Decreto antipedofilia, nessuna panacea

Il decreto Gentiloni obbliga i provider a chiudere entro sei ore i siti incriminati; ma le uniche vere novità sono i rischi per la libertà di comunicazione.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 06-01-2007]

La stampa ha dato molta enfasi al decreto con cui il ministro delle Comunicazioni Gentiloni intende intensificare la lotta alla pedopornografia on line.

Il decreto prevede l'istituzione di un centro specializzato della Polizia postale, già molto impegnata in questo campo, per la lotta alla pedofilia e pedopornografia in Rete, che si spera che poi possa avere nel tempo i mezzi tecnologici e il personale per poter assolvere al proprio compito.

Il centro può chiedere agli internet provider, che non possono rifiutarsi, di rendere inaccessibili per gli utenti i siti pedopornografici, anche con server residenti all'estero, entro 6 ore dalla disposizione.

Secondo un protagonista e pioniere della lotta alla pedopornografia on line come don Fortunato di Noto, il decreto non introduce grandi novità: già oggi gli internet provider italiani collaborano molto efficacemente alla lotta ai siti di pedopornografia; la difficoltà maggiore invece è individuare, riconoscere e quindi assistere e salvare le piccole vittime della pedopornografia, soprattutto quando i video e le foto sono realizzate in Paesi come la Russia o la Thailandia.

L'Aiip, l'associazione italiana dei provider alternativi a Telecom Italia, esprime delle riserve sul contenuto tecnico del decreto: "I siti da oscurare saranno segnalati a livello di dominio o a livello Ip. In questo secondo caso, il blocco di un indirizzo Ip potrà comportare non solo l'oscuramento del sito incriminato, ma anche di migliaia di altri siti collegati che con la pedopornografia non hanno nulla a che vedere. Altri problemi potrebbero sorgere con gli indirizzi Ip dinamici, che vengono cioè attribuiti in un certo momento a un sito e qualche ora dopo a un altro, assolutamente incolpevole".

Bisogna anche riconoscere che oggi l'allarme è soprattutto sulla telefonia mobile, che sta diventando il veicolo maggiore di video e foto pornografiche di minori, acquistate e diffuse da adulti proprio grazie ai telefonini e ai videofonini. Lo dimostra anche l'ultima indagine che, partita da Ancona, sta coinvolgendo indagati nelle maggiori città italiane.

Il decreto quindi è forse eccessivamente reclamizzato e vantato, come se fosse la panacea di un problema più grande e profondo.

Ricordiamo infine che per pedopornografia non si intende la pornografia che rappresenta uomini e donne (e qualche volta animali con loro) adulti, liberi e consenzienti che per denaro o per diletto si fanno filmare in tutte le pose che la fantasia più sfrenata può immaginare: una forma discutibile ma legittima di passatempo, per adulti, che né lo Stato né tanto meno la Chiesa possono reprimere.

Pedopornografia sono le immagini che ritraggono bambini ancora non maturi, né consenzienti, costretti con le buone o con le cattive a praticare il sesso fra loro e con adulti: qualcosa di turpe e abominevole per le coscienze, religiose o laiche che siano. Spesso alcuni siti web oltre a offrire materiale pedopornografico sono anche "esche" per attirare bambini e adoloscenti in questi giochi perversi.

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Pier Luigi Tolardo