Anche versando i 300 dollari richiesti non è comunque possibile recuperare i dati.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 29-06-2017]
Questo è un articolo su più pagine: ti invitiamo a leggere la pagina iniziale
Kaspersky: il ramsonware russo non è Petya
La minaccia del momento è Petya o, come spiega Kaspersky, NoPetya, un ransomware fratello di WannaCry che sta mietendo vittime in buona parte del mondo informatizzato.
Il funzionamento è il solito: quando si viene infettati, i dati vengono crittografati e per poterli sbloccare viene chiesto un pagamento. In questo caso, si tratta di 300 dollari in Bitcoin da versare in un portafogli di cui viene fornito l'indirizzo.
Il versamento però non è sufficiente per ottenere lo sblocco: è infatti anche necessario inviare a un certo indirizzo email l'ID del proprio portafogli Bitcoin e la personal installation key, un codice generato casualmente dal ransomware stesso e che appare nella schermata che comunica l'avvenuta infezione.
Al momento in cui scriviamo Blockchain, sito che mostra i dati relativi alle transazioni in Bitcoin, rivela che 40 utenti hanno versato il loro obolo, nella speranza di riottenere il maltolto.
Inutile: Posteo, l'operatore che gestisce l'indirizzo email cui bisogna inviare il codice, ha bloccato l'account sia in accesso che in ricezione.
Ciò significa che non è possibile spedire la personal installation key e che gli hacker non possono accedere alla loro casella: di conseguenza non possono sapere chi ha pagato né inviare la chiave di decrittazione dei file.
Ti invitiamo a leggere la pagina successiva di questo articolo:
Petya non colpisce solo gli utenti con software obsoleto
Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato con Zeus News
ti consigliamo di iscriverti alla Newsletter gratuita.
Inoltre puoi consigliare l'articolo utilizzando uno dei pulsanti qui
sotto, inserire un commento
(anche anonimo)
o segnalare un refuso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA |
|
|
||
|