Si sta avvicinando al Sole, fornendo dati importanti. Se sopravviverà, a Natale sarà vicina alla Terra.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 25-11-2013]
È già stata ribattezzata "la cometa di Natale", anche se ancora non si sa se sopravviverà fino al 25 dicembre.
Per gli astronomi si tratta della cometa C/2012 S1, altrimenti nota come ISON (International Scientific Optical Network) dal nome della rete di telescopi di cui fa parte l'osservatorio che l'ha scoperta.
Individuata nel settembre del 2012 dagli scienziati Vitali Nevski e Artyom Novichonok, si ritiene che provenga dalla nube di Oort, è classificata come cometa radente e il prossimo 28 novembre passerà ad "appena" 1,2 milioni di chilometri dal sole. L'articolo continua qui sotto.
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Per gli scienziati, ISON è foriera di conoscenze importanti: la sua origine permetterà di vedere materiale appartenente al sistema solare primitivo passare a breve distanza (in termini astronomici) dal sole, un fenomeno di cui non si hanno notizie nella storia recente.
Inoltre, ISON è una cometa di dimensioni notevoli: il suo nucleo dovrebbe avere un diametro di circa 500 metri, il che la rende una delle più grandi comete che abbiano mai seguito un'orbita analoga.
Tutto ciò permetterà di acquisire utili conoscenze sulla nostra stella, offrendo per esempio la possibilità di misurare la velocità del vento solare in base al comportamento della "coda" della cometa.
Se l'incontro con il sole avverrà tra pochi giorni, il passaggio vicino alla Terra (a 60 milioni di chilometri) previsto per Natale non è sicuro: c'è infatti la possibilità che ISON non sopravviva alla vicinanza col nostro astro.
«Anche se la cometa dovesse dissolversi adesso» - spiega però Karlm Battams dello US Naval Research Lab di Washington - «possiamo comunque dire con certezza che l'intera campagna di osservazione è stato un successo strepitoso. Abbiamo un sacco di dati provenienti dalla cometa. Tantissime risorse, tantissimi occhi, tantissimi telescopi che l'hanno studiata per molto tempo l'hanno vista attraversare molti cambiamenti morfologici. Abbiamo un ammontare di dati enorme, davvero senza precedenti».
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