Patente sospesa al giovane gayCassazione: deve avere molti più soldi

diRedazione online

Il ragazzo si era dichiarato omosessuale alla visita di leva e i sanitari dell’ospedale militare avevano chiesto alla Motorizzazione di sospendergli la patente di guida. La Corte d’appello gli aveva riconosciuto solo 20 mila euro. Per la Cassazione troppo poco

Danilo Giuffrida, oggi trentaquattrenne

Danilo Giuffrida, oggi trentaquattrenne

CATANIA - C’è stato «un vero e proprio comportamento omofobico» oltre che «intollerabilmente reiterato» da parte della pubblica amministrazione nella vicenda della patente sospesa a un giovane che si era dichiarato gay alla visita di leva. Per questo la Cassazione ha disposto che il giovane discriminato riceva un congruo risarcimento.
Con la sentenza 1126 la Terza sezione civile ha accolto il ricorso di Danilo Giuffrida, 34enne catanese vittima di un «vero e proprio comportamento di omofobia», come ha sancito piazza Cavour disponendo un nuovo giudizio davanti alla Corte d’appello di Palermo che dovrà riquantificare, al rialzo, il risarcimento di 20 mila euro accordatogli in appello per la violazione della privacy e per la discriminazione sessuale.

I fatti

Danilo, alla visita di leva nel 2001 dichiarò la sua omosessualità all’ospedale militare di Augusta. Circostanza che venne trasmessa alla Motorizzazione che dispose un «nuovo esame di idoneità psico-fisica» sulla base del fatto che il giovane gay non avrebbe avuto i «requisiti psicofici» per poter guidare. Patente sospesa.

La battaglia legale

Giuffrida si rivolse così all’avvocato Giuseppe Lipera che iniziò la battaglia giudiziaria. Il Tar di Catania sospese il provvedimento, sostenendo che l’omosessualità «non può considerarsi una malattia psichica» e restituì l’idoneità di guida. Giuffrida presentò anche domanda di risarcimento danni ai ministeri della Difesa e dei Trasporti, ottenendo, in primo grado, un risarcimento di 100 mila euro. Troppi soldi a detta della Corte d’appello di Catania che, il 12 dicembre 2010, ridusse la somma a 20 mila euro. Oggi la Suprema Corte ha disposto un nuovo processo d’appello, sostenendo che 20 mila euro sono troppo pochi per una vittima di omofobia.

La strigliata

Nel riaprire il caso affinché la vittima ottenga un equo risarcimento e non una «miseria» rispetto a quanto patito, la Cassazione bacchetta la decisione d'appello. «Nonostante il malaccorto tentativo della Corte territoriale di edulcorare la gravità del fatto, riconducendola ad aspetti endo-amministrativi», è innegabile - scrive la Suprema Corte - che «la parte lese sia stata vittima di un vero e proprio (oltre che reiterato) comportamento di omofobia». È quindi certa «la gravità dell'offesa», fatto rilevante per la quantificazione del danno.

Danilo: è la vittoria della giustizia

«È la vittoria della giustizia, nella quale ho sempre creduto. Ma non è la mia personale, ma di tutta la comunità: sarebbe potuto accadere a chiunque». Così, con l'Ansa, Danilo commenta la decisione che apprende al telefono dal cronista: «Ma è vero? Non ci posso credere...», sono le sue prime parole, rotte da un singhiozzo di commozione». Da 15 anni vive con lo stesso compagno, ma «all'inizio è stata dura», afferma. «Sono stato fortunato - sottolinea - perché ho una famiglia eccezionale, che mi vuole bene e mi ha sempre difeso». Al di là dell' esito, «non è pentito» dall' aver intrapreso l'azione legale: «La mia - spiega - è una battaglia per la libertà e la democrazia, e non contro alcuno, ma contro i pregiudizi. Per questo sono contento di avere fatto ricorso, tanto che lo rifarei ancora...».

L’Arcigay

«Una sentenza importantissima, che sottolinea la gravità dell’offesa omofobica riportandola al senso della nostra Carta costituzionale»: Flavio Romani, presidente di Arcigay, commenta soddisfatto. «A chi voleva raccontare quella grave discriminazione come un incidente amministrativo - dice Romani - oggi la Suprema Corte invia una risposta inequivocabile: la dignità delle persone è inviolabile ed è dovere della nostra Repubblica tutelarla. L’omofobia, di conseguenza, non ha cittadinanza nella nostra Costituzione e merita sanzioni esemplari. Rispetto a questo punto fermo il Parlamento italiano è del tutto latitante: lo dimostra non solo lo stallo sterile in cui giace il testo di legge contro l’omotransfobia ma anche il dibattito vergognoso che alla Camera dei deputati portò all’approvazione di quel testo».

22 gennaio 2015 2015 ( modifica il 23 gennaio 2015 2015 | 09:27)