Obsolescenza programmata

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iPod della Apple. L'azienda statunitense è stata accusata nel 2003 di vendere iPod con una batteria progettata per durare pochi mesi. Il processo è terminato con un accordo tra le parti.

L'obsolescenza programmata o pianificata in economia industriale è una strategia volta a definire il ciclo vitale di un prodotto in modo da limitarne la durata a un periodo prefissato. Dopo un certo periodo di tempo, il prodotto diventa inservibile oppure obsoleto in confronto ai nuovi modelli che appaiono più performanti, sebbene siano poco o per nulla migliori dal punto di vista funzionale. Nel caso in cui l'accorgimento adottato per rendere obsoleto un prodotto prima del tempo sia la pubblicità si può parlare di obsolescenza percepita[1] o simbolica[2].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Ending the depression through planned obsolescence di Bernard London, 1932

Secondo alcuni osservatori, già nel 1924 il Cartello Phoebus, lobby dei principali produttori occidentali di lampadine, portò una standardizzazione nella produzione delle lampadine a incandescenza in commercio, al fine di limitarne la vita a circa 1.000 ore di esercizio (in compenso, una durata di 1000 ore offre un'efficienza nettamente superiore rispetto alle lampadine con durata superiore)[3][4][5].

Il termine «obsolescenza pianificata» è comparso per la prima volta in letteratura nel 1932, anno in cui il mediatore immobiliare Bernard London propose che fosse imposta alle imprese per legge, così da poter risollevare i consumi negli Stati Uniti durante la grande depressione[4].

Quando, negli anni trenta, i ricercatori dell'azienda chimica DuPont riuscirono a creare il nylon, una nuova fibra sintetica molto resistente, questa fu utilizzata per creare calze da donna che si smagliavano molto più difficilmente di quelle esistenti. Poiché la durabilità delle calze era eccessiva e dannosa per gli affari, la DuPont incaricò i propri tecnici di indebolire la fibra stessa che avevano creato[5][6].

Più tardi il designer statunitense Brooks Stevens reinterpretò il concetto di obsolescenza pianificata dandogli una nuova definizione: «l'instillare nell'acquirente il desiderio di comprare qualcosa di appena un po' più nuovo e un po' prima di quanto sia necessario»[7]. Piuttosto che creare manufatti poveri che sarebbero stati sostituiti in breve tempo, l'idea di Stevens era di progettare prodotti sempre nuovi che utilizzassero le moderne tecnologie e generassero nuovi gusti e necessità. Stevens ha, poi, sempre dichiarato di non considerare l'obsolescenza programmata come una sistematica produzione di rifiuti: egli supponeva, invece, che i prodotti sarebbero finiti nel mercato di seconda mano, dove sarebbero potuti essere acquistati da persone con un potere di acquisto inferiore[8].

Modalità e scopi[modifica | modifica wikitesto]

I metodi più conosciuti con cui viene attivato il processo sono l'utilizzo di materiali di qualità inferiore o componenti facilmente deteriorabili o, talvolta, l'utilizzo di sistemi elettronici creati appositamente. I prodotti si guastano una volta scaduto l'eventuale periodo di garanzia e sono generalmente realizzati in modo che i costi di riparazione risultino superiori a quelli di acquisto di un nuovo modello. Questi accorgimenti progettuali e produttivi sono supportati anche da campagne pubblicitarie volte a proporre e valorizzare nuovi modelli, non necessariamente più sviluppati funzionalmente, ma con elaborate differenze sul piano dell'apparenza, al fine di invogliare il consumatore a sostituire il prodotto vecchio con uno nuovo[9][10].

L'obsolescenza pianificata ha dei benefici esclusivamente per il produttore perché, per ottenere un uso continuativo del prodotto, il consumatore è obbligato ad acquistarne uno nuovo e a gettare via quello ormai antiquato, o guasto, non convenientemente riparabile[11][12].

Critiche[modifica | modifica wikitesto]

Il fenomeno è stato spesso oggetto di critiche, anche se in toni variabili.

Nel cinema degli anni cinquanta compaiono delle critiche all'obsolescenza pianificata. Nella commedia Lo scandalo del vestito bianco, il protagonista è uno scienziato che crea uno straordinario tessuto, indistruttibile e impossibile da sporcare, però gli industriali per cui lavora gli si oppongono e cercano di costringerlo a distruggere la fibra, perché i vestiti impossibili da sciupare avrebbero verosimilmente determinato il crollo dell'industria tessile[13]. Nello stesso anno esce nelle sale il film Morte di un commesso viaggiatore, tratto dall'omonima opera teatrale di Arthur Miller. Nel film Fredric March, nel ruolo del protagonista, ha occasione di affermare furioso[5]:

«Per una volta vorrei possedere qualcosa interamente prima che si rompa. Faccio sempre a gara con lo sfasciacarrozze, finisco di pagare l'auto ed è già agli ultimi colpi! Il frigorifero consuma le cinghie come un dannato maniaco! Queste cose le programmano: quando hai finito di pagarle sono già consumate!»

L'obsolescenza pianificata è stata criticata sia per l'incentivazione di un surplus di rifiuti, che per l'enorme e non sostenibile spreco delle risorse derivante dalla diffusa applicazione di queste politiche e per il fatto di creare artificialmente dei bisogni da parte del consumatore. Serge Latouche, il noto economista e filosofo francese, ha definito l'obsolescenza pianificata uno dei tre «pilastri che sostengono la società dei consumi» insieme a pubblicità e credito[14]. Latouche, sostenitore della decrescita felice, afferma quindi che l'obsolescenza programmata sia un espediente deplorabile per aumentare infinitamente i consumi e, con essi, la crescita fine a sé stessa, nociva sia per l'uomo sia per la Terra[6].

Soprattutto nel caso di prodotti elettronici, l'eccesso di rifiuti causato dall'obsolescenza pianificata, particolarmente difficili da smaltire, si risolve con l'esportazione di grandi quantità di rifiuti tossici dai paesi sviluppati in Africa, mascherati come prodotti di seconda mano[5][15]. Molti movimenti ecologisti internazionali avversano l'obsolescenza pianificata in particolare per il problema che comporta per la sostenibilità dell'economia. Nel marzo 2013 un gruppo di senatori ecologisti francesi ha, infatti, proposto di vietarla per legge[16][17][18]. Una soluzione è stata cercata anche nei cosiddetti repair café, locali dove si può cercare aiuto per la riparazione artigianale di oggetti di consumo guasti[19].

La compagnia statunitense Apple venne per esempio citata in giudizio nel 2003 con una class action, a causa della durata delle batterie dell'iPod, che secondo l'accusa erano volutamente programmate con una breve vita così da costringere il consumatore a comprare un nuovo modello di iPod dopo un limitato periodo di uso, stimato intorno ai 18 mesi. Inoltre l'Azienda in origine non offriva sul mercato le batterie di ricambio[20][21][22]. La Apple ha accettato di offrire rimborsi ai clienti che riscontravano batterie difettose e anche di pagare le spese legali dei denunciatari, senza tuttavia ammettere responsabilità di reato[23].

Secondo Paul Lafargue,

«tutti i nostri prodotti sono adulterati per facilitarne il logoramento e abbreviarne l’esistenza. La nostra epoca sarà chiamata l'età della falsificazione, proprio come le prime epoche dell’umanità sono state chiamate età della pietra, età del bronzo, dal carattere della loro produzione. C’è chi accusa di frode i nostri pii industriali, quando in realtà l’intento che li anima è di dare lavoro agli operai, che non sanno rassegnarsi a vivere con le braccia incrociate. Queste falsificazioni, che hanno come unico movente un sentimento umanitario ma procurano superbi profitti agli imprenditori che le praticano, se sono disastrose per la qualità delle merci, se sono una fonte inesauribile di spreco del lavoro umano, testimoniano la filantropica ingegnosità dei borghesi e l’orribile perversione degli operai che, per appagare il loro vizio del lavoro, obbligano gli industriali a soffocare le proteste della loro coscienza e perfino a violare le leggi dell’onestà commerciale.»

D'altro canto, Werner Scholz, direttore dell'associazione tedesca dei costruttori di elettrodomestici, ha espresso dubbi sulla lungimiranza dell'obsolescenza pianificata come politica aziendale, dato che, dopo aver comprato un prodotto scadente, il cliente probabilmente acquisterà da un altro produttore[24]. Di qui la necessità, per il produttore, di raggiungere accordi segreti con altre aziende come nel caso del cartello Phoebus.

Esempi recenti[modifica | modifica wikitesto]

2003 Apple: iPod di seconda generazione con batterie fatte per durare pochi mesi.[25]

2003 Epson: cartucce mezze piene date per vuote, l'utente era obbligato a comprare cartucce vergini originali.[26]

2018 HP: tramite un aggiornamento firmware, tutti i computer aventi una batteria con efficienza scesa sotto il 50% visualizzano una fastidiosa schermata nera a ogni riavvio. L'unico modo che ha l'utente per non essere più infastidito è quello di sostituire, rigorosamente a proprie spese e spesso con l'obbligo di metter mano sulla scheda madre, la batteria con una originale vergine (spesso fuori produzione), invitando quindi il consumatore a smaltire il vecchio computer ancora funzionante per ricomprarne uno allo stesso prezzo e con prestazioni simili (vedasi legge di Moore). I più recenti computer della serie Pavilion, non avendo una batteria a bottone dedicata al CMOS, non possono funzionare senza batteria al litio.[27][28]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Filmato audio Annie Leonard, La storia delle cose, su YouTube, Free Range Studios, a 12 min 41 s. URL consultato il 2 maggio 2013.
  2. ^ Latoucheprefazione.
  3. ^ [1]
  4. ^ a b vedi pag. 238-239 di Calabrò, D'Amico, Lanfranchi, Moschella, Pulejo, Salomone, Moving from the Crisis to Sustainability. Emerging Issues in the International Context, FrancoAngeli, 2012
  5. ^ a b c d Cosima Dannoritzer, La Storia siamo noi: L'obsolescenza programmata, RAI 3, 18 giugno 2012. URL consultato il 19 aprile 2013 (archiviato dall'url originale il 29 ottobre 2013).
  6. ^ a b Micol De Pas, Serge Latouche, "Usa e getta": anatomia delle cose guaste, 27 marzo 2013. URL consultato il 2 maggio 2013 (archiviato dall'url originale l'11 aprile 2013).
  7. ^ (EN) Brooks Stevens Biography, su mam.org, Milwaukee Art Museum. URL consultato il 23 aprile 2013.
  8. ^ (EN) Lesson 4, su mam.org, Milwaukee Art Museum. URL consultato il 23 aprile 2013.
  9. ^ Laura Pavesi, Obsolescenza programmata. Se gli elettrodomestici sono progettati per rompersi, in il Cambiamento, 26 marzo 2013. URL consultato il 25 aprile 2013.
  10. ^ Obsolescenza programmata, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 27 aprile 2013.
  11. ^ Computer Electronics : Blu-Ray, su computerinfoweb.com, 2008 (archiviato dall'url originale il 1º novembre 2007).
  12. ^ Planned obsolescence, The Economist, 23 marzo 2009.
  13. ^ Matteo Merzagora, Scienza da vedere, Alpha Test, 2006, pp. 264, 265. URL consultato il 23 aprile 2013.
  14. ^ Elisa Russo, Obsolescenza programmata, beni progettati per “scadere”, su magazine.liquida.it, Liquida Magazine, 3 gennaio 2011 (archiviato dall'url originale il 10 luglio 2013).
  15. ^ Fabrizio Buratto, Latouche contro "l'usa e getta": una truffa per i consumatori, in Il sole 24 ore, 11 aprile 2013. URL consultato il 25 aprile 2013.
  16. ^ Aldo Ferretti, Vietare per legge l'obsolescenza programmata? In Francia ci stanno provando, greenreport.it, 25 marzo 2013. URL consultato il 25 marzo 2013.
  17. ^ Article L213-1, su legifrance.gouv.fr, Parlamento Francese. URL consultato il 22 ottobre 2014.
  18. ^ Pino Bruno, Obsolescenza programmata punita con la reclusione?, 30 settembre 2014. URL consultato il 22 ottobre 2014.
  19. ^ Pino Bruno, L'obsolescenza programmata si batte con i Repair Café, 4 luglio 2013. URL consultato il 19 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 7 luglio 2013).
  20. ^ Il piccolo segreto dell'iPod, su punto-informatico.it, Punto Informatico, 12 febbraio 2004. URL consultato il 28 aprile 2013.
  21. ^ golem
  22. ^ diedenker
  23. ^ (EN) A.A.V.V., Judge approves settlement in iPod class action suit, in Apple Insider, 26 agosto 2005. URL consultato il 23 luglio 2013.
  24. ^ Ilaria Orrù, Elettrodomestici, se riparare costa più che cambiare, in Wired, 21 marzo 2013. URL consultato il 26 aprile 2013.
  25. ^ iPod's Dirty Secret, su youtube.com.
  26. ^ A class action lawsuit has been filed against Epson America Inc., su topclassactions.com.
  27. ^ Petition against 60x HP BIOS boot error, su chng.it.
  28. ^ Error 605, su support.hp.com.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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