Simone Fanti

Simone Fanti


Simone Fanti, giornalista professionista, lavora per Oggi  e collabora con il Corriere della Sera. Guarda il profilo su Linkedin. Scrivi a Simone Fanti


Ciao Antonio,
sei scappato via così, sfuggito alla vita in un attimo. Senza la possibilità di un ultimo saluto, senza l’occasione di cogliere un ultimo motto e un’idea illuminante, senza proferir parola. Tu che di parole eri maestro. Cesellate come pietre di fiume da una corrente di pensieri. È mezzogiorno di una domenica, in un giorno piovoso, dopo la messa e tu ora non ci sei più. Non riesco a dirti addio, perché addio non è. Il tuo pensiero pungente, acuto e profondo aveva vinto su un corpo fragile e immobile e ora supera anche la morte fisica. Se tu fossi qui forse ora mi sveleresti in confidenza che hai risolto il quesito della ragione che ti tormentava da un po’ e che ti faceva chiedere dell’esistenza di Dio, combattuto tra fede, rabbia contro il destino, e caparbia aderenza alla realtà. La stessa ostinazione del rimanere aggrappato alla vita nonostante tutto con la barra sempre sicura verso la testimonianza dell’ “importanza del vivere”. Una vita, la tua, aggrappata a sottili fili di seta, come il foulard che ti ricordo sempre al collo. Non c’è che dire l’eleganza non ti è mai mancata. Un dandy attorniato da donne che seducevi con la potenza e la bellezza delle tue parole.
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27 MAGGIO 2022 | di |
Lo spettacolo teatrale Stabat pater che racconta la vita di un padre con un  figlio con disabilità grave. Prodotto dalla compagnia Sanpapié (ph Fabrizio Re Garbagnati)
Lo spettacolo teatrale Stabat pater che racconta la vita di un padre con un figlio con disabilità ...

Le luci si spengono a teatro, un padre e un figlio con grave disabilità si spingono sul palco. Si fa quiete nella platea di Stabat Pater che accoglie gli ospiti invitati di DLA piper, uno studio legale internazionale presente in oltre 40 Paesi. Siamo a teatro, ma potremmo trovarci a curiosare in una delle tante case italiane che accolgono una famiglia con un ragazzo con una disabilità grave o gravissima. In scena ci sono Manuel Ferreira e Gioele Cosentino, ovvero l’attore che interpreta il padre e il danzatore che si cala nei panni della persona con fragilità che non cammina, non parla e forse pensa a modo suo. Non importa la patologia! Le rappresenta tutte e nessuna. È la magia del teatro, il poco (due attori, qualche abito, poche caramelle gettate in aria come coriandoli, e un tappeto elastico) racchiude il tutto. In un’ora di spettacolo, progettato e messo in scena dalle compagnie Alma rosé e Sanpapiè, viene condensato l’estratto della vita di un padre, in un alternarsi di dolore, rabbia, amore, affetto, disperazione, rassegnazione… in un equilibrio precario che ha per fulcro un figlio.
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22 APRILE 2022 | di |
Un momento dello spettatolo SetReset 
ph-Camilla-Greenwell
Un momento dello spettatolo SetReset ph-Camilla-Greenwell

Niente è più universale dell’arte. Definirla linguaggio è sicuramente riduttivo, l’arte è uno strumento che arriva al cuore attraverso le emozioni e alla “testa” attraverso i sensi. In un modo o nell’altro è una lingua millenaria e universale, il mezzo per far capire alla società il significato di integrazione e per trasmettere il senso e la bellezza della diversità. Potremmo dire che il talento se ne “frega” della condizione della persona, della sua eventuale diversità o disabilità… e si manifesta e basta! Puoi essere privo di braccia e danzare e dipingere come Simona Atzori o senza vista e scolpire come Felice Tagliaferri. E sono solo due esempi tra i più noti.
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«Dopo questa Pandemia saremo tutti migliori», vi ricordate questa frase pronunciata più volte durante i momenti più crudi del Covid-19 e le lunghe settimane di lockdown? E invece… e invece molti di noi sono usciti dalla pandemia sempre più egoisti, concentrati su se stessi e sul “recuperare” ciò di cui la vita li «ha ingiustamente privati». A ogni costo. A discapito degli altri. E in rientra il caso della comitiva di 27 persone disabili che non trovando liberi i posti prenotati è dovuta scendere dal treno.
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Pedala Mario! Pedala! Quanta libertà in un gesto. Mandate indietro il nastro dei ricordi e ripensate a quando avete inforcato la bicicletta per la prima volta senza quelle rotelle che vi garantivano l’equilibro. Ripensate al timore di rescindere quel cordone ombelicale con le ruotine, di allontanarsi dalle mani di mamma o papà che vi sorreggevano, al brivido di staccare i piedi da terra, le cadute, le lacrime, le croste sulle ginocchia, la voglia di risalire e di lanciarsi nuovamente nella vita e nella libertà. Di essere diventati, un po’ più grandi. Eppure è un piccolo gesto.

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Fragilità a confronto, quelle legate al Covid e quelle di una condizione che rende tutto più difficile, la disabilità. Le persone con disabilità per loro natura sono fuori dagli schemi e in una società che tende a standardizzare le procedure per produrre performance sempre migliori, sono l’ingranaggio che rompe il meccanismo. Così anche una semplice visita, si fa per dire, diventa una scalata. Chiedetelo a chi presta loro amorevolmente le cure. O provate voi stessi ad accompagnare un anziano con difficoltà motorie a fare i controlli. E questo calvario, tra ansie e paure, si ripeterà con l’arrivo delle tanto attese vaccinazioni. Un percorso tra disinformazione e doverose pratiche igienico-sanitarie per evitare il contagio. Mai come in queste emergenza ci siamo sentiti sballottati fra mille informazioni, con modalità di accesso alle strutture mediche che cambiavano ogni giorno (o quasi), con regioni a semaforo. Per quanto i medici abbiano fatto il massimo possibile ci siamo sentiti tutti un po’ abbandonati, il Covid ha scardinato i nostri punti di riferimento.
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21 FEBBRAIO 2021 | di |
Nella vignetta, Gaetano Saguto s'immagina un ipotetico incontro nello spazio tra Luca Parmitano e un parastronauta
Nella vignetta, Gaetano Saguto s'immagina un ipotetico incontro nello spazio tra Luca Parmitano e ...

«Nello spazio siamo tutti disabili. Non siamo fatti per viverci. Manca l’aria e quindi i suoni, manca la gravità e non ci si muove così come siamo abituati a fare sulla terra. Ma abbiamo trovato il modo e la tecnologia di adattarci all’ambiente e di abitarci». Parola di Ersilia Vaudo-Scarpetta, astrofisico e Chief Diversity Officer dell’Esa (Agenzia spaziale europea). E allora perché non renderlo accessibile a tutti? «Lavoriamo per l’umanità, ma quale umanità se iniziamo a escluderne una parte?». Martedì 16 febbraio l’Ente spaziale europeo ha annunciato di aver riservato due posti da astronauta a candidati portatori di specifiche disabilità fisiche. Luca Parmitano, il primo italiano a effettuare un’attività extraveicolare (9 luglio 2013) ha però sottolineato «il progetto “Parastronaut” sarà uno studio di fattibilità e per questo non possiamo garantire che il parastronauta volerà nello spazio, ma metteremo tutto il nostro impegno per capire come adeguare i programmi». Una decisione che sembra un viaggio nel futuro dove un «astronauta è sempre un astronauta che abbia o meno una disabilità» chiosa Vaudo-Scarpetta. Negli anni scorsi, l’Esa aveva già effettuato alcuni voli “a parabola” per simulare condizioni di microgravità, coinvolgendo otto giovani disabili, tra cui l’italiano Francesco Vassallo, accompagnato dall’astronauta Maurizio Cheli.
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Il richiamo dei motori per Mattia Cattapan, 30 anni, è stato irresistibile. Il tempo di ricostruire la sua vita e la pista è tornata il suo mondo. «La prima moto l’ho avuta a sei anni, a 16 correvo con una enduro, prima a livello regionale e poi nazionale fino al 2013 quando un incidente in pista mi ha reso paraplegico», racconta. I mesi seguenti sono quelli comuni a coloro che “rompono la spina dorsale”: la terapia intensiva, gli interventi di stabilizzazione, l’unità spinale, la riabilitazione e il ritorno a casa con mille dubbi sul proprio futuro e un’esistenza da reinventarsi. «Ho ripreso a lavorare dai miei che hanno una azienda di lavorazione del metallo, ma mi mancava l’adrenalina. Ho iniziato a fare sport sempre più competitivi e “di nicchia” fino a tornare in pista con i Go kart e con il Cross kart (la versione fuoristrada). Ma alzare una coppa mi dava meno soddisfazioni che andare con questi veicoli in un’unità spinale a far vedere alle persone da poco traumatizzate che nulla è precluso».

Mattia Cattapan con Valentino Rossi

Mattia Cattapan con Valentino Rossi

Da questa esperienza nasce Crossabili, una associazione sportiva dilettantistica che organizza eventi sportivi e ricreativi per integrare le persone con disabilità nella società. I numeri (si riferiscono al 2019) snocciolati da Cattapan sono alti: «Abbiamo coinvolto 120 associazioni del territorio e 14mila persone in 78 eventi, realizzati grazie al contributo di un centinaio di aziende». «Nel 2020, non ci fosse stato il Covid avremmo fatto ancora meglio. Siamo comunque riusciti a portare sulla neve 250 ragazzi con fragilità varie. E mi sono accorto quanto ci sia ancora da fare per integrarli: alcuni non avevano mai avuto il piacere di una birra in rifugio o di fare qualche scampagnata in montagna». Mille i progetti in fieri, i primi sono legati alla Federazione italiana pesca sportiva e attività subacquee che tra febbraio marzo organizzerà 40 eventi sul territorio nazionale in cui far conoscere la pesca alle persone con disabilità intellettivo relazionali. «Ogni disabile avrà un tutor che gli insegnerà i trucchi e lo aiuterà a lanciare l’amo o a recuperare la preda. Si tratta di un’attività propedeutica che dovrebbe portare la federazione a candidare questi sport come gare paralimpiche».

Mattia Cattapan sul buggy

Mattia Cattapan sul buggy

Crossabili proseguirà poi il loro lavoro nelle scuole e nelle unità spinali, in cui Cattapan porta la sua esperienza di resilienza, quelle in pista con i go kart e le buggy biposto opportunamente adattati per esser guidati da paraplegici. E infine c’è la volontà di riuscire a portare gratuitamente in vacanza al mare 50 ragazzi del veneto e far loro vivere esperienze “adrenaliniche” come le moto d’acqua, la pesca di altura, le immersioni. «Parte dei fondi sono già disponibili e sto cercando altre aziende che mi supportino per ampliare il parterre dei partecipanti».

30 GENNAIO 2021 | di |
Il percorso della finale del Rally Italia talent
Il percorso della finale del Rally Italia talent

«Destra 3 in x 20, sinistra 2…». Aiuto! Che lingua parla il navigatore che, nella finale della settima edizione del Rally Italia Talent, mi detta le istruzioni per destreggiarmi in un percorso preparato in un parcheggio e delimitato da decine di gomme usate dai Go kart. Per la cronaca le istruzioni sono il raggio di curva, la direzione e la distanza dalla curva successiva. L’immagine che vi regalo non è frutto di un sogno, ma è il ricordo di una giornata piovosa di metà ottobre 2020 in cui ho partecipato alla finale del “Grande fratello” dei rally italiani. Sono arrivato ultimo prendendo circa tre minuti dal primo su 15 minuti complessivi delle diverse prove, ma davanti agli altri 10 mila partecipanti delle selezioni. Ottima lezione per scoprire che so guidare meno bene di quanto pensassi.

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17 GENNAIO 2021 | di |
Omosessualità e disabilità. Nella vignetta una persoan su una sedia a rotelle viene portato "a spalla" durante una manifestazione Lgbt+. Credit Gaetano Saguto
Omosessualità e disabilità. Nella vignetta una persoan su una sedia a rotelle viene portato "a ...

Di nuovo in zona rossa. Per fortuna c’è il telefono e il digitale attraverso cui arrivano belle notizie. Qualche giorno fa un amico con disabilità mi dice «Sarà il primo lockdown da convivente con il mio compagno». E mi racconta la decisione di dichiararsi al mondo. Non tutte le quarantene vengono per nuocere. Non so cosa voglia dire amare una persona del proprio sesso: l’omoaffettività è un’attrazione che non ho mai provato. Conosco, però, bene l’amore per una persona e credo che non esistano differenze. Già l’amore, quel sentimento dai mille volti che ci fa sopportare i pregi e amare i difetti (non è un refuso), del partner, adorare certi sui vezzi ed espressioni… e, persino, i suoi lati oscuri. Così nell’affrontare il rapporto tra disabilità e omosessualità mi pongo come osservatore che cerca di tenere a freno i miei “pre”- giudizi, intesi come idee preconcette. Nessuno di noi ne è scevro. Il diverso da sé spaventa che sia omosessuale, straniero, disabile o semplicemente eccentrico. Osservo e non giudico.

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