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Sempre meno televisori: lo show è online

Sempre meno televisori: lo show è online
(ap)
Dal 2010, anno del passaggio al digitale, gli schermi acquistati dagli italiani sono diminuiti di tre milioni. Effetto della crisi ma soprattutto dei nuovi modi di guardare film, serie e sport
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ROMA - La televisione si è trasformata, adeguandosi ai tempi, restando l'unico simbolo del '900 ancora in vita. Ma il suo regno traballa: il televisore, centro del salotto e delle serate familiari, perde colpi. Perché l'oggetto del desiderio di generazioni di italiani non è più così desiderato: se ne vendono sempre meno. E negli ultimi quattro anni il crollo è certificato dai dati.

Basta scorrere i numeri di Anitec, la sezione di Confindustria che si occupa di elettrodomestici. Il 2010 è l'anno dello switch-off, il passaggio al digitale: si vendono 7,2 milioni di televisori. Nel 2011 si scende a quota a 6,3 milioni. E le previsioni per il 2014 parlano di 4,6 milioni, nonostante l'effetto Mondiali di calcio. Insomma in quattro anni un crollo di 2,6 milioni di televisori su base annua. E tutto questo ha un corrispettivo in denaro: si passa dai 2,4 miliardi di spesa del 2011 all'1,6 stimato per l'anno in corso.

Il futuro è zero tv, come preconizzano gli apocalittici? Certamente no, di televisione se ne consuma tantissima, anche più che in passato, ma i modi del consumo sono cambiati, gli schermi si sono moltiplicati, Internet è diventato un canale non secondario, i contenuti viaggiano sempre più sugli schermi di pc, tablet e smartphone e l'alta definizione chiede televisori più grandi e costosi. "La diminuzione è fisiologica ed è dovuta allo switch off. I consumatori hanno cambiato tutto il loro "parco macchine" e ora i numeri stanno ritornando alla normalità", dice Claudio Lamperti, vicepresidente Anitec.

"C'è meno interesse per i piccoli schermi", dice Paolo Locatelli, consumer electronic director di Lg Italia. "I consumatori si rivolgono verso le grandi tv: grazie alle nuove tecnologie, dall'ultra Hd agli schermi Oled, l'incremento delle vendite è costante: il 50% su base annua". La tv "smart" cresce, rappresenta la soluzione per un settore in affanno ma è comunque ancora lontana dal mettere solide radici. Il calo delle vendite è un fenomeno generalizzato: anche in Inghilterra nell'ultimo anno il segno è negativo, quantificato in 500mila dispositivi venduti in meno.

Ma c'è una caratteristica tutta italiana: l'erosione dei prezzi al consumo. Nei paesi europei economicamente più forti il prezzo medio che i consumatori sono disposti a spendere per un televisore è di 500 euro. In Spagna si arriva a 400. In Italia siamo a 350 euro. Meno guadagni per produttori e rivenditori, più possibilità che le multinazionali che dominano il mercato decidano di spostarsi e delocalizzare le filiali italiane. In ogni caso il televisore sembra poter avere nuova vita solo se celebrerà definitivamente le nozze con la rete, spingendoci sempre più verso un consumo solitario. Addio al televisore come "caminetto" moderno davanti al quale si radunano la sera la famiglia e gli amici.

L'INTERVISTA A PAOLO LOCATELLI
 
Innovare. Sempre. Paolo Locatelli è Consumer Electronic Director di Lg, uno dei giganti del mercato. E invita a all’ottimismo: “Il futuro non ci spaventa. Anzi…”
Locatelli, definire questi dati negativi è dir poco…
Sì, la crisi c’è. Ma riguarda i “piccoli schermi”. Lo switch off ha gonfiato le vendite. Per le “grandi televisioni” assistiamo a un incremento costante: il 50% in più su base annua.  
Una bolla televisiva…
Infatti: e ora siamo in una fase in cui la bolla dei “piccoli pollici” si sta sgonfiando. Ma il mercato è tutt’altro che depresso. Per le “grandi televisioni” assistiamo a un incremento costante: il 50% in più su base annua.  
Quindi c’è da essere ottimisti?
La grande Tv intesa come oggetto allo stesso tempo di design e di arredamento non da’ preoccupazioni. Nei prossimi anni questo trend si rafforzerà perché le innovazioni sono tante: l’ultra Hd, gli schermi curvi e la nuova tecnologia Oled ci consentono di essere ottimisti.
In genere si tende a legare il crollo di vendite con l’emersione di un nuovi supporti in grado di visualizzare “contenuti televisivi”. Dai tablet in giù…
Di sicuro è una tendenza che esiste: i nuovi modi di fruizione determinano un calo delle vendite. Ma sempre relative ai piccoli schermi. E se a questo si aggiunge l’effetto “bolla sgonfiata”, ecco spiegate le ragioni del calo.

L'INTERVISTA A CLAUDIO LAMPERTI
 
Il futuro è a Tv Zero? I dati che la Anitec, sezione di Confindustia, ha fornito a Repubblica sulle vendite di televisori sembrano indicare questa direzione. Ne parliamo con Claudio Lamperti, Vice Presidente dell’associazione.
Lamperti, c’è da preoccuparsi per il futuro della Tv?
La diminuzione è abbastanza fisiologica ed è dovuta allo switch off. Abbiamo forzato i consumatori ed ora i numeri stanno ritornando al loro alveo naturale: anche con il tubo catodico i pezzi venduti ogni anni erano intorno ai quattro milioni. La preoccupazione più grande è che quello di oggi è un mercato meno solido.
In che senso?
Abbiamo dispositivi che non hanno nulla a che fare con il vecchio televisore e cha hanno bisogno di un tasso di sostituzione molto avanzato. Ma la cosa più grave è l’erosione dei pezzi: in Italia il prezzo medio d’acquisto è di 350 euro. In Europa si aggira sui 500 euro, in Spagna 400. Noi non riusciamo a comunicare che stiamo vendendo dispositivi diversi e non semplici televisori.
Meno valore, meno guadagni. Questa dinamica su chi ricade?
Sulle spalle dei lavoratori. I produttori se restano in Italia lo fanno diminuendo i posti di lavoro. Oppure lasciano direttamente il Paese: penso a Hitachi o a case italiane come la Mivar che sono scomparse.
Come se ne esce?
I produttori stanno facendo del proprio meglio: l’innovazione e la ricerca sono ai massimi livelli e le novità arrivano in continuazione. Stiamo percorrendo tutte le frontiere che conosciamo. Dobbiamo comunicare meglio che ormai non vendiamo più “solo un televisore” ma un dispositivo in grado di integrare tutti gli aspetti della nostra voglia di intrattenimento.