Roberto Colaninno

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Roberto Colaninno, presidente della Piaggio, in compagnia di Giorgio Napolitano, 2008

Roberto Colaninno (Mantova, 16 agosto 1943Mantova, 19 agosto 2023[1]) è stato un imprenditore e dirigente d'azienda italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Ragioniere, è stato presidente di IMMSI e Piaggio ed era membro del CdA dell'Alitalia. Aveva origini pugliesi, la sua famiglia è di Acquaviva delle Fonti (BA).[2] Ebbe due figli, entrambi imprenditori: il primogenito Matteo, deputato dal 2008 al 2022 nelle file del Partito Democratico prima e in Italia Viva dal 2019, e il secondogenito Michele, amministratore delegato e direttore generale di IMMSI, la finanziaria di famiglia.

Olivetti[modifica | modifica wikitesto]

La sua carriera di manager ha inizio in FIAAM FILTER, azienda italiana di componenti per auto con sede a Mantova, di cui diviene amministratore delegato. Nel 1981 fonda la SOGEFI, società di componentistica meccanica, con sede a Mantova, entrata ben presto nell'orbita della CIR dell'ingegner Carlo De Benedetti. Con l'8% Colaninno diventa quindi suo socio. Nel 1996 è amministratore delegato di Olivetti nel momento della massima crisi dell'azienda dopo essere già stata trasformata da De Benedetti prima entrando nell'elettronica e poi nell'informatica.[3]. In quegli anni Colaninno annuncia che bisogna uscire dall'informatica e trasforma l'azienda in una holding di telecomunicazioni. Vendendo le attività industriali in perdita ma senza riuscire a risanarla. E nel 1998 vende per oltre 7 miliardi di euro anche Omnitel, all'epoca secondo gestore nazionale dei cellulari, ai tedeschi della Mannesmann, società che in seguito verrà assorbita dall'inglese Vodafone. Nella vendita c'è anche Infostrada, attiva nella telefonia fissa.[4]

Telecom Italia[modifica | modifica wikitesto]

All'inizio del 1999 lancia una offerta pubblica di acquisto (opa) totalitaria su Telecom Italia, la più grande operazione di leveraged buyout mai realizzata in Italia (e una delle più importanti a livello globale). Pagando a tutti gli azionisti un prezzo considerato equo dalla Borsa: è la prima volta che accade in Italia.[5] Come soci dell'operazione ha un gruppo di imprenditori-finanzieri del triangolo Brescia-Cremona-Mantova, soprannominato la razza padana dell'imprenditoria, guidati da Emilio Gnutti e riuniti nella società Hopa S.p.A. e in una finanziaria domiciliata in Lussemburgo di nome Bell.

L'operazione ha successo ma è avvenuta in gran parte a debito. Colaninno diventa presidente e amministratore delegato, il gruppo degli imprenditori-finanzieri bresciani & amici crea una struttura di società a cascata in modo da avere prima il controllo di fatto dell'Olivetti e poi quello della Telecom, nei successivi due anni Telecom si rafforza notevolmente a livello internazionale ed estende i settori d'attività, dalla telefonia fissa alla mobile, da Internet alla televisione, dalle comunicazioni satellitari ai sistemi informatici. Finendo per aumentare il già alto livello di debiti dell'Olivetti e per caricare di debiti anche la Telecom.[6] Nel luglio 2001 Colaninno si dimette perché in contrasto con l'azionista Bell, di cui non era socio, sulla decisione di vendere Telecom a Marco Tronchetti Provera (Pirelli) e sulle strategie finanziarie di Bell rispetto a Telecom. Al momento delle dimissioni di Roberto Colaninno, il debito di Olivetti non era stato ribaltato in Telecom per una precisa strategia finanziaria dello stesso Colaninno. Alla fine del 2001 l'indebitamento del sistema Olivetti-Telecom, fatto da Colaninno per finanziare la scalata del 1999, è comunque di 38 miliardi.[7]

Per le cariche che abbandonava nell'Olivetti Colaninno fu liquidato con una buonuscita di 17 milioni e mezzo di euro oltre a un prezzo molto alto per le sue azioni Olivetti che, come lui stesso ammise, lo ha reso "molto ricco".[8] Come buonuscita per le cariche ricoperte in Telecom Italia, decise, dopo che il nuovo vertice di Telecom Italia non gliela pagò, di rivalersi sui suoi soci bresciani che avevano trattato la vendita del pacchetto di controllo della Olivetti alla Pirelli ottenendo con una transazione altri 10 milioni di euro.[8]

Piaggio[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2002 Colaninno acquista IMMSI (nata dallo scorporo degli immobili della Sirti, società della galassia Telecom operante nel settore delle reti telefoniche), società operante nel settore immobiliare, trasformata da Colaninno in una Holding di Partecipazioni Industriali e quotata in Borsa. Nel 2003 attraverso IMMSI acquista Piaggio con un'operazione di leveraged buyout. La società ha già subito un leveraged buyout nel 1999, quando è stata rilevata dalla Morgan Granfell, banca d'affari che fa capo alla Deutsche Bank. Si trova quindi con un indebitamento di 557 milioni di euro.[9] Così nel 2006 Colaninno la porta in Borsa.

La sua ultima carica è stata quella di presidente di IMMSI e di Piaggio, che oggi è il più grande produttore europeo e il quarto mondiale di veicoli a 2 e a 3 ruote, e che si sta espandendo nei mercati dell'Asia (dall'India al Vietnam) e del Sudamerica. Il Gruppo Piaggio opera con diversi marchi, oltre al proprio: Vespa, Gilera, Scarabeo, Aprilia, Moto Guzzi, Derbi, Ape, Piaggio Veicoli Commerciali.

Al gruppo IMMSI fa capo anche la società di cantieristica navale Intermarine di Sarzana (cedutagli dal gruppo Montedison nel 2003) che dal 31 dicembre 2012 ha incorporato la Rodriquez Cantieri Navali di Messina. L'Intermarine ad agosto 2009, quando operava quasi prevalentemente nel settore militare, si è aggiudicata un contratto del valore di 198,7 milioni di euro per l'ammodernamento di otto cacciamine della Marina Militare Italiana, classe "Gaeta". Il contratto prevede la realizzazione e l'installazione di nuovi apparati del sistema di combattimento delle unità navali, costruite dalla stessa Intermarine e consegnati alla marina tra il 1992 e il 1996. L'azienda nel precedente mese di giugno ha varato anche un altro cacciamine da 52,5 metri per la Marina finlandese e ha costruito decine di guardacoste e vedette per la Guardia di Finanza.[10]

CAI[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2008 viene costituita, in seguito a una iniziativa di Silvio Berlusconi,[11] una "NewCo", la CAI - Compagnia Aerea Italiana, una società-veicolo che intende acquisire l'Alitalia dal bilancio in rosso ma solo dopo aver provocato il fallimento pilotato della compagnia di bandiera pubblica. La società, presieduta dallo stesso Colaninno e formata, con la regia di Intesa Sanpaolo guidata all'epoca da Corrado Passera, da una ventina di imprenditori definiti "patrioti" da Berlusconi,[12] riesce, dopo estenuanti trattative, a raggiungere un accordo con i sindacati confederali (CGIL, CISL, UIL e UGL) il 25 settembre 2008 e quindi il 12 dicembre 2008 firma con il commissario straordinario Augusto Fantozzi l'atto di acquisto di Alitalia. Addossando alla collettività (contribuenti, piccoli azionisti, creditori della vecchia compagnia) un costo che l'economista Tito Boeri ha calcolato di 4 miliardi di euro.[13]

Negli anni i conti non migliorano. Dal 2015 altro cambiamento: la CAI - Compagnia Aerea Italiana attraverso la sussidiaria MidCo S.p.A. è azionista al 51% della nuova Alitalia con il 49% in mano a Etihad Airways.

Procedimenti penali[modifica | modifica wikitesto]

Condannato a 4 anni e 1 mese di reclusione per bancarotta nel crac Italcase-Bagaglino nel dicembre 2006[14] e interdetto dai pubblici uffici per 5 anni[15], è assolto in appello nel maggio 2009.[16] Rispetto ai due capi di imputazione che gli erano stati contestati, i magistrati hanno accertato che in un caso il fatto non sussisteva e nell'altro caso che Colaninno non aveva commesso il fatto. Dal casellario giudiziario non risulta più nessuna iscrizione a suo carico.

Il 5 ottobre 2015 viene rinviato a giudizio insieme con altre 16 persone tra cui Corrado Passera e Carlo De Benedetti in riguardo alle indagini per le morti d'amianto della Olivetti;[17] il 18 luglio 2016 è l'unico a essere assolto.[18]

La finanza creativa[modifica | modifica wikitesto]

Sul libro La paga dei padroni[19] vengono spiegati i meccanismi attraverso i quali Roberto Colaninno, coadiuvato da Rocco Sabelli, abbia potuto realizzare alcune scalate, citando l'acquisizione della Telecom Italia e quella della Piaggio. Gli autori scrivono che nella maggior parte dei casi i capitali utilizzati per l'acquisizione delle società vengono scaricati sulle aziende stesse sotto forma di debiti, aziende che si trovano a ripartire con uno "zaino" pesante. Non si ferma solo a questo ma spiega anche come i compensi dei manager derivino da speculazioni azionarie a danno dei risparmiatori che investono su queste nuove società non appena esse vengono quotate in Borsa. Le azioni vengono poste sul mercato a prezzi gonfiati, i manager realizzano i propri guadagni vendendo le azioni che si sono assegnati, poi le azioni scendono al loro reale valore di mercato e gli unici a rimetterci sono gli investitori e i piccoli risparmiatori[20]. Non risulta peraltro che Colaninno abbia mai posseduto stock option né di IMMSI né del Gruppo Piaggio.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere del lavoro - nastrino per uniforme ordinaria
Laurea honoris causa in Economia e Commercio - nastrino per uniforme ordinaria
Laurea honoris causa in Economia e Commercio

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ È morto Roberto Colaninno, su ansa.it, 19 agosto 2023. URL consultato il 19 agosto 2023.
  2. ^ A Roberto Colaninno il premio "Pugliesi nel mondo", su acquavivalive.it, 17 ottobre 2008. URL consultato il 5 giugno 2016.
  3. ^ Rinadlo Gianola, Senza fabbrica, Milano, Baldini&Castoldi, 1993, p. 149.
  4. ^ Gianni Dragoni, Capitani coraggiosi, Milano, Chiarelettere, 2011, p. 109.
  5. ^ Giuseppe Oddo, Giovanni Pons, L'affare Telecom, Milano, Sperling&Kupfer, 2002, p. 341.
  6. ^ Giuseppe Oddo, Giovanni Pons, L'affare Telecom, op.cit., p. 342.
  7. ^ Gianni Dragoni, Giorgio Meletti, La paga dei padroni, Milano, Chiarelettere, 2008, p. 41.
  8. ^ a b Gianni Dragoni, Giorgio Meletti, La paga dei padroni, op.cit., p. 37.
  9. ^ http://www.borsaitaliana.it/bitApp/view.bit?lang=it&target=StudiDownloadFree&filename=pdf%2F51935.pdf
  10. ^ Il Sole 24 Ore, 6 agosto 2009.
  11. ^ "La mossa di Berlusconi: 'Una cordata italiana'" in La Stampa, 20 marzo 2008
  12. ^ Gianni Dragoni, Capitani coraggiosi, op. cit., p.8.
  13. ^ la Repubblica, 2 gennaio 2009.
  14. ^ GERONZI E COLANINNO CONDANNATI PER IL CRAC ITALCASE, 08.12.2006. URL consultato il 03.09.2008.
  15. ^ Crack Italcase, condannati a Brescia banchieri e imprenditori, IlSole24Ore.com, 08.12.2006. URL consultato il 03.09.2008.
  16. ^ Crac Italcase: assolti Geronzi, Colaninno e Marcegaglia, IlSole24Ore.com, 11.05.2009. URL consultato il 02.09.2009.
  17. ^ Amianto alla Olivetti, rinviati a giudizio Carlo De Benedetti, Corrado Passera e Roberto Colaninno - Piemonte, su Agenzia ANSA, 5 ottobre 2015. URL consultato il 19 agosto 2023.
  18. ^ Condannato De Benedetti: 5 anni per il caso Olivetti, su ilGiornale.it, 18 luglio 2016. URL consultato il 19 agosto 2023.
  19. ^ Gianni Dragoni, Giorgio Meletti, La paga dei padroni, op.cit. pp. 226 e 229.
  20. ^ Alitalia: la cordata italiana adesso c'è: ecco i 16 nomi, IlSole24Ore.com, 26.08.2008. URL consultato il 27.08.2008.
  21. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Guido Oddo, Giovanni Pons, L'affare Telecom, Milano, Sperling&Kupfer, 2002. ISBN 88-200-3285-6.
  • Roberto Colaninno, Rinaldo Gianola, Primo tempo. Olivetti, Telecom, Piaggio: una storia privata di 10 anni di capitalismo italiano, Milano, Rizzoli, 2006.
  • Gianni Dragoni, Giorgio Meletti, La paga dei padroni, Milano, Chiarelettere, 2008. ISBN 978-88-6190-057-8.
  • Gianni Dragoni, Capitani coraggiosi, Milano, Chiarelettere, 2011. ISBN 88-6190-084-4.

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