni riservate e dall'averne fatto un uso illegale.
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