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** NON DATE ASCOLTO ALLA BSA! **
Una accorata precisazione di Carlo Gubitosa di Peacelink in merito a diritto d'autore, lucro e profitto.
[ZEUS News - http://www.zeusnews.com - 15 maggio 2000]

Carissimi amici di ZeusNews, Nel numero 094 del 12 maggio 2000 avete scritto: Copiare software e' dunque illegale, e la BSA non ha mancato di ribadirlo anche in questa occasione, perche' "la giustizia non deve solo punire chi commette un reato, ma anche istruire perche' non si violi la legge".

Anche una webzine come ZeusNews ha il dovere di istruire, possibilmente non facendo da amplificatore alle interpretazioni di parte della legge che la BSA ha recentemente dato in pasto ai giornali per una colossale opera di disinformazione. E' come se l'associazione macellai dichiarasse che e' legale pesare tre etti di carta sulla bilancia assieme alla carne.

I comunicati e le dichiarazioni di BSA non sono affatto "istruttivi", ma sono l'interpretazione di parte della legge ad opera di una associazione di categoria. In merito alla diatriba sullo "scopo di lucro", mi permetto di segnalare alcuni fatti, in modo che i lettori della vostra Webzine possano distinguere i fatti realmente accaduti e le opinioni soggetttive di BSA.

Primo fatto: la recente sentenza di assoluzione NON E' la prima in assoluto. E' la prima sentenza di cui si e' accorta la stampa italiana. Ci sono altri due illustri precedenti:

A - Il 26 novembre 1996 il giudice Massimo Deplano, dela pretura circondariale di Cagliari assolve una ditta privata che installa lo stesso programma su tre computer differenti. Il giudice specifica chiaramente che non basta il "risparmio che deriva dal mancato acquisto" per poter parlare di azioni effettuate a scopo di lucro.

B - Il 21/1/2000 il tribunale di Taranto assolve Giovanni Pugliese, segretario dell'associazione di volontariato dell'informazione "PeaceLink", chiudendo un percorso giudiziario iniziato nel 1994 con il sequestro del computer di Pugliese da parte della Guardia di Finanza.

La perizia effettuata sul computer di Pugliese aveva rilevato la presenza di un programma privo di licenza d'uso, il Word 6 della Microsoft, adibito ad uso personale per le attivita' interne dell'associazione. Cio' nonostante, il 21 gennaio 2000 Giovanni Pugliese e' assolto in quanto la sua attivita' non rivestiva scopo di lucro.

Secondo fatto: Si sta cercando di modificare la legge sul diritto d'autore in modo che in futuro anche la copia ad uso personale diventi penalmente perseguibile. In sintesi, si vuole fare in modo che una stessa legge, con gli stessi anni di galera e gli stessi milioni di multa, si applichi indistintamente sia ad un ragazzo che copia ad uso personale un programma prestato da un amico, sia a chi produce e distribuisce su larga scala programmi protetti dal diritto d'autore. Questa modifica, ovviamente, e' appoggiata dalla stessa BSA, che vuole eliminare ogni ambiguita' nell'interpretazione della legge.

Per un maggiore approfondimento delle tematiche relative al diritto d'autore sul software allego a questo messaggio un estratto del libro "Italian Crackdown", da me pubblicato per le edizioni Apogeo. Questa segnalazione non ha nessuna intenzione pubblicitaria, dal momento che il libro e' disponibile integralmente in rete all'indirizzo http://www.olografix.org/gubi/estate.

Vi auguro buon Lavoro e vi faccio i complimenti per il vostro bollettino telematico.

Carlo Gubitosa - Associazione Peacelink - mailto: c.gubitosa@peacelink.it

Zeus News risponde

Caro Carlo,
Non posso che concordare con te: i comunicati di BSA sono una interpretazione della legge assolutamente di parte. BSA mira a modificare l'opinione pubblica prima, e la legge poi, affinche' copiare software, anche senza il fine di rivenderlo, diventi reato: cosa che, personalmente, mi auguro non accada mai.

Permettimi pero' di ricapitolare i fatti piu' recenti. Nelle scorse settimane la stampa italiana ha dato grande risalto alla sentenza del Tribunale di Torino che assolveva un imprenditore dall'imputazione di aver copiato software "perche' il fatto non costituisce reato". Nei giorni successivi, apprese le motivazioni della sentenza, la BSA cercava di rimediare ai titoloni apparsi sui giornali, convocando una conferenza stampa alla quale ha presenziato anche un nostro redattore, Denis Caffarel, autore del passaggio da te contestato. Affinche' tu e i lettori di Zeus News possiate meglio comprendere il senso dell'articolo uscito nel numero 094 del 12 maggio 2000, ritengo giusto pubblicare integralmente le motivazioni del Tribunale di Torino. Come potrai vedere, l'imputato viene assolto ma la tesi dell'accusa viene accolta.

N.B. Piu' avanti, per completezza di informazione, ci sono anche le considerazioni tratte da Italian Crackdown (testo che ben conosco), da te inviatemi con autorizzazione alla pubblicazione.

Dario Meoli - mailto:dario.meoli@zeusnews.com

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** LE MOTIVAZIONI DEL TRIBUNALE DI TORINO **
Viene recepita l'impostazione dell'accusa quanto al significato della locuzione "scopo di lucro".
[ZEUS News - http://www.zeusnews.com - 15 maggio 2000]

N. 1407 Reg. Sent.
Data del deposito: 5 Mag 2000
N. 28539/96 R.G. notizie di reato
N. 3594/99 R.G. Tribunale

TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO

SENTENZA (artt. 544 e segg., 549 c.p.p.)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice in funzione monocratica dr. Giorgio GIANETTI sezione dibattimento alla udienza del 20.04.2000 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente

SENTENZA

nei confronti di ROVELLA Angelo nato a xxxxxxx il xxxxxx res. xxxxxxx via xxxxxx dom. ex. art. 161 c.p.p. in San Mauro, xxxxx c/o ditta CDM - libero presente -

IMPUTATO

del reato di cui agli artt. 81 cpv c.p., 171 bis L. 633/41, perchè, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, traendo in inganno i dipendenti della ditta CDM di cui era amministratore unico, mettendo a disposizione i programmi per elaboratore di seguito indicati (per il valore complessivo di circa L. 34.000.000), permetteva l'abusiva duplicazione degli stessi a fini di lucro: Photoshop 3.0 (prod. Adobe Sys.), Photostyler (prod. Adobe Sys.), Autocad 12 (prod. AutoDesk), Turbo C++ 4.5, XTreeGold for Windows 4.0 (prod. Central Point), Corel Draw 5.0 (prod. Corel), WinFax Pro 3.0 (prod. Delrina Tech), Multiedit 6.00 (prod. European Cyb), XTreeGold 4.0 (prod. Executive Sys.), Disk Copy 2.11 (prod. J. Feise), Italian Assistant (prod. Globall Ink 9), Organizer 1.0 (prod. Lotus), Organizer 1.1 (prod. Lotus), Quick EDM 3.13 Silver (prod. Marò snc), MathCad 5.0.8 (prod. MathSoft), ABC Flowcharter (prod. Micrografx), Excel 5.0 (prod. Microsoft), Project 3.0a (prod. Microsoft), Windows 95 (prod. Microsoft), Windows per Workgroup 3.11 (prod. Microsoft), Winword 6.0c (prod. Microsoft), Publisher 1.0 (prod. Microsoft), Visual C++ 4.0 (prod. Microsoft), Office 4.3 Pro (prod. Microsoft), Publisher 2.0 (prod. Microsoft), F-Prot Professional 2.21 (Symbolic), Winrw7 1.4 (prod. Trend Micro Dev.)

In San Mauro T.se tra aprile 1995 ed ottobre 1996. Contestazione così modificata ex art. 516 c.p.p. all'udienza del 26.1.2000,

Con l'intervento del Pubblico Ministero dr. Calice e degli avv.ti Claudio Morra e Roberto Calleri, entrambi difensori di fiducia;

Le parti hanno concluso quanto segue:
Pubblico Ministero: assoluzione
Difesa: assoluzione perchè il fatto non sussiste o perché non costituisce reato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Rovella Angelo era tratto a giudizio per il reato ex artt. 81 cpv. c.p. - 171 bis L. 633/41 con decreto 26.1.1999 del Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura Circondariale di Torino a seguito di tempestiva opposizione, proposta il 22.1.1999, avverso il decreto penale 10.11.1998, notificato il successivo 7.1.1999, con cui era stata irrogata al prevenuto, per l'illecito in esame, la pena di L. 6.900.000 di multa, parzialmente applicata in sostituzione della pena detentiva, con la non menzione. L'accusa indicava successivamente, nei modi di rito, il nominativo di alcuni testi e di due consulenti da esaminare su circostanze specificamente enunciate, chiedendo autorizzarsene la citazione, assentita dall'Ufficio. Al dibattimento presenziava l'imputato ed era revocato l'opposto decreto penale. In sede di esposizione introduttiva - previa integrazione del fascicolo dibattimentale mediante inserzione del verbale di atti irripetibili - il PM si richiamava alla contestazione e chiedeva l'esame dei soggetti indicati in lista nonché del prevenuto, offrendo le produzioni dettagliate a verbale. La difesa, dal canto suo, chiedeva anch'essa l'esame del proprio assistito, riservandosi il controesame dei soggetti ex adverso indicati e offrendo la documentazione specificata a verbale. Ammesse le prove si procedeva, anzitutto, all'audizione dei due consulenti del PM ing.ri Porta Roberto e Vinardi Fabrizio, dopo il cui esame era acquisita la relazione scritta dai medesimi stilata. Erano poi sentiti i testi d'accusa Marzola Paolo, Quaglia Ernesto, Inches Stefano, Chittaro Pierino, Berrone Norberto, Visintin Francesco e Scalerandi Luigi, tutti dipendenti dell'impresa CDM Rovella spa. Al Marzola, al Quaglia e al Visintin era contestato il difforme tenore di dichiarazioni rese durante le indagini preliminari, i cui verbali erano quindi acquisiti agli atti. Da ultimo era ascoltato l'ulteriore teste d'accusa Todesco Gianfranco, appartenente alla sez. PG. Proc. Rep. e operante accertamenti sui fatti di causa. A questo punto il PM provvedeva, ex art. 516 c.p.p., a modificare la contestazione originaria conformemente al tenore riportato in epigrafe e la difesa chiedeva termine, spirato il quale, non risultando avanzate istanze istruttorie di sorta, venivano indicati alle parti gli elementi che sarebbero stati utilizzati per la decisione e le si invitava alla discussione. In esito al pubblico, orale dibattimento, uditi il PM e i difensori che hanno concluso come in epigrafe trascritto, si osserva quanto segue.

L'ipotesi di accusa non è stata adeguatamente suffragata dall'istruttoria dibattimentale. La contestazione originaria elevata nei confronti del prevenuto si fondava su una ricostruzione dei fatti in termini di immediata riconducibilità allo stesso dell'attività di duplicazione a fini di lucro dei programmi dettagliati nel decreto dispositivo del giudizio, siccome attuata dal Rovella, se non materialmente, in forza di sue direttive agli esecutori materiali. Per inciso, rappresenta dato pacifico in causa la veste di amministratore unico della CDM Rovella spa attribuita all'odierno imputato nel decreto dispositivo del giudizio, veste sicuramente compatibile con l'emanazione di ordini e direttive nei confronti dei dipendenti. Orbene, l'istruttoria svolta ha confermato che effettivamente, in ambito aziendale, erano utilizzati programmi abusivamente duplicati. Al riguardo basti richiamare, precipuamente, il tenore del verbale di sequestro inserito ab origine nel fascicolo dibattimentale nonché le dichiarazioni dei testi e quelle dei consulenti della pubblica accusa, reiterative in questa sede di quanto enunciato nella relazione scritta appositamente stilata e acquisita agli atti. Risulta, in particolare, dal verbale di sequestro che presso i locali dell'impresa si reperirono, tra l'altro, 140 floppy disk di varie capacità, 1 CD ROM, 2 hard disk e numerose directory (??) installate su 13 PC. Su tali supporti informatici vennero rinvenuti dai consulenti i programmi dettagliati nella loro relazione scritta (con le precisazioni di cui alla relazione aggiuntiva) per i quali l'impresa non fu in grado di esibire regolare licenza d'uso o fattura di acquisto. Taluni almeno di questi programmi risultarono, sulla scorta dei dati estrapolabili, di frequente utilizzo nonché congrui rispetto all'attività aziendale. Appare ovvio, alla luce della riscontrata carenza di documentazione legittimante, che la disponibilità dei programmi di cui si è detto derivava necessariamente da una duplicazione non autorizzata dal titolare del relativo diritto. Sul piano oggettivo, dunque, uno dei profili fattuali della contestazione risulta provato. Viceversa non è stata provata in causa, neppure a seguito dell'audizioone dei numerosi dipendenti o ex dipendenti della CDM spa indicati come testi, una diretta attivazione dell'imputato volta a duplicare personalmente o a disporre la duplicazione, da parte dei sottoposti ovvero di terzi collaboratori, dei famosi programmi. Non solo nessuno dei soggetti esaminati ha potuto riferire di aver notato il prevenuto occuparsi direttamente di simili incombenze ovvero impartire istruzioni di sorta al riguardo, ma più testi hanno dichiarato che, in generale, il Rovella non si occupava affatto del settore informatico latamente inteso, salvo non ricorressero peculiari esigenze di approvvigionamento di supporti apprezzabilmente costosi, nel qual caso lo si interpellava onde ottenere l'assenso alla spesa (cfr. dep. Chittaro).

Osserva, d'altro canto, l'Ufficio che lo spessore non esiguo della compagine aziendale quale documentato dalle produzioni delle parti e l'incarico di vertice dell'imputato rendevano per sé poco probabile una sua personale ingerenza nella materiale attività di duplicazione abusiva, mentre, quanto all'emanazione di direttive verbali in proposito (dovendosi ragionevolmente escludere l'ipotesi di direttive scritte), essa non sarebbe potuta sfuggire ai dipendenti esaminati come testi e sforniti - soprattutto quelli non più alle dipendenze della CDM spa - di qualsiasi plausibile movente per una falsa deposizione. A dibattimento è emersa, come si è visto, una situazione di scarsa strutturazione del servizio relativo all'approvvigionamento del materiale informatico e all'uso dello stesso, tale per cui il personale volta a volta interessato si rivolgeva, come referenti, ai colleghi o al diretto superiore o all'ufficio acquisti; solo in casi eccezionali era coinvolto il Rovella mentre, circa l'uso dei supporti informatici già esistenti in ditta, i dipendenti avevano normalmente in dotazione un PC ed era invalsa la prassi di prelevare direttamente i floppy disk sparpagliati nei locali dell'impresa o quant'altro necessitasse momentaneamente per il lavoro dei singoli, provvedendosi talvolta personalmente all'installazione di particolari programmi sui cennati PC (cfr. dep. Marzola, Quaglia, Inches, Chittaro, Berrone). Nessun controllo era operato in merito all'eventuale installazione, da parte dei sottoposti, di programmi in loro possesso sui supporti informatici aziendali, mentre nei locali operavano anche consulenti esterni i quali, a loro volta, recavano plausibilmente seco il materiale di cui necessitavano e ivi lo utilizzavano fruendo, peraltro, anche dei supporti loro riservati dall'impresa (cfr., sul punto, le circostanze in fatto evidenziato nella relazione aggiuntiva dei consulenti del PM, in cui si fa menzione di una simile prassi, parzialmente accertata).

Sulla scorta dei costituti sunteggiati appare per nulla inverosimile il fatto che il compendio incriminato fosse frutto dell'operato di soggetti diversi dall'imputato e in assenza di specifiche direttive al riguardo del Rovella. Ciò tanto più in quanto non è stato acquisito alcun elemento tale da comprovare la finalità di una successiva commercializzazione, da parte della CDM spa, dei programmi duplicati giacenti in azienda. Proprio in base a tali considerazioni la pubblica accusa ha provveduto a modificare, in corso di dibattito, la contestazione originaria, abbandonando l'impostazione iniziale che vedeva nel Rovella, come si è detto, l'autore materiale delle abusive duplicazioni (o comunque il soggetto propulsore in forma diretta delle medesime mediante direttive e ordini ai dipendenti) e abbracciando viceversa la ricostruzione dell'operato di costui in termini di maliziosa induzione in errore dei dipendenti stessi tramite la messa a disposizione incontrollata di programmi vari finalizzata proprio a promuovere una inconsapevole duplicazione abusiva dei programmi stessi da parte degli ignari sottoposti (beninteso, nell'interesse aziendale). In tal modo va riguardata la menzione dell'art. 48 c.p. nella contestazione modificata, il cui tenore, d'altro canto, milita inequivocamente nel senso dianzi prospettato.

Per quel che concerne la mancata prova di una divisata negoziazione "esterna" dei programmi abusivamente duplicati, il PM ha invece affermato come, a suo avviso, il fine di lucro postulato dalla norma incriminatrice debba pur sempre ravvisarsi laddove tale duplicazione, benché non preordinata a fini di commercializzazione a soggetti terzi, trovi motivo nel risparmio di costi che ne consegue per il suo autore, ovviamente esonerato dall'acquisire in forme legittime la disponibilità di siffatti programmi. Al riguardo la pubblica accusa ha evidenziato che nella specie i programmi oggetto della riscontrata duplicazione erano in larga misura utilizzabili e/o utilizzati per l'attività aziendale, tanto che i propri consulenti avevano quantificato un approssimativo risparmio di costi, per quest'ultima, pari a circa L. 30.000.000. Proprio in conseguenza di ciò sarebbe ravvisabile lo scopo di lucro e, al contempo, apparirebbe suffragato il coinvolgimento del Rovella, quale unico soggetto che per la veste istituzionale aveva interesse nella duplicazione illecita.

Orbene, ritiene il giudicante che mentre possa recepirsi l'impostazione dell'accusa quanto al significato della locuzione "scopo di lucro" non sia invece emersa, come anticipato, prova sufficiente della sussistenza, in capo al Rovella, del peculiare elemento psichico necessario per l'integrazione della fattispecie siccome descritta nel capo di imputazione con cui occorre confrontarsi.

Quanto alla prima problematica, non è dato ritrarre alcun criterio ermeneutico di natura generale in virtù del quale, nel nostro ordinamento, lo scopo di lucro sia identificabile sicuramente con la sola locupletazione immediata e non anche con il profitto ritraibile da un risparmio di costi siccome ordinariamente finalizzato, nell'ottica imprenditoriale, a diverse forme di investimento. Laddove i fatti in discussioen si verifichino in ambito imprenditoriale e comportino un apprezzabile risparmio per l'imprenditore sembra disagevole affermare che non sia soddisfatto il fisiologico scopo di lucro che informa l'attività di quest'ultimo, proprio in ragioen dell'elemento unificante che caratterizza la globale attività del soggetto che opera economicamente nelle forme predette. Né l'accezione lessicale del vocabolo "lucro" fornisce la risposta caldeggiata dalla difesa.

Disattesa peraltro la più radicale tesi difensiva va evidenziato, circa l'elemento psichico del reato in discussione, che pur abbandonata l'impostazione originaria di un coinvolgimento, per così dire, immediato del Rovella (coinvolgimento sicuramente indimostrato, come riconosciuto dallo stesso organo dell'accusa), occorrerebbe pur sempre la prova di un dolo diretto e intenzionale del prevenuto orientato ad apprestare una situazione di fatto incentivante all'abusiva duplicazione da parte dei sottoposti in buona fede. Il delitto in esame è invero un reato doloso, per di più a dolo specifico, per cui anche nel soggetto che, inducendo in errore l'agente materiale, abbia cagionato l'integrazione del profilo obiettivo dell'illecito occorrerebbe individuare lo stesso elemento psichico (cfr. Cass. pen. sez. VI, 26.6.1996 n. 6389, 10.1.1998 n. 607). E ciò, si aggiunge, appare tanto più significativo nel presente caso, dove l'induzione in errore sarebbe il frutto, come si è visto, di una maliziosa condotta di preordinazione da parte del Rovella e non di quella mera accettazione del rischio che caratterizza il dolo eventuale. E' ben vero che la prova dell'elemento psichico del reato, riguardante l'atteggiarsi del loro interno dell'agente, è una prova precipuamente logica, ma nella specie non sussistono elementi univoci da cui ritrarre l'appagante convinzione che il Rovella sapesse della situazione (la quale, secondo l'impostazione accusatoria, sarebbe addirittura stata frutto di una capziosa predisposizione da parte sua o comunque di una sua candida tolleranza) e intendesse sfruttarla a proprio favore. Si è già detto che la veste dell'imputato, le dimensioni dell'impresa e la sua strutturazione erano tali da non poterne far discendere l'inevitabile consapevolezza, in capo al prevenuto, della situazione esistente (disponibilità dettagliata dei programmi per una duplicazione abusiva); tale consapevolezza, come si è visto, neanche potrebbe farsi derivare, in via logica, da specifici interventi in riguardo, di cui non vi è prova. In sostanza, dovrebbe dunque ricondursi alla sola inerzia dell'imputato, nel disciplinare la gestione del servizio di approvvigionamento e uso dei supporti informatici e al vantaggio (peraltro economicamente contenuto) derivante all'impresa dall'utilizzo, ad opera dei dipendenti, dei programmi abusivamente duplicati, la prova circa circa l'originario perseguimento, da parte del Rovella, degli scopi anzidetti. Siffatta ricostruzione appare però sfornita di adeguato supporto sol che si consideri, ad esempio, come l'elemento indiziario rappresentato dall'utilità per l'impresa discendente dal risparmio dei costi non sia punto univoco. Anche altri soggetti, segnatamente i dipendenti e i collaboratori esterni, ben potevano ritrarre una personale utilità dall'eventuale attività di duplicazione abusiva, non foss'altro che per la razionalizzazione dei rispettivi lavori. Né sembra priva di rilievo la circostanza, già evidenziata, che non tutti i programmi abusivamente duplicati erano utilizzabili e/o utilizzati per l'attività della CDM, potendo farsi discendere proprio da ciò considerazioni sul piano logico circa l'estraneità della compagine - e del suo amministratore - alle iniziative concernenti la duplicazione abusiva ovvero a una consapevole tolleranza riguardo alla formazione di un "archivio" di programmi duplicati.

Si badi, da ultimo, che la natura "comune" e non "propria" del reato di cui si discute impedisce di addebitare all'imputato una responsabilità penale derivante da una posizione di garanzia in merito all'osservanza, ad opera dei sottoposti, della normativa in materia, e comunque, laddove pure egli fosse stato onerato da una simile responsabilità, l'omesso controllo non equivarrebbe per sé solo a manifestazione di quel dolo intenzionale postulato dalla norma incriminatrice.

In sostanza, difettando prova adeguata dell'elemento psichico dell'illecito in oggetto, Rovella Angelo va assolto, ex art. 530 co. II c.p.p., perché il fatto non costituisce reato.

P.Q.M.

Visto l'art. 530 c.p.p.

Assolve l'imputato dall'addebito ascrittogli perché il fatto non costituisce reato.

Torino, 20.04.2000

Il Giudice
dr. Giorgio Gianetti

Depositata in Cancelleria il 05.05.2000

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** SPIACENTE, NON SONO UN PIRATA **
Angelo Rovella, l'imprenditore di Torino assolto, non vuole essere indicato come simbolo della legalizzazione della pirateria.
[ZEUS News - http://www.zeusnews.com - 15 maggio 2000]

Sono l'amministratore della C.M.D. ROVELLA S.p.A. di S. Mauro T.se, un'azienda che produce macchine utensili per elettroerosione e si avvale della collaborazione di un centinaio di persone. Sono salito, mio malgrado, agli "onori" della cronaca perche' assolto nel processo per la duplicazione del software.

Ritengo necessario chiarire la mia posizione che e' opposta a quella data dai mass-media, in quanto:

1) non ho mai piratato nulla;
2) non ero a conoscenza che nei pc aziendali giacessero dei programmi privi di licenza;
3) tali programmi erano inutili all'attivita' dell'azienda e comunque inutilizzati (perizia P.G.)

Preciso che la mia azienda, all'epoca del BLITZ (7/10/96) disponeva di tutti i programmi necessari ed aveva gia' speso Lit. 538.390.000 (v. documenti contabili) per l'acquisto e sviluppo di software.

Si e' erroneamente parlato di:
a) centinaia di programmi illegalmente duplicati - erano poco piu' di una decina;
b) programmi per contabilita' illegali - nessuno (i programmi di contabilita' non sono stati neppure controllati);
c) presenza di softwares per disegno industriale: un programma di livello 12 - nessun utilizzo (perizia P.G.), l'azienda utilizzava n. 2 programmi di livello superiore di cui possedeva regolare licenza;
d) Lit. 34.000.000 valore contestato - la stragrande maggioranza dei programmi furono poi riconosciuti legalmente licenziati o inutilizzati, alcuni erano addirittura stati creati e sviluppati internamente da tecnici della C.M.D. ROVELLA S.p.A..

Non essendo richiesto per legge un responsabile dei sistemi informatici, non mi ero mai proccupato di controllare se qualcuno avesse introdotto illegalmente dei programmi.

A dispetto di quanto faccia notizia il dire "piratare software" non e' reato (non e' detto che sia cosi', lo chiarira' la motivazione della sentenza), io sono contrario alla duplicazione poiche' la mia stessa azienda produce tecnologia e parecchio software.
Ritengo pertanto offensivo essere stato indicato come simbolo della legalizzazione della pirateria.

In fede.
Angelo Rovella

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** RISPARMIO E SCOPO DI LUCRO PARI NON SONO **
Non basta il "risparmio che deriva dal mancato acquisto" per poter parlare di azioni effettuate a scopo di lucro. Cosi' sentenzio' la Pretura Circondariale di Cagliari nel novembre 1996.
[ZEUS News - http://www.zeusnews.com - 15 maggio 2000]

Nelle interpretazioni più restrittive della legge sui "computer crime", infatti, anche il risparmio dovuto al mancato acquisto di un programma copiato da un amico è da considerarsi lucro, al pari della vendita di 500 copie pirata di un programma commerciale.

È questa ovviamente anche la scuola di pensiero BSA, che provvede a "catechizzare" tutti gli operatori del settore diffondendo opuscoli e materiale informativo con i quali si risparmia agli utenti la fatica di interpretare le leggi, fornendo risposte già preconfezionate ai dubbi legittimi che possono nascere dalle diverse chiavi di lettura delle leggi sui crimini informatici.

BSA si sostituisce ai magistrati nell’interpretazione delle leggi, pretendendo di trasformare in giurisprudenza quella che in realtà è solo l’interpretazione restrittiva e di parte di una categoria commerciale, che tra l’altro è la categoria maggiormente interessata a una applicazione rigida della legge in questione.

Sono tanti i dubbi amletici risolti da BSA: un insegnante, che copia un programma a scopo didattico e dimostrativo per utilizzarlo nel suo laboratorio di informatica, è soggetto a conseguenze penali? In fin dei conti non è lui a beneficiare di un risparmio dovuto a un mancato acquisto, ma il suo istituto didattico, il provveditorato, il ministero della pubblica istruzione: in ultima analisi lo stato italiano. Inoltre ci si può chiedere se basta acquistare una sola copia del programma e installarla su tutti i computer dell’istituto, oppure bisogna acquistare una copia per ogni computer presente all’interno del laboratorio.

In un opuscolo BSA dal titolo La pirateria del software - BSA risponde, distribuito anche in formato elettronico sul circuito dei BBS italiani, questi interrogativi vengono risolti, specificando che: "Qualunque duplicazione non autorizzata è vietata. A ogni installazione deve corrispondere una licenza d’uso (singola o multipla). È indipendente che il software sia utilizzato solo per scopi dimostrativi o meno. Inoltre lo scopo di lucro è insito nel risparmio che deriva del mancato acquisto e non dalla finalità dell’istituto o dell’utilizzo che viene fatto del prodotto."

Lo stesso discorso è quindi facilmente estendibile a tutte le associazioni, i gruppi di volontariato, le organizzazioni umanitarie, gli enti senza animo di lucro e tutti gli organismi del terzo settore che in moltissimi casi pratici effettuano copie di programmi o sistemi operativi per uso interno, e che sono pertanto perseguibili dalla legge, secondo quanto afferma la Business Software Alliance, pur non causando lucro o risparmio economico a nessuna persona fisica ma a organizzazioni di pubblica utilità. È strano come in Italia venga assolto chi ruba per il proprio partito ma non chi copia un programma per la propria associazione.

L’interpretazione data da BSA allo "scopo di lucro" viene clamorosamente smentita il 26 novembre 1996. La pretura circondariale di Cagliari emette una sentenza destinata a passare alla storia: copiare software non è reato, almeno per quanto riguarda il caso esaminato dal giudice Massimo Deplano. La parte in causa non è una scuola, ma una ditta privata che installa lo stesso programma su tre computer differenti. Il giudice, contrariamente alle affermazioni dell’opuscolo BSA, specifica chiaramente che non basta il "risparmio che deriva dal mancato acquisto" per poter parlare di azioni effettuate a scopo di lucro.

Il reato contestato riguarda il famigerato articolo 171 bis della legge 633/41 e la duplicazione a fini di lucro del pacchetto Microsoft Office, comprendente i programmi Word, Excel, Access, Schedule e Powerpoint. I fatti in esame si riferiscono a un sequestro effettuato all’interno di una ditta il 16 settembre dello stesso anno dal Nucleo Regionale di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, nel quale vengono rinvenuti tre personal computer, ma una sola licenza d’uso. Da qui la deduzione di duplicazione illecita dei programmi sugli altri due elaboratori. È interessante esaminare in dettaglio il testo della sentenza emessa.

Il magistrato ritiene doveroso rilevare che, sulla scorta degli atti allegati alla richiesta, dev’essere pronunciata immediatamente, ex art. 129 c.p.p., sentenza di assoluzione di XXXXXXX poiché il fatto contestatole non costituisce reato per mancanza del fine di lucro richiesto nella fattispecie in esame per la punibilità della condotta tenuta (...).

Nella sentenza si legge anche che la duplicazione e la detenzione acquistano rilievo penale in quanto finalizzate rispettivamente al lucro e alla commercializzazione. Tali condotte sono pertanto sanzionate solo se sorrette dal dolo specifico indicato. In particolare deve ritenersi che, di per sé, la duplicazione del programma non solo non assurge in alcun modo a fatto penalmente rilevante, ma è senza dubbio consentita dalla normativa attuale in tema di diritto d’autore.

Deplano sostiene questa affermazione con argomenti ben precisi: Ciò si ricava in primo luogo dall’art. 5 D.LGS. n. 518/92 che, nell’introdurre l’art. 64 ter della L. n. 633/1941, al secondo comma dello stesso, non consente che si imponga al compratore il divieto di effettuare una copia di riserva del programma stesso. Ma ancor meglio si evince dall’articolo 68 della L. 633/1941 che permette, e anzi indica come libera, la riproduzione di singole opere o loro parti per uso personale dei lettori (rectius fruitori) con il limite del divieto di spaccio al pubblico di tali beni onde logicamente evitare la lesione dei diritti di utilizzazione economica spettanti al titolare del diritto sull’opera. Si può pertanto escludere che violi la fattispecie citata il soggetto, pubblico o privato, che detenga per utilizzarla una copia abusivamente duplicata del programma. L’elemento che rende invece penalmente illecita la duplicazione è dato dal fine di lucro, dalla volontà diretta specificamente a lucrare dalla riproduzione. Deve infatti garantirsi al titolare dei diritti sull’opera il vantaggio esclusivo di mettere in commercio il programma, e quindi di lucrarvi (articolo 17 Legge sul diritto d’autore) senza dover patire e subire danni da illecite concorrenze.

È interessante anche leggere il parere del magistrato riguardo alla differenza tra lucro e profitto: Invero il fine di lucro connota tutte le fattispecie focalizzate dall’art. 171 bis, ma il suo significato dev’essere chiarito. Il termine lucro indica esclusivamente un guadagno patrimoniale ossia un accrescimento patrimoniale consistente nell’acquisizione di uno o più beni; esso non coincide in linea di principio con il termine profitto, che ha un significato ben più ampio. Il profitto può implicare sia il lucro, quindi l’accrescimento effettivo della sfera patrimoniale, sia la mancata perdita patrimoniale, ossia il depauperamento dei beni di un soggetto. In altri termini nel profitto può rientrare anche la mancata spesa che un soggetto dovrebbe, per ipotesi, affrontare per ottenere un bene.

Il lucro costituisce solo ed esclusivamente l’accrescimento positivo del patrimonio; il profitto anche la sola non diminuzione dello stesso. Alla luce di quanto riportato si può concludere sostenendo che XXXXXXX, che svolgeva attività relativa ad accertamenti catastali su immobili (come si legge dal verbale che indica che nella sua banca dati v’erano migliaia di misure catastali) nel duplicare le copie del programma "Office" della Microsoft e con l’utilizzarle esclusivamente per la sua attività non era mossa da fini di lucro, ma eventualmente di profitto, consistente nell’evitare la spesa necessaria ad acquistare le altre due copie del programma, e pertanto non ha violato la fattispecie contenuta nella norma incriminatrice, perché nella condotta dalla stessa tenuta non è ravvisabile il fine di lucro. XXXXXXXXX dev’essere assolta perché il fatto non costituisce reato, ferma restando la sua responsabilità sotto altri profili diversi da quello penalistico.

Il 18 marzo 1999 un comunicato di Alcei - Electronic Frontiers Italy scuote ancora una volta il mondo della telematica sociale: quando si credeva di aver toccato il fondo, una nuova iniziativa dei nostri parlamentari dimostra che al peggio non c’è mai fine.

From: alcei@alcei.it
To: alcei@olografix.org
Date: Thu, 18 Mar 1999 10:12:44 +0100
Subject: Comunicato 5/99 ALCEI - EFI

Modifiche ingiuste e incivili alla legge sul diritto d’autore

E’ in discussione in Parlamento una modifica della legge 633/41 ("Legge sul diritto d’autore") che inasprisce gravemente il contenuto delle norme vigenti. (Il testo e’ reperibile sul sito di ALCEI)

La stortura piu’ evidente (ma non l’unica) e’ la sostituzione nell’art. 171 bis (che sanziona penalmente la duplicazione di software) della dizione "fine di lucro" con quella "per trarne profitto". Questo significa che e’ penalmente perseguibile non solo il commercio, ma anche il semplice possesso di software non registrato.

Recenti sentenze hanno affermato che la duplicazione di software e’ penalmente rilevante solo se fatta a scopo di lucro, cioe’ per ottenere un guadagno economico derivante dalla duplicazione (in pratica: vendere copie). In assenza di questo requisito, la duplicazione non autorizzata e’ una semplice violazione contrattuale o extra-contrattuale: quindi e’ materia di competenza civile e va risolta come contesa fra le "parti". La modifica proposta elimina questa distinzione e trasforma in illecito penale (perseguibile d’ufficio) qualsiasi tipo di duplicazione.

In questo modo non solo perdura, ma viene rafforzato un equivoco culturale e giuridico: considerare come reato quella che in realta’ e’ solo una violazione civilistica ­ che dovrebbe tutt’al piu’ dar luogo a un risarcimento in denaro. E’ assolutamente inaccettabile che un cittadino, per il semplice possesso di un programma non registrato, rischi da due a otto anni di carcere, quando l’omicidio colposo plurimo puo’ essere punito anche solo con sei mesi di reclusione. Questo e’ solo un esempio degli obbrobri giuridici contenuti nel testo attualmente in discussione nei rami del Parlamento, e auspichiamo ­ mettendoci a disposizione di chiunque voglia approfondire il tema ­ che non si vari una legge dai contenuti illiberali, incivili e vessatori.

Un’analisi piu’ approfondita e’ disponibile sul sito ALCEI.

Comunicato 5/99 ALCEI - EFI

ALCEI - http://www.alcei.it - alcei@alcei.it

Come risulta chiaro da questo comunicato, la modifica proposta è tutt’altro che casuale: poiché la sentenza di Cagliari (distinguendo tra lucro e profitto) ha di fatto affermato che comprare una sola copia di Office installandola su tre computer differenti non può essere definita azione "a scopo di lucro" si sta cercando di eliminare ogni dubbio, estendendo le multe e gli anni di reclusione già previsti dalla versione attuale della legge anche a chi copia programmi "per trarne profitto", vale a dire unicamente per uso personale. Di fronte a questa nuova subdola forma di repressione è necessaria una reazione secca e immediata. Questa nuova mossa legislativa, che ha tutto il sapore della censura, mette a rischio la nostra libertà, una buona fetta della nostra democrazia e il futuro di tutte le comunità virtuali italiane.

[Tratto da Italian Crackdown di Carlo Gubitosa - Edizioni Apogeo]

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** MICROSOFT SI RICONOSCE COLPEVOLE, MA NON SI PENTE **
Molto blande le sanzioni che Microsoft accetterebbe
[ZEUS News - http://www.zeusnews.com - 15 maggio 2000]

Microsoft ha presentato il 10 maggio scorso le sue prime conclusioni riguardo la richiesta di sanzioni mossa dal Dipartimento di Giustizia a seguito della sua condanna.

Nel Memorandum allegato Microsoft afferma che né l'accusa né il Giudice sono riusciti a dimostrare una connessione tra la condotta ritenuta illecita e la posizione dominante detenuta dal gigante informatico.

L'azienda di Bill Gates ha definito come idonee per gli illeciti compiuti le seguenti sanzioni:

- Microsoft dovrà permettere ai produttori di personal computer di cancellare l'icona di Internet Explorer, modificare la procedura d'avvio, visualizzare sul desktop icone di software non Microsoft, settare di default browser non Microsoft.

- Microsoft dovrà concedere ai concorrenti l'accesso alle A.P.I. (Application Programming Interface; le A.P.I. comunicano al progettista delle applicazioni che cosa farà il sistema operativo in risposta ad una serie precisa di richieste o chiamate. Microsoft, come affermato al paragrafo 80 delle conclusioni di fatto emesse dal Giudice nel novembre '99, è stata ritenuta colpevole di non aver comunicato tempestivamente le A.P.I. alla concorrente Netscape, che stava preparando il programma Navigator).

- Microsoft dovrà impegnarsi a non aumentare i prezzi delle licenze dei suoi sistemi operativi quando ne saranno lanciate nuove versioni.

Inoltre nella sua proposta di sanzioni Microsoft si impegna a pagare, secondo la prassi americana, le parcelle degli avvocati dell'accusa.

Sia Neukom, capo dei legali della Microsoft, che Ballmer, l'amministratore delegato, hanno affermato che queste proposte rispecchiano l'intenzione di "chiudere il procedimento il più in fretta possibile".

Edoardo Dezani - mailto:edoardo.dezani@zeusnews.com

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** IL GIRO D'ITALIA SU INTERNET **
E' partito sabato l'edizione 83 del Giro d'Italia di ciclismo, ecco alcuni siti per seguirlo on line.
[ZEUS News - http://www.zeusnews.com - 15 maggio 2000]

E' partito a Roma il Giro d'Italia di ciclismo, edizione 2000. Vi presentiamo alcuni servizi disponibili su internet per seguirlo on line, a partire dal sito curato dalla Gazzetta dello Sport: su di esso si possono trovare tutte le informazioni relative alle 21 tappe con tanto di mappe altimetriche, distanze, classifiche, storia, ecc. Il suo indirizzo e' http://www.giroditalia.it

Altri siti dedicati all'evento rosa sono:
http://www.giro2000.com
http://www.giro2000.net
http://www.datasport.it/ciclismo
http://www.canalesport.it/ciclismo/giro2000

Esiste anche una mailing list che ogni giorno aggiorna tramite e-mail sui risultati, sui fatti e sulle novita' del Giro: per iscriversi si deve andare all'indirizzo http://www.buongiorno.it/subscribe/giroetour.html

Chi vuole simulare la mitica corsa a tappe puo' trovare diversi indirizzi di siti dedicati al Fantagiro indicizzati sul sito della "Lega Italiana Fantasport su Internet" all'indirizzo http://liif.gioco.net

Alessandro Sacco - mailto:alessandro.sacco@zeusnews.com

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** AMD DURON: ECCO I PREZZI **
Ecco quanto costeranno le prossime Cpu entry-level di AMD.
[ZEUS News - http://www.zeusnews.com - 15 maggio 2000]

AMD ha annunciato ieri i prezzi delle proprie Cpu Duron, precedentemente conosciute come Spitfire.

AMD Duron 550 MHz: 122 dollari
AMD Duron 600 MHz: 156 dollari
AMD Duron 650 MHz: 212 dollari
AMD Duron 700 MHz: 275 dollari

I prezzi sono da intendersi per lotti di 1000 unita’. Vi ricordo brevemente che l’AMD Duron e’ destinato alla fascia bassa di mercato, in diretta competizione con gli Intel Celeron; la Cpu ha un core derivato direttamente dall’AMD Athlon, e’ fornita di 128 KB di cache L1 (64 KB di dati + 64 KB di istruzioni) e di 64 KB di cache L2.

Le prestazioni di questo microprocessore, nonostante sia destinato ai Pc entry-level, dovrebbero essere di tutto rispetto, al pari dell’Athlon se non maggiori.

Marco Novelli - mailto:marco.novelli@zeusnews.com

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