La Rai può esigere il pagamento del canone anche dai possessori di telefonini e computer, grazie a una legge del 1938. Esiste però una scappatoia, perfettamente legale.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 12-02-2008]
Il canone di abbonamento Rai è ancora definito dal Regio decreto legge del lontanissimo (almeno in termini di evoluzione tecnologica) 1938, il quale asserisce che deve sottostare al pagamento chiunque abbia "apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni".
Se all'epoca si parlava di radio e ben poco altro, oggi il termine "adattabile" fa sì che si possa includere gran parte dei gadget tecnologici, dal computer al cellulare, dal palmare alle consolle, fino a player multimediali e quant'altro.
Appoggiandosi al regio decreto, in un primo tempo la stessa Rai aveva specificato che persino le abitazioni dotate di videocitofono erano soggette al pagamento, così come pure i turisti stranieri, in transito nel Bel Paese, se dotati di apparecchi idonei. Per non parlare poi di tutte le istituzioni che dispongono nei loro uffici di video-terminali (leggasi Pc); le Poste Italiane, per esempio, in questo caso sarebbero certo uno dei primi evasori.
L'Aduc si è mossa per tempo, interpellando la Rai (presso le varie sedi regionali) e rivolgendosi sia all'Agenzia delle Entrate sia al ministero della Finanza via telefono, lettera raccomandata a/r di messa in mora e anche interrogazioni parlamentari. Ma nessuna risposta è pervenuta.
Se non altro, in assenza di una risposta, pare proprio che il contribuente possa far valere la propria interpretazione della legge senza incorrere in future sanzioni.
Ecco perché ancora l'Aduc invita tutti i cittadini che, seppur sprovvisti di televisore, sono stati invitati al pagamento del canone per il possesso di altri apparati quali Pc e apparecchi multimediali, a contattare ufficialmente il ministero delle Finanze: in assenza di risposta saranno liberati dall'onere di pagare senza incorrere in sanzioni.
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