Il PC da 100 dollari e il cellulare da 800

Pochi anni fa il net-people guardava con speranza al laptop low-cost. Oggi ha ripiegato su cellulari e tablet cyber-fighetti. Il perché di un'involuzione.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 07-09-2011]

OLPC

Anni fa, in tutti i mezzi di informazione ICT impazzava il computer a manovella, detto anche il PC da 100 dollari. Una macchina che, nei progetti di Nicholas Negroponte, del MIT di Boston, doveva portare la democrazia tecnologica nei paesi poveri, in virtù del prezzo basso e della robustezza. Per gli amanti del genere, il tutto doveva costituire anche un formidabile mezzo di diffusione del software libero (leggi qui la storia travagliata di OLPC).

Il progetto, per la storia, ha avuto e sta avendo un qualche successo nei paesi poveri, con alti e bassi. Ma la sua carica rivoluzionaria si è presto spenta, per una serie di motivi. Prima di tutto, è stato un problema di prezzo. La macchina non è mai stata disponibile alla cifra ipotizzata inizialmente, mentre i potenziali concorrenti hanno visto i loro prezzi crollare clamorosamente. Oggi non è difficile procurarsi, con una cifra molto vicina a quella favoleggiata da Negroponte, un netbook dalle caratteristiche molto più smart.

Un altro motivo è che chi confidava nel prezzo basso per decretare il successo commerciale del PC di Negroponte, nel mondo occidentale, stava sbagliando completamente previsione. A quanto pare, l'utente informatico medio dei paesi ricchi, più che dal PC da 100 dollari, sembra molto più attratto dal telefonino da 600 euro, che in dollari fa più di 800.

Va detto che l'accrocchio del MIT era stato progettato per i paesi poveri nell'ambito di progetti di cooperazione internazionali. Nonostante ciò, più di qualcuno in occidente lo aveva desiderato per sé, salvo poi ripiegare clamorosamente sulle invitanti e fighette macchine create subito dopo: gli smartphone e i tablet, soprattutto di casa Apple.

Proprio nel successo commerciale senza precedenti di iPhone e iPad stanno i motivi della fallita democratizzazione informatica. La straordinaria performance tecnologica di questi aggeggi è l'aspetto più importante del loro successo.

Le prestazioni di questi dispositivi sono davvero stupefacenti: non si capisce a cosa servano realmente, ma quello che fanno, lo fanno in maniera veloce e spettacolare. Un così alto livello tecnologico fa dimenticare ai loro utenti l'assenza di dispositivi di input (mouse e tastiera), il loro tallone di Achille.

Ma evidentemente questo non è un problema: quello che Apple e soci volevano raggiungere era l'utilizzo passivo del mezzo informatico. I loro utenti non sono certo produttori di contenuti: riuscirebbe loro impossibile scrivere non solo racconti o romanzi, ma anche solo un post su un blog.

Ma il popolo Internet degli anni '10 non è così ambizioso: quando ha risposto o no a un'email, o scritto qualche scemenza su un social network, può ritenersi ampiamente soddisfatto. E per questi uno smartphone o un tablet sono ampiamente sufficienti. Il loro lavoro principe è riprodurre contenuti multimediali, quelli per cui, in genere, si paga.

Agli albori di Internet, qualche sognatore ipotizzò una società culturalmente democratica, in cui tutti sarebbero stati al contempo produttori e fruitori di contenuti. Il PC low-cost si era inserito perfettamente in questo sogno. Oggi invece impazzano macchine che, aldilà del loro costo elevato, servono poco a comunicare, ma funzionano splendidamente per ricevere informazioni dall'alto. Poco meglio della televisione, su cui negli ultimi vent'anni abbiamo scaricato tonnellate di improperi.

Questa è la tecnologia che oggi domina il mercato, e se ne siamo contenti, significa che è adatta a noi. Chi ci voleva spendaccioni e passivi ha snobbato il PC da 100 dollari, ha puntato tutto sul cellulare da 600 euro, e ha vinto. A noi utenti rimane solo la possibilità di un vibrante messaggio di protesta. Massimo 160 caratteri.

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