Le aziende del nostro Paese sono finite nel mirino degli hacker: la maggior parte di loro non si rende conto dei pericoli che corre.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 20-06-2013]
Di questi tempi, fare l'hacker - nel senso comune di "pirata informatico", e non in quello originario di "smanettone" - deve rendere bene.
Non si spiegherebbero altrimenti i dati resi noti in occasione della Quarta Conferenza Annuale sulla Cyber Warfare che si è tenuta ieri a Roma, presso l'Università La Sapienza.
Durante l'evento - il cui tema era Protezione cibernetica delle infrastrutture nazionali - è stato rivelato come gli attacchi informatici rivolti alle imprese italiane siano aumentate, negli ultimi 12 mesi, del 57,6%.
Se infatti a giugno 2012 si registravano 7.032 attacchi, oggi siamo già a 16.456 (con la previsione di superare quota 30.000 entra fine dell'anno), che si traducono in una perdita per le imprese pari a 200 milioni di euro (in tutto il 2012 le perdite ammontavano a 110 milioni).
Il guaio è che le aziende, a quanto risulta dagli studi, non fanno abbastanza per proteggersi: nella maggioranza dei casi nemmeno sanno di essere sotto attacco, e continuano il lavoro come se nulla fosse mentre gli hacker possono impadronirsi di dati preziosi.
Inoltre, come spiega l'amministratore delegato della divisione europea di Maglan Information Paolo Lezzi, «circa il 40 per cento delle aziende italiane che sono a conoscenza dei rischi concreti legati al cyberspionaggio industriale non si tutela preventivamente per motivi economici ma anche perché non si rende conto della reale portata dei danni che un attacco può generare».
La soluzione non sta quindi tanto nell'individuare nuovi e più sofisticati sistemi di protezione, ma nel cambiare la mentalità e rendersi conto che i danni conseguenti agli attacchi informatici possono essere molto seri-
«La sicurezza informatica» - spiega ancora Lezzi - «non va intesa come un ex-post ma piuttosto come qualcosa che deve far parte dell'imprinting dei sistemi di gestione dell'informazione, dei modi in cui le singole persone, le aziende e le realtà sociali, economiche e culturali gestiscono le informazioni».
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