Pirati e predoni, il dopo-sentenza

La recente condanna degli amministratori di The Pirate Bay sta facendo discutere. L'identikit del pirata-tipo: è giovane e abita nel nord-ovest.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 19-04-2009]

foto da macchianera.net

La recente sentenza di condanna dei "pirati" svedesi sta facendo discutere, risollevando gli umori dei responsabili delle major dell'intrattenimento e di quel fronte politico trasversale che con l'affossamento, per altro forse solo temporaneo, della francese Hadopi vedeva liquefarsi l'aspettativa di congrui sostegni economici per le prossime campagne elettorali.

In prima linea la Federazione antipirateria audiovisiva (FAPAV), che recentemente in collaborazione con la Presidenza del Consiglio ha organizzato campagne di disinformazione, pomposamente chiamate "informazione al grande pubblico dei consumatori attraverso spot di gran successo", ritenendo "significativo che un paese di indiscussa tradizione democratica e libertaria [...] abbia finalmente portato a termine un'azione di contrasto [...] ai danni della produzione cinematografica internazionale".

"La sentenza emessa in Svezia" continua la Fapav "rappresenta l'inizio di un percorso di legalità che, auspichiamo, anche l'Italia possa decidere di intraprendere". Peccato che il portavoce dell'associazione scada poi nel ridicolo paragonando il furto di un libro in libreria a un film scambiato in file-sharing (e quindi in formato degradato e comunque non destinato a essere proiettato in pubblico).

Per chi ancora non lo sapesse, aderiscono alla Fapav l'Anica-Agis, la Univideo, la MPA, Sky TV, Rai e Mediaset, tanto per citare soltanto i maggiori produttori nostrani di audiovisivi; e le campagne di "sensibilizzazione" sono portate avanti accampando pretesi "finanziamenti illeciti", "ingiustizia sociale" e sostanziale aiuto all'evasione fiscale ad alla criminalità organizzata.

Portabandiera della Fapav è ovviamente il suo presidente Filippo Roviglioni, manager allevato fin dagli anni '70 dalla United International Pictures per passare una quindicina d'anni dopo alla distribuzione dei prodotti del gruppo Cecchi Gori e successivamente alla divisione Italia di Buena Vista International e alla Polygram (oggi Universal Pictures Italia).

A partire dal 2000 Roviglioni è divenuto responsabile della distribuzione di RaiCinema ma risulta anche anche amministratore delegato di 01 Distribution (sale cinematografiche e home video), senza per altro che sorgano interferenze e conflitti d'interesse tra il servizio pubblico e l'azienda privata.

Può anche essere che gli spot antipirateria girati sotto la regia di Carlo Verdone siano un successo; anzi, ce lo auguriamo tutti senz'altro. Il problema è che tanti parrucconi in buona fede o meno tendono a confondere le idee, loro e di chi li ascolta, su chi siano questi famosi "pirati" del peer to peer, dandone un'immagine spesso non veritiera, distorta e comunque lontana dalla realtà.

In primo luogo è la tecnologia usata che comporta il tanto deprecato "scambio dei file" e non la specifica volontà di danneggiare la produzione e la distribuzione delle opere audiocinematografiche; casomai incentivo al "pirataggio" è il costo ingiustificato dei media.

In secondo luogo, la pratica dello scambio non scoraggia di per sé l'acquisto o la visione dell'opera originale, come risulta dai più recenti studi del settore e come dimostrato dall'analisi dei dati ottenuti dalla stessa Fapav.

Secondo la federazione antipirateria il pirata-tipo è infatti uno studente di scuola media superiore che vive nel nord-ovest del Paese, in possesso di nozioni informatiche di base e di strumenti tecnologici avanzati nel campo dell'audiovisivo, vede il Pc come mezzo di intrattenimento e di comunicazione ed il film illegalmente scaricato come uno "svago non impegnativo" privilegiandone la visione domestica.

Dalla ricerca scaturisce inoltre che il "pirata" non ama il cinema in sé, pur andando in sala a vedere molti più film dell'appassionato; entrambi poi non percepiscono il downloading illegale come reato, visto che chi non scarica non condanna chi invece lo fa, mentre quest'ultimo ritiene la sua azione un diritto e persino un "dovere" e tutti hanno anche dichiarato di non temere conseguenze legali.

La ricerca, effettuata da IPSOS su oltre 2000 persone interpellate personalmente a domicilio, non offre varianti significative in base al sesso degli intervistati, dei quali ben il 32% afferma di effettuare regolarmente il download anche se prevede di andare al cinema o acquistare il DVD originale; circa un terzo poi ritiene insoddisfacente la qualità del brano scaricato.

Altro dato che dovrebbe far riflettere Roviglioni e le major, sono le percentuali relative ai contenuti: ben il 30% dei film scaricati sono ormai fuori dai normali circuiti di visione, mentre larga parte di quelli in distribuzione appartengono alla categoria della "prima visione" e di quest'ultima ben un film su cinque non è ancora apparso in sala di proiezione.

Come dimostrano le cifre, chi scarica illegalmente lo fa soprattutto per curiosità e non ritiene di commettere illeciti di sorta anche perché non esce dal novero dei fruitori "normali", quelli cioè che pagano per vedere film e ascoltare musica con i mezzi tradizionali; controprova è che lo streaming, benché presente da tempo, non riesce a superare il 4% del totale.

La volontà della major oggi sembrerebbe essere quella di impiccare prima tutti i "pirati" per instaurare solo poi un modello legale di comportamento; ovviamente nell'etica come intesa dagli aventi diritto, cioè nella qualità, quantità e modalità che più fanno comodo al portafoglio delle catena produttiva e distributiva.

Ma non tutti sono così miopi o hanno una visione così limitata della questione: il regista Paolo Virzì (Ovosodo, Baci e Abbracci, Tutta la vita davanti, Caterina va in città, Io e Napoleone ecc. ecc.) auspica la creazione di punti di vendita online ad un prezzo abbordabile da tutti e pieni di contenuti.

Riccardo Tozzi ed Enrico Vanzina preferirebbero l'uscita in contemporanea nelle sale, in DVD ed in televisione, tutto a pagamento ma a prezzi ribassati, consentiti dalla contemporanea immissione sul mercato di una rilevantissima e diversificata possibilità di accesso alla visione; e la Warner parrebbe condividere l'impostazione, magari privilegiando la previa vendita online.

Il falso è un peccato originale: così ammonisce il sito della Federazione antipirateria, che alla pari della Siae mette a disposizione un recapito telefonico per denunciare gli abusi. Però a ben vedere non si comprende bene chi dica o si comporti falsamente, favorendo più o meno consapevolmente peccati e peccatori. O meglio, riesce a comprenderlo soltanto chi è abituato a "pensar male", anche se purtroppo segue il corollario che tutti conosciamo.

Se sia un fatto puramente commerciale volto ad alzare sempre più i prezzi dei media invocando un danno non dimostrato o una concausa inesistente, oppure una concomitante finalità di natura politicalpoliziesca, potrà dirlo soltanto il futuro.

Resta il fatto che i sicuramente nel settore ci sono delinquenti organizzati che ci marciano, ma pare dimostrato che non si trovino tra i "pirati" individuati e descritti dallo studio IPSOS commissionato dalla Fapav.

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