Buran 1.01

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Buran 1.01
Buran 1.01
Informazioni
DesignazioneOK-1.01
NazioneBandiera dell'Unione Sovietica Unione Sovietica
Inizio costruzione1986
Origine del Nome"Tempesta di neve"[1]
Statusdistrutto in un incidente all'hangar di Bajkonur nel 2002[1]
Primo volo1K1
15 novembre 1988[1]
Ultimo volo1K1
15 novembre 1988[1]
Numero di missioni1[1]
Equipaggio0
Tempo trascorso nello spazio205 minuti[1]
Numero di orbite2[1]

Il Buran 1.01 (OK-1.01) (in russo Бура́н?, pronuncia russa [bʊˈran]) fu il primo spazioplano sovietico del Programma Buran, l'unico ad essere completato. Compì un solo volo orbitale nel 1988, in modalità totalmente automatica e senza equipaggio a bordo.

Rimase distrutto nel 2002 quando crollò il tetto dell'hangar dove si trovava[2].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Lo sviluppo del programma Buran iniziò nei primi anni settanta come risposta al programma americano Space Shuttle. Il 15 novembre 1988 alle 03:00:02 UTC il Buran 1.01, prima e unica navetta completata, venne lanciato dalla piattaforma 110/37 del Cosmodromo di Bajkonur[2][3]. La navetta, priva di equipaggio, grazie al razzo Energia raggiunse un'orbita temporanea prima di staccarsi e completare due orbite attorno alla Terra. I motori ODU (in russo объединённая двигательная установка?, sistema di propulsione combinato) si accesero automaticamente per iniziare la discesa nell'atmosfera, tornare al sito di lancio e atterrare in orizzontale sulla pista.

Il Buran 1.01 sul dorso di un Antonov An-225 Mriya al 38º Salone internazionale dell'aeronautica e dello spazio di Parigi-Le Bourget, 1989

La navetta grazie ad un perfetto atterraggio automatizzato[2] toccò terra alle 06:24:42 UTC per fermarsi alle 06:25:24[4], 206 minuti dopo il lancio.

Il Buran 1.01 fu il primo aereo spaziale a eseguire un volo senza equipaggio, compreso l'atterraggio in modalità completamente automatica.[5] In seguito fu accertato che, durante il volo, aveva perso solo otto delle sue 38.000 tessere termiche.[6]

Il Buran 1.01 è stato l'unico spazioplano sovietico completato e impiegato in missione; nel 1992, infatti, il collasso dell'Unione Sovietica determinò la cancellazione del programma Buran e le altre navette, allora in fase di assemblaggio, vennero smantellate o semplicemente abbandonate.

Il 12 maggio 2002, il tetto di un hangar al cosmodromo di Baikonur in Kazakistan crollò a causa di un cedimento strutturale determinato dalla scarsa manutenzione. Il crollo uccise 8 lavoratori e distrusse il Buran 1.01, nonché un modello di un razzo booster Energia.[7]

Nel parco fieristico VDNCh di Mosca è tuttora possibile visionare il modello utilizzato per i test statici OK-TVA.

Specifiche[modifica | modifica wikitesto]

Lo spazioplano Buran è lungo circa 36 m, alto 17 e ha una apertura alare di circa 23 m. Il razzo vettore Energia è alto circa 60 m ed è composto da quattro razzi primari di spinta a combustibili liquidi e da un secondo stadio con quattro motori anch'essi a combustibili liquidi.

I propulsori del Buran.

La massa del Buran è di circa 62 tonnellate,[8] con un carico utile massimo di 30 tonnellate, per un peso totale al decollo di 105 tonnellate.[9]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g (EN) Buran, su liftoff.msfc.nasa.gov, NASA, 12 November 1997 (archiviato dall'url originale il 4 agosto 2006).
  2. ^ a b c (RU) Buran reusable shuttle, su russianspaceweb.com.
  3. ^ (EN) INTERNATIONAL SPACE STATION, su energia.ru. URL consultato il 15 giugno 2020 (archiviato dall'url originale il 20 agosto 2020).
  4. ^ (EN) Buran 1st Flight, su buran-energia.com. URL consultato il 15 giugno 2020.
  5. ^ (EN) Largest spacecraft to orbit and land unmanned, su Guinness World Records. URL consultato il 15 giugno 2020.
  6. ^ (EN) Russia starts ambitious super-heavy space rocket project, su spacedaily.com. URL consultato il 15 giugno 2020.
  7. ^ (EN) Russia's space dreams abandoned, 13 maggio 2002. URL consultato il 15 giugno 2020.
  8. ^ Buran Space Shuttle vs STS - Comparison, su buran.su. URL consultato il 15 giugno 2020.
  9. ^ Buran, su astronautix.com. URL consultato il 15 giugno 2020.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]