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2016/08/19

L’NSA si lascia sfuggire armi informatiche segrete. Ora sono pubbliche

L’articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento 2016/08/19 18:00. 

Non avrei mai pensato di poter dire di avere tra le mani una chiavetta USB contenente software segreto dell’NSA che consente di attaccare e scavalcare le difese di milioni di siti Internet, ma è successo. Ce l’ho qui, e come me ce l’hanno tanti altri informatici in tutto il mondo, perché il software è liberamente scaricabile, a patto di sapere dove trovarlo e come fare per spacchettarlo (non è difficile).

Il software NSA è stato raccolto e messo in circolazione pochi giorni fa da un’organizzazione che si fa chiamare Shadow Brokers (il nome è una citazione del videogioco Mass Effect). È diviso in due blocchi: una parte accessibile (un file compresso protetto con una password fornita insieme al file stesso), che contiene un campionario dimostrativo di strumenti d’intrusione usati dall’NSA, e una parte non ancora accessibile (fornita senza password), che a detta degli Shadow Brokers contiene strumenti NSA ancora più potenti ed è stata messa all’asta su Internet: la password verrà consegnata al miglior offerente. Pagamento in bitcoin.


Cosa c’è nel software pubblicato. Nella parte accessibile della vasta collezione di grimaldelli informatici ci sono istruzioni, script e file binari (catalogati in parte qui su Musalbas.com), concepiti principalmente per attaccare i vari firewall hardware fabbricati da aziende importantissime come Cisco, Fortinet e Juniper, scavalcarne le difese, prenderne il controllo e accedere ai server teoricamente protetti da questi firewall.

In pratica questi strumenti consentono a chi li usa di entrare impunemente e invisibilmente in un numero incalcolabile di siti Web e di computer di aziende, pubbliche amministrazioni e governi.


Non è una finta. Alcuni dei nomi degli strumenti resi pubblici compaiono nella documentazione NSA pubblicata da Edward Snowden (che ha ulteriormente confermato l’origine del materiale, anche con riscontri rispetto a documenti NSA inediti), e Cisco ha confermato che EXTRABACON, un componente del software pubblicato, contiene istruzioni per sfruttare una falla estremamente grave in tutte le versioni del suo prodotto Adaptive Security Appliance, che consente di sorvegliare tutto il traffico della rete difesa (sempre teoricamente) da questo prodotto.

La falla consente di accedere alla gestione del firewall senza conoscere né il nome utente né la password di amministrazione del dispositivo. Un disastro, insomma: e questo è solo uno degli strumenti d’attacco dell’NSA ora resi pubblici.


Chi è stato? L’identità degli Shadow Brokers che hanno realizzato questa rivelazione clamorosa è ignota: c’è chi teorizza che si tratti dei servizi di sicurezza informatica russi e chi pensa che ci sia di mezzo una persona all’interno dell’NSA. In entrambi i casi non ci sono prove certe, ma solo indizi e congetture.


Conseguenze a breve termine. Cisco sta già tentando di rimediare tramite aggiornamenti e avvertenze, e Fortinet sta facendo lo stesso, ma ormai il danno è fatto: i prodotti di sicurezza più diffusi delle più grandi aziende del settore sono risultati vulnerabili a vari attacchi finora segreti (e, fra l’altro, abbastanza banali una volta scoperti). Chi si fiderà più? Oltretutto la notizia di queste vulnerabilità arriva proprio nel momento in cui Cisco annuncia ricavi e profitti superiori alle attese ma anche una massiccia ristrutturazione che comporterà una riduzione del personale molto importante (fino al 7% su scala mondiale).

Le società che offrono sicurezza informatica stanno studiando avidamente questo software dell’NSA per includere nei propri prodotti la capacità di riconoscerlo e bloccarlo (alcuni prodotti già lo fanno). Possiamo quindi aspettarci una raffica di aggiornamenti di sicurezza a tutto campo, e soprattutto possiamo aspettarci le grida di dolore degli informatici e dei dirigenti delle aziende e dei governi quando si accorgeranno di essere stati bucati da parte a parte dall’NSA per anni, lasciandosi sfuggire i segreti interni e quelli dei clienti e dei cittadini.

Lo studio di questo tesoro d’informazioni segrete andrà avanti a lungo: chissà quali altre sorprese emergeranno. Già ora, a pochi giorni dalla pubblicazione, sono stati scoperti numeri di serie di specifici apparati Cisco e indirizzi IP di siti governativi cinesi.


Strategie da ripensare. La questione più spinosa, però, è che le falle dei prodotti di sicurezza Juniper, Fortinet e Cisco erano note da anni (almeno dal 2013) all’NSA, che invece di segnalarle a queste aziende le ha tenute per sé. In altre parole, i servizi di sicurezza americani hanno volutamente lasciato falle gravissime nei prodotti fabbricati da aziende di sicurezza informatica americane e utilizzati da amministrazioni, ospedali, aziende civili e militari americane. Il risultato è che chiunque altro abbia scoperto la stessa falla e se l’è tenuta per sé come ha fatto l’NSA – per esempio un governo o un gruppo di criminali – ha avuto la stessa possibilità di accedere, invisibilmente, a tutte le aziende e amministrazioni pubbliche (americane o di altri paesi) che usano i firewall vulnerabili.

Se l’NSA avesse invece informato le case produttrici delle proprie scoperte, consentendo di correggere le falle, avrebbe aumentato la sicurezza di tutte le aziende e di tutti gli enti statunitensi al prezzo di perdere qualche appiglio nelle proprie attività di sorveglianza e di aumentare anche la sicurezza degli altri paesi (sia quelli che considera formalmente alleati, sia quelli che considera rivali). Questa scelta verrà probabilmente messa in discussione per capire se è davvero conveniente, soprattutto adesso che è diventata di pubblico dominio.


Epic fail. L’NSA, ovviamente, ha rimediato una figuraccia, facendosi sfuggire un arsenale di armi digitali che ora saranno inutilizzabili (verranno riconosciute dai prodotti di sicurezza informatica aggiornati) e dimostrando di essere tutt’altro che infallibile. Dopo lo smacco delle rivelazioni di Snowden, uno degli enti governativi più segreti degli Stati Uniti viene messo a nudo con un livello di dettaglio mai visto. Questo incidente è l’equivalente informatico di un laboratorio di armi chimiche o batteriologiche che si dimentica una valigetta di fiale letali in un bar malfamato. Una situazione come questa era impensabile fino a poco tempo fa.


Conseguenze in casa nostra. Se gli americani devono fare i conti con le proprie agenzie top secret che minano la sicurezza nazionale invece di rinforzarla e che non sanno custodire le armi segrete, anche altrove ci sarebbero delle riflessioni importanti da fare. Nei paesi dove si usano o si vogliono introdurre i malware di stato (“virus” da usare per infettare i dispositivi dei sospettati e sorvegliarli), come si appresta a fare per esempio anche la Svizzera (con la nuova legge federale sulle attività informative), è doveroso chiedersi se fabbricare questi virus sperando che restino per sempre soltanto nelle mani delle autorità sia credibile o se sia meglio concentrarsi su altre tecniche d’intercettazione altrettanto efficaci ma meno rischiose.

Se neanche l’NSA è in grado di custodire i propri malware senza farseli rubare, che speranze hanno le agenzie di sicurezza di altri paesi che hanno risorse enormemente inferiori? Il disastro di Hacking Team non ha insegnato niente? E l’idea di mettere dei virus sui dispositivi dei sorvegliati, dove possono essere catturati e studiati facilmente per poi ritorcerli contro i mittenti, è davvero saggia? Non è un po’ come infettare un criminale con una malattia e poi sperare che il contagio non si diffonda per sbaglio anche ai cittadini innocenti?

Per finire, questa vicenda andrebbe ricordata da chi, ogni tanto, pretende che si creino dei passepartout o delle backdoor nelle app di messaggistica o nei dispositivi di telecomunicazione, in modo che gli inquirenti possano sorvegliare facilmente le comunicazioni. Dopo che l’NSA s’è fatta soffiare addirittura i propri strumenti di hacking, sarà difficile affermare seriamente che non c’è pericolo che questi passepartout vengano rubati.




Fonti aggiuntive: TechCrunch, Punto Informatico, Ars Technica.

2016/04/22

Hacking Team, svelata la tecnica d’intrusione

Ricordate Hacking Team, la controversa società italiana di sicurezza informatica che è stata violata circa un anno fa e i cui dati più riservati sono stati pubblicati in Rete? Molti si sono chiesti come sia stata possibile un’intrusione così vasta, soprattutto ai danni di un’azienda informatica che vive appunto di sicurezza. Ora è stato pubblicato su Reddit un racconto che, stando al suo autore, spiega come sono andate le cose.

L’autore usa lo pseudonimo Phineas Phisher e dice di essere stato lui, da solo, con circa cento ore di lavoro, a scardinare tutta la sicurezza di Hacking Team senza mai mettervi piede, smentendo quindi le ipotesi di un complice interno o di un dipendente infedele. Il sito Web dell’azienda era ben protetto e aggiornato, per cui Phineas ha scelto un’altra strada: ha trovato un dispositivo embedded (forse una telecamera) accessibile via Internet il cui software di base (più correttamente il firmware) era difettoso e vulnerabile. L’intruso ha modificato questo software, trasformando il dispositivo in un accesso nascosto persistente (backdoor).

Da questo dispositivo ha iniziato una lenta scansione della rete interna di hacking e ha trovato un’installazione non protetta del database MongoDB. Poi si è accorto che i dispositivi usati da HackingTeam per i propri backup erano accessibili sulla sottorete locale e così li ha configurati in modo da renderli leggibili via Internet.

Nei backup ha trovato le credenziali di amministrazione, e così si è promosso ad amministratore remoto dei computer di HackingTeam. A quel punto aveva in mano le chiavi di tutto. Ha scaricato tutta la posta di HackingTeam e poi si è accorto che Christian Pozzi, uno degli amministratori dell’azienda, teneva tutte le proprie password in un volume cifrato con TrueCrypt. Phineas ha aspettato che Pozzi aprisse il volume e poi ne ha copiato i file. Da lì ha avuto accesso al codice sorgente dei prodotti dell’azienda e l’ha copiato. Infine ha pubblicato in Rete tutto quanto.

Phineas Phisher, ammesso che il suo racconto sia vero (è perlomeno tecnicamente plausibile), ha anche spiegato la motivazione della sua incursione: dimostrare “la bellezza e l’asimmetria dell’hacking: con cento ore di lavoro, una sola persona può disfare anni di lavoro di un’azienda multimilionaria. L’hacking dà al perdente la possibilità di lottare e vincere”, ponendo fine a quelli che Phisher chiama gli “abusi contro i diritti umani” di Hacking Team.



Fonti aggiuntive: Ars Technica.

2015/07/20

Aggiornamento d’emergenza per tutte le versioni di Windows, “merito” di HackingTeam

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2015/07/21 1:50.

La fuga massiccia di dati da HackingTeam continua a rivelare falle gravissime finora pubblicamente sconosciute nei componenti software più diffusi. Dopo una vulnerabilità in Windows, una in Internet Explorer e tre in Adobe Flash scoperte e risolte, stavolta è di nuovo il turno di Windows. Tutte le versioni. Niente panico: c'è già l'aggiornamento, a meno che abbiate Windows Server 2003 o Windows XP, nel qual caso siete e resterete vulnerabili.

La falla è decisamente critica e per esserne colpiti basta ricevere un documento o visitare una pagina Web contenente un font particolare. Sì, non ridete: si possono infettare i computer usando i font. E una volta che l'attacco ha avuto successo, un aggressore può usarlo per prendere il controllo completo del sistema colpito, installare programmi, vedere o modificare o cancellare dati o creare account nuovi. Se vi sembro eccessivamente catastrofico, tenete presente che sto soltanto citando testualmente il bollettino di Microsoft MS15-078.

Per ora Microsoft non ha notizia di attacchi basati su questa falla, ma è soltanto questione di tempo: tipicamente un paio di giorni, a giudicare dagli eventi analoghi più recenti. È già pronto l'aggiornamento d'emergenza, che dovrebbe installarsi automaticamente per la maggior parte degli utenti.

L'aggiornamento, rilasciato poco fa, risolve questa falla per Windows Vista, Windows 7, Windows 8, Windows 8.1, Windows Server 2008, Windows Server 2008 R2, Windows Server 2012, Windows Server 2012 R2, Windows RT e RT 8.1. Non c'è aggiornamento per Windows Server 2003 e per Windows XP, perché non sono più supportati (a meno di contratti speciali con Microsoft).

La falla è stata trovata da Mateusz Jurczyk di Google Project Zero e da Genwei Jiang di FireEye studiando i documenti di HackingTeam, secondo quanto riportato da The Register.

2015/07/14

Flash vecchio bloccato automaticamente in Firefox e Chrome; aggiornatelo

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento ore 16:55.

Se vi trovate con Flash bloccato anche se avete quella che vi sembra essere la versione più recente, è perché la vostra versione (la 18.0.0.203) è stata bloccata automaticamente in Firefox poche ore fa.

Aggiornamento (12:00): sul sito di Adobe è disponibile ora la versione 18.0.0.209 di Flash per i principali sistemi operativi.

Aggiornamento (16:55): La versione 209 è scaricabile anche da questa pagina di Adobe

Se le vostre impostazioni di aggiornamento automatico non hanno ancora reagito, occorre forzarli manualmente scaricando e installando l'aggiornamento. Un fenomeno analogo si sta verificando, stando alle segnalazioni di molti utenti, anche in Google Chrome, che prossimamente introdurrà il “blocco intelligente” degli elementi Flash.

Il primo tipo di blocco è dovuto alle vulnerabilità rivelate dalla fuga di dati da HackingTeam e insieme al secondo è una mazzata per gli inserzionisti pubblicitari che insistono a usare Flash per inserire le pubblicità nei siti e per tutti quelli che hanno costruito siti-vetrina in Flash.

Adobe dice che si sta adoperando per turare le falle del proprio prodotto e che oggi dovrebbe essere pronto un aggiornamento che elimina le vulnerabilità CVE-2015-5122 e 5123, ma dopo oltre una dozzina di aggiornamenti soltanto quest'anno si moltiplicano gli inviti ad abbandonare definitivamente questa tecnologia, sfruttatissima dai criminali informatici anche grazie alla sua onnipresenza.

Già lo aveva fatto Steve Jobs nel 2010; ora uno di questi inviti a mollare Flash viene da Alex Stamos, capo della sicurezza di Facebook, che propone di fissare una data entro la quale tutti i browser bloccheranno Flash. Sembra che quel giorno sia arrivato con un certo anticipo o che questo sia il primo rintocco della campana a morto per questo prodotto colabrodo di Adobe.


Fonti aggiuntive: Ars Technica.

2015/07/12

Due nuove falle Flash emergono dai dati di HackingTeam; meglio disabilitare Flash in attesa di correzioni

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle gentili donazioni di “treomarc*” e “fabiano.bi*”. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora (anche con un microabbonamento).

La diffusione dei dati sottratti a HackingTeam ha permesso di far emergere altre due falle di sicurezza in Adobe Flash che consentono a un aggressore di prendere il controllo del computer del bersaglio semplicemente facendogli visitare un link (una delle tecniche predilette di HackingTeam).

Queste due nuove falle non hanno per ora un aggiornamento correttivo e sono distinte da quella già corretta.

Adobe sta correndo per creare e distribuire l'aggiornamento che corregga queste falle, ma intanto i criminali informatici stanno già sfruttando almeno una di esse, per cui è altamente consigliabile disinstallare, disattivare o perlomeno bloccare l'esecuzione automatica di Flash. Fra l'altro, probabilmente non ne sentirete molto la mancanza; anzi, noterete che molti siti si caricheranno più velocemente perché i contenuti Flash (tipicamente pubblicità) non vengono letti.

Le falle Flash sono etichettate CVE-2015-5122 e -5123 e sono presenti nelle versioni Windows, Linux e OS X del plugin di Adobe. L'azienda che gestisce Flash ha detto che queste nuove falle verranno corrette la prossima settimana. Fino a quel momento, usate più prudenza del solito, anche sui siti di buona reputazione, perché molti attacchi provengono dalle pubblicità Flash, che non sono gestite dai siti stessi ma sono inserite da reti pubblicitarie separate, che vengono prese di mira dai criminali informatici.

Come consueto, le istruzioni per bloccare l'esecuzione automatica di Flash sono qui.

2015/07/11

Il malware di HackingTeam che ora sarebbe una “minaccia importante” per tutti? È riconosciuto persino dagli antivirus gratuiti

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Ultimo aggiornamento: 2015/07/11 19:45.

Avete letto il catastrofico comunicato stampa di HackingTeam? Quello che dice che “esiste una minaccia importante perché dei criminali informatici hanno postato su Internet il software proprietario di Hacking Team” e che ora “terroristi, estorsori e altri possono installare a piacimento questa tecnologia”?

È lo stesso comunicato che dice “Prima dell'attacco, HackingTeam era in grado di controllare chi aveva accesso a questa tecnologia”. Certo, abbiamo visto come eravate in grado. Così in grado che non solo le vostre mail di lavoro e quelle dei vostri clienti, ma persino i codici sorgente del vostro malware sono ora spiattellati su mezza Internet.

Qualcuno vuol dare a intendere che è tutta colpa dei brutti cattivi che hanno trafugato e messo in giro il malware di HackingTeam. Non è colpa di chi invece stava giocando col fuoco e se l'è fatto sfuggire di mano perché non ha saputo prendere precauzioni adeguate al compito delicatissimo che gli era stato affidato.

Adesso, stando al comunicato di HackingTeam, il mondo intero sarebbe in pericolo. Balle. Persino il mio antivirus gratuito (Sophos per Mac) riconosce il malware di HackingTeam, e lo fa dal 6 luglio scorso, il giorno stesso della fuga dei dati:



Anche i prodotti di Kaspersky riconoscono le backdoor DaVinci/RCS di HackingTeam su PC Windows, su Mac e sui dispositivi Android, come descritto in questo articolo tecnico di giugno 2014 (grazie a Tommaso.M* per la segnalazione). E lo fanno già da tempo, da ancora prima che ci fosse la fuga di dati, anche i prodotti di F-Secure, mi dice Mikko Hypponen.

Gli altri produttori di antivirus non sono certo rimasti con le mani in mano: guardate quanti riconoscono il malware per Flash di HackingTeeam secondo Virustotal.



Quindi niente panico, gente. Se c'è qualcuno che deve avere un attimo di panico è semmai tutta la clientela di HackingTeam che ha sborsato (o fatto sborsare ai governi) centinaia di migliaia di euro per un malware che ora è del tutto inutilizzabile perché viene fermato dai comuni antivirus.

2015/07/09

HackingTeam e quei link a YouPorn: una possibile spiegazione non comica

Questo riepilogo non è disponibile. Fai clic qui per visualizzare il post.

Perché HackingTeam discuteva di malware dentro l’App Store di Apple?

È importante non saltare a conclusioni affrettate, ma questa mail di HackingTeam del 20 marzo scorso sembra parlare dell'esistenza recente di malware dentro l'App Store, capace di catturare “audio e screenshot a distanza”, senza richiedere jailbreak. Il malware sarebbe realizzato da un'azienda italiana. Se quest'apparenza venisse confermata, sarebbe uno smacco notevole per il modello di sicurezza di Apple.

L'app citata nella mail, YouEat, è tuttora presente nell'App Store (link intenzionalmente alterato da me), ma non è chiaro neanche ai membri di HackingTeam se sia quella l'app infettante spiona.

Ho contattato Apple segnalando la questione e sono in attesa di risposta.

Questi sono i punti salienti della mail di HackingTeam: ho sostituito con asterischi alcuni nomi e riferimenti.

2015-03-20 10:27:55 UTC
From ******@hackingteam.com
To *****@hackingteam.com, *****@hackingteam.com

Check this out (DON’T INSTALL): https://itunes.apple.com/tr/app/youeat-2.0/id877619161?mt=8
YouEat 2.0 ****** More by This Developer

YouEat is a companion application for the web site http://youeat.org. It's free and opensource.
http://www.youeat.org
Magari non c’entra nulla, ma puzza ...


[...]

Food for thoughts:

Ragazzi abbiamo ricevuto un messaggio da ********** riguardo la soluzione per iOS proposta al momento da RCS.
In pratica si tratta di una soluzione che su ogni iphone NO-JB riescono a prendere audio e screenshot. La società si chiama ****** e pare funzioni da 7.1.2 ma sulla 8 non hanno screenshot.

Guardando il loro sito e la loro expertise su gestione sicurezza mobile mi sembra plausibile che abbiano creato una app con specifiche funzionalità come siamo partiti noi. Il tutto just for your info,

[...]


aggiornamenti: per quanto riguarda ios l'azienda che ha fatto il software x iphone (solo audio e screenshot a distanza) si chiama ******* lui ha un socio che lavora all estero, san francisco. in azienda cè solo una persona che occupa di ios. è stato testato su iphone 4s con ios 7.1.2. dalla 8 in poi non funzionano più gli screenshot e comunque non è stato testato. io ho visto il prodotto circa 20 gg fà, ma da qualche giorno hanno fatto un accordo con *******. già **** publicizza il tutto dando il prodotto come funzionale e senza jailbreak. cercherò di aver altre info.( se ti fa piacere)

È finita: WikiLeaks pubblica un milione di mail di HackingTeam. Con pratica funzione di ricerca

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2015/07/11 18:50.

Wikileaks ha messo online un archivio cercabile contenente oltre un milione di mail provenienti dalla fuga di dati che ha colpito HackingTeam.

Se in questi primi giorni le indagini giornalistiche per verificare eventuali collaborazioni dell'azienda italiana con governi repressivi sono state ostacolate dalla difficoltà tecnica di scaricare i 400 gigabyte di dati trafugati o di sfogliarne online le varie parti, ora chiunque può cercare in tutta la corrispondenza di HackingTeam con un semplice clic.

Per esempio, una ricerca di “IP address” insieme a “VPS” rivela molte comunicazioni interessanti e dettagli dell'infrastruttura di sorveglianza di HackingTeam. Una ricerca per “gov.sa” rivela comunicazioni con indirizzi governativi dell'Arabia Saudita, e così via. Altre parole chiave potenzialmente interessanti sono exploit, Eric.rabe, e.rabe, leak e leaker.

Dall'archivio di mail risultano scambi anche recentissimi con i servizi di sicurezza dell'Etiopia, come questa mail del 10 giugno 2015:

David, Giancarlo,tomorrow at midnight the temporary, read-only license we gave to INSA is going to expire. Since we issued this last license. We have not received any reply from them, on any channel.I would wait and see if anything moves on their side, or do you want to anticipate action (e.g., issue a new license)?Thanks,Daniele

E si vede anche il commercio di exploit (vulnerabilità) per Adobe Flash, negoziate da HackingTeam (grazie a @mme_bathory per la segnalazione):

Vitaly ci aveva mandato due exploit gemelli(differente vulnerabilita' ma
stessi target) che aveva accorpato in un unica descrizione... abbiamo
preso uno... prendiamo l'altro?

#1,#2 (two 0days) Adobe Flash Player
versions: 9 and higher
platforms: 32- and 64-bit Windows, 64-bit OS X
price: $45k by three monthly payments

Gli chiederi semplicemente conferma che siano effettivamente due
distinte vulnerabilita' in parti diverse del codice(per evitare che
patchato uno perdiamo pure l'altro).

Senno' c'era anche l'opzione 3 (credo che 32-bit windows vada bene per
browser a 32-bit su architettura x64, da verificare nel caso):

#3 Adobe Flash Player
versions: 11.4 and higher
platforms: 32-bit Windows
payload: calc.exe is launched on Windows
price: $30k by two monthly payments

In pratica HackingTeam sta discutendo l'acquisto di vulnerabilità inedite per Adobe Flash che sono presenti in milioni di computer e invece di renderle pubbliche per consentire a tutti di essere più sicuri se le vorrebbe tenere per sé per usarle nei propri prodotti di sorveglianza. È l'equivalente di scoprire una malattia e tenere per sé la cura per farci dei soldi.

Ma non è il caso di pensare che HackingTeam sia l'unica a fare commerci loschi di questo genere. Un'altra mail di HT fa infatti quest'osservazione a proposito di ditte concorrenti:

Ribadisco l’importanza di prendere contatti: ci saranno un sacco di researchers asiatici  e non solo con exploit da vendere e *****, te l’assicuro, compra in questo modo la maggior parte degli exploits che poi, debitamente controllati e ripuliti, vengono venduti a 10 volte il prezzo originario.

[...]

I HAVE strong, incontrovertible EVIDENCE that the most famous 0-day vendors (e.g., *****, *****) do NOT create/find/research the vast majority of the numerous exploits they sell. 
According to my intelligence information I can tell you that only about ** 30% ** of the exploits in such famous 0-day vendors' commercial catalogs have been internally researched. 
That is, an amazing 70%, of the exploits actually commercially proposed by such exploits vendors are BOUGHT from THIRD PARTIES, then worked out, possibly enhanced, polished and eventually sold to their own clients with hefty profit margins.
When at the conference, I urge you to start building up as many commercial relationships with new exploits researchers and minor/still unknown exploit vendors as possible. We need external resources in order to effectively compete, and win, in the 0-day game.

Così fan tutti, insomma, e allora facciamolo anche noi. Da notare che quella che per noi utenti è un'infezione potenzialmente devastante per loro è un game: un gioco. E a furia di giocare con i virus, se li sono lasciati sfuggire.

2015/07/08

Anche se non v’importa di HackingTeam, i suoi trucchi sono già in mano ai criminali: meglio impostare bene Flash

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È importante aggiornare Flash appena possibile, se lo usate, e magari disattivare la sua esecuzione automatica: oggi è una giornata ad alto rischio.

I file recentemente trafugati a HackingTeam contengono infatti un exploit, ossia un attacco, che sfrutta una vulnerabilità finora sconosciuta di Flash, catalogata come CVE-2015-5119 (informativa Adobe; informativa CERT). I criminali informatici sono stati come al solito velocissimi: hanno già integrato l'exploit nei loro attacchi, che hanno effetto su chi ha Flash fino alla versione 18.0.0.194 inclusa. L'attacco richiede semplicemente una visita a un sito Web.

Diffidate degli inviti automatici ad aggiornarvi, potrebbero essere trappole: usate invece le pagine apposite di Adobe per controllare che versione avete e scaricare la più recente, che in questo momento è la 18.0.0.203.

Per gli utenti Mac: stranamente, sul mio Yosemite il plug-in Flash nelle Preferenze di Sistema non rileva automaticamente la disponibilità dell'aggiornamento 18.0.0.203 e bisogna forzare l'aggiornamento andando sul sito di Adobe a scaricarlo.

Già che ci siete, evitate che un sito ostile vi faccia partire Flash a sorpresa: le istruzioni per Firefox, Chrome, Safari e Internet Explorer sono qui.

2015/07/07

HackingTeam e la fattura al Sudan: nuovi documenti smontano la difesa dell'azienda

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Ultimo aggiornamento: 2015/07/11 18:50.

HackingTeam ha venduto il proprio malware di sorveglianza di massa ai servizi di sicurezza del Sudan, il cui governo ha una lunga e ben nota storia di abusi dei diritti umani: schiavitù, genocidio e uso di bambini come soldati, oltre che persecuzione di chi si batte per il rispetto di questi diritti.

La vendita risulta dalla fattura per 480.000 euro pubblicata fra i dati trafugati all'azienda (immagine parziale qui accanto). È davvero difficile pensare che i responsabili di questa vendita non sapessero in che sorta di mani stessero mettendo strumenti così letali.

In un'intervista all'International Business Times, il portavoce di HackingTeam, Eric Rabe, ha difeso oggi l'operato dell'azienda facendo notare che la fattura in questione (di cui non ha smentito l'autenticità) risale al 2012, quando il Sudan non era ancora nella lista nera dell'ONU. Una difesa abbastanza fragile, dato che ben prima che entrasse formalmente in lista nera il Sudan non era un paese al quale si poteva vendere malware di sorveglianza sperando che venisse usato eticamente e a fin di bene. Ora nuovi documenti smontano questa difesa e dimostrano che i rapporti di HackingTeam con il governo sudanese sono proseguiti almeno fino a gennaio 2014. Ma partiamo dall'inizio.

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L'ipotesi che HackingTeam facesse affari con il Sudan, basata sulle indagini tecniche di Citizen Lab, aveva già spinto le Nazioni Unite ad incaricare un comitato di esperti di investigare sull'azienda a settembre 2014, anche perché tali affari sarebbero stati probabilmente in violazione delle sanzioni europee sul commercio di armi militari verso il Sudan.

Come racconta in dettaglio Motherboard, HackingTeam inizialmente ha risposto all'ONU che il Sudan non era uno dei suoi clienti e poi ha detto all'ONU che il software non è considerato un'arma e che quindi le Nazioni Unite non hanno l'autorità per fare domande. Ma HackingTeam non ha mai chiarito se aveva avuto affari in passato con il governo del Sudan.

Ora, grazie ai dati trafugati, sappiamo che li aveva avuti. La fattura, fra l'altro, riguarda solo metà dei pagamenti ricevuti dal Sudan, che ammontano in tutto a 960.000 euro.

David Vincenzetti, CEO di HackingTeam, era indubbiamente al corrente delle perplessità dell'ONU: a febbraio rispose al comitato di esperti delle Nazioni Unite usando toni decisamente aggressivi e dicendo che ogni ulteriore richiesta del comitato di esperti gli sembrava una violazione ingiustificata e ingiustificabile del diritto al segreto commerciale. Il 21 aprile, Vincenzetti addirittura ha accusato l'inchiesta ONU di essere un danno per la reputazione e l'immagine di HackingTeam.

L'ONU ha chiesto ancora a HackingTeam ben cinque volte (l'ultima il 15 maggio scorso) di chiarire se l'azienda avesse mai fatto affari con il Sudan. HackingTeam non ha mai risposto.

Questo muro del silenzio si è infranto con la fuga di dati di ieri, dalla quale sono emersi documenti che smentiscono le parole di HackingTeam. Tanto per cominciare, c'è l'elenco dello stato dei rapporti con vari paesi. Per il Sudan, al posto di Active (attivo) o di Expired (scaduto) usati per gli altri paesi clienti (tranne la Russia), c'è una frase compromettente: “12/31/2014 Not officially supported” (non supportato ufficialmente). Sarebbe molto interessante chiedere ad Eric Rabe di spiegare il significato di questa frase.



La paziente analisi collettiva dei documenti interni di HackingTeam ora resi pubblici ha rivelato oggi anche un altro documento di HackingTeam che parla di una fattura “116/2012” etichettata “NISS” per un importo di 76.000 (euro, si presume) all'interno di un elenco etichettato “Fatture 2013 da riaprire”.


Ma soprattutto sono state segnalate oggi due mail dello staff di HackingTeam in cui viene prestata assistenza al Sudan il 15 gennaio 2014 proprio per il malware di sorveglianza RCS. La scusa che la fattura trafugata è del 2012 e che quindi non ci sono più rapporti con il governo del Sudan ha insomma seri problemi di credibilità.


Trascrizione delle mail (evidenziazioni aggiunte da me):

Da: Alessandro Scarafile [a.scarafile@hackingteam.com]
15/01/14 10:02
Oggetto: Problema core iOS in RCS 9.1.14
A: ornella-dev@hackingteam.com

Vi segnalo un'anomalia urgente e bloccante rilevata in Sudan, durante l'installazione di RCS 9.1.4 + hotfix.

Durante la build di un Installation Package per iOS, si ottiene l'errore "Core for ios not found..." (screenshot allegato).
La cosa è evidentemente collegata alla mancanza dell'indicazione del core per iOS nella sezione Monitor (screenshot allegato).

Segnalo anche che "ogni tanto" (misurato su alcuni login/logout dalla console) non viene mostrato il numero di versione di RCS (screenshot allegato).

Spero che il problema per iOS possa essere risolta [sic] semplicemente caricando a mano il core, in quanto la connessione internet da qui non consentirebbe - al momento - il download di un intero file di installazione di RCS.

Grazie,
Alessandro


Da: Alessandro Scarafile [a.scarafile@hackingteam.com]
15/01/14 10:11
Oggetto: Supporto Anonymizers RCS 9.1.14
A: ornella-dev@hackingteam.com

Condivido direttamente su "ornella-dev" un altro problema che abbiamo in Sudan, per avere supporto rapido, in quanto siamo di fronte al cliente.

2 Anonymizers correttamente installati. La sezione System della Console continua a mostrare in rosso SOLO quello più vicino al Collector.

Le connessioni in SSH sulle macchine Linux dicono che i sistemi sono up and running; il daemon dell'anonymizer è in piedi e attivo.
"Allontanando" un Anonymizer dal Collector e posizionandolo come ultimo hop... diventa verde in Console.

Non credo questo comportamento possa essere collegato a qualche firewall (che non hanno), in quanto a quel punto il Collector non riuscirebbe nemmeno a parlare con l'Anonymizer più “lontano”.

Avete suggerimenti su cosa potrebbe essere?
Forse qualcosa in fase di installazione? (che spiegherebbe anche i problemi sul core iOS della mia e-mail precedente).

FYI di seguito i dati dei 2 VPS:

IP: 46.251.239.129
User: root
Pass: ousKvawcAH

IP: 46.251.239.130
User: root
Pass: Wb9cofhJjj


Sarà molto interessante chiedere al portavoce di HackingTeam di giustificare questi segni di attività recente con i servizi di sicurezza del Sudan.

HackingTeam, il giorno dopo

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alla gentile donazione di “mauriziosi*”, “mauro.oli*” e “italoiv*” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora. Ultimo aggiornamento: 2015/07/11 18:25.

Continua la saga della colossale fuga di dati (almeno 400 gigabyte) dalla società di sicurezza informatica italiana HackingTeam, iniziata epicamente ieri mattina e descritta in questo mio articolo. Questo articolo verrà aggiornato man mano che arrivano nuovi dati.


Chi è stato?


Il presunto autore dell'incursione si fa chiamare “Phineas Fisher” e ci sono alcune conferme indipendenti della validità della sua rivendicazione. Stanotte ha tweetato (immagine qui accanto) che scriverà come ha fatto a penetrare in HackingTeam “quando avranno avuto tempo di fallire nel capire cosa è successo e avranno cessato gli affari.” Cattivello, ma anche astuto nell'atteggiarsi a novello Robin Hood.

L'ipotesi, avanzata da alcuni, che l'incursione sia stata opera di una società di sicurezza rivale non ha alcuna prova a sostegno; inoltre, a giudicare dall'approccio alla sicurezza comicamente dilettantesco usato da HackingTeam, non sembra affatto necessario invocare il talento di esperti per spiegare l'intrusione, per cui è poco credibile. Motherboard è riuscita a contattare brevemente Phineas Fisher e autenticarne parzialmente il ruolo.

L'altra ipotesi, ossia che i dati messi in circolazione siano in tutto o in parte inventati, non è credibile, non solo per la quantità immensa dei dati stessi, ma anche perché HackingTeam ha ammesso che le sono stati rubati dei dati.


Conseguenze per Hacking Team


Quanto sarebbero gravi, dal punto di vista legale, le azioni compiute da HackingTeam? L'europarlamentare olandese Marietje Schaake ieri ha scritto che la vendita di questo software al Sudan “non solo costituirebbe una violazione del regime di sanzioni delle Nazioni Unite stabilito dalle Risoluzioni del Consiglio di sicurezza 1556, 1591, 1945, 2091 e 2138, ma [...] violerebbe anche la Decisione del Consiglio 2014/450/CFSP del 10 luglio 2014 riguardanti le misure restrittive in considerazione della situazione in Sudan”. La Schaake aveva già presentato, un paio di mesi fa, un'interrogazione parlamentare sui possibili abusi del software di HackingTeam contro giornalisti e difensori dei diritti umani in Marocco. Ora chiede alle autorità italiane di indagare su HackingTeam.

HackingTeam dichiara, nella propria Customer Policy, di fornire il proprio software soltanto a governi o agenzie governative, ma dai dati trafugati stanno emergendo rapporti e fatture di vendita a società private. Nella stessa Policy HT dichiara anche di non vendere a governi presenti nelle liste nere USA, UE, ONU, NATO o ASEAN, ma ha venduto per esempio al Sudan (nei dati c'è una fattura al governo di quel paese). E i rapporti con il Sudan sono proseguiti almeno fino a gennaio 2014, nonostante le dichiarazioni del portavoce di HackingTeam che minimizzano dicendo che la fattura risale al 2012 e quindi è pre-embargo ONU. I dettagli sono in questo mio articolo.

Come già detto ieri, inoltre, HackingTeam avrebbe mentito anche ai propri clienti governativi, installando nel proprio software una backdoor (controllo remoto) senza dirlo ai clienti stessi.

La collezione di exploit di HT veniva aggiornata anche attingendo disinvoltamente agli exploit pubblicati in Rete dai ricercatori di sicurezza.

Su un piano individuale, i dati trafugati contengono moltissimi dati di persone che lavorano per HT o di loro familiari: foto, numeri di carte di credito, conti correnti, clienti e fornitori, siti frequentati e relative password, dati anagrafici e altro ancora. Queste persone dovranno cambiare tutti questi dati, ove possibile, per evitarne abusi e saccheggi.


Conseguenze per i governi clienti


Fondamentalmente, tutti i clienti che hanno pagato centinaia di migliaia di euro a HackingTeam si trovano adesso con un prodotto inutilizzabile. Una bella fregatura. Non solo HT ha chiesto di sospenderne l'uso, ma sono stati trafugati gli exploit che lo costituivano e che gli consentivano di attaccare in modo invisibile. Questi exploit erano i gioielli della corona di HT e ora verranno eliminati con gli aggiornamenti degli antivirus e del software commerciale, per cui HT ora probabilmente non ha più un malware da vendere.


Conseguenze per noi utenti: nuove falle rivelate, sfruttate e da turare


Iniziano ad emergere le prime conseguenze tecniche della rivelazione del codice sorgente dei prodotti di HackingTeam: oggi Tor Project dice che HT ha tentato di violare la sicurezza del loro software ma finora non sono emersi exploit di HT contro Tor, ma terranno d'occhio gli sviluppi.

È presumibile che a breve i principali antivirus riconosceranno il malware di HackingTeam, se non lo fanno già, e quindi molti dei soggetti sorvegliati si accorgeranno di essere stati messi sotto sorveglianza. Potrebbero essere ben poco contenti di scoprirlo. MIkko Hypponen di F-Secure mi ha confermato che il loro software già bloccava il malware di HT, come confermato dalla documentazione interna di HT che ora è pubblica. Mi sfugge la logica con la quale forze di polizia di vari paesi spendono centinaia di migliaia di euro per un malware che viene bloccato da un antivirus da qualche decina di euro l'anno.

Ci sono dei benefici per tutti noi: l'esame dei file di HT ha rivelato che l'azienda usava anche falle di Adobe Flash per infettare i propri bersagli. Una di queste falle (CVE-2015-0349) era già nota ed è stata corretta di recente, mentre un'altra sfrutta un exploit che ha effetto anche sulla versione più recente di Flash Player per Windows, Mac e Linux, che è la 18.0.0.194. Questo secondo exploit, finora sconosciuto, è stato subito sfruttato dai criminali informatici non appena è stato reso noto, secondo Trend Micro; ora potrà essere corretto, consentendo di eliminare una vulnerabilità (CVE-2015-5119) alla quale sono stati esposti tutti gli utenti Flash del mondo e di cui HackingTeam era a conoscenza (tenendosela però ben stretta). Adobe ha annunciato per domani (8 luglio) il rilascio di un aggiornamento d'emergenza di Flash che chiude questa seconda falla. Google sta già inviando l'aggiornamento agli utenti di Chrome, secondo quanto riporta Brian Krebs.

L'analisi dei file di HackingTeam ha inoltre permesso di scoprire che l'azienda sfruttava una falla di Windows presente in tutte le versioni, da XP a 8.1, e basata sull'uso di un file di font appositamente confezionato. Non è noto quando Microsoft rilascerà una correzione.

Ci sarebbe anche una falla in SELinux sfruttata da HT, forse sfruttabile per attaccare i telefonini Android.


Mettiamoci una pezza


Lexsi.com, uno dei clienti di HT, ha inviato una richiesta di rimozione a Musalbas.com, uno dei siti che ospita una copia d'archivio dei dati trafugati, dicendo che si tratta di materiale sensibile e riservato. Su questo non c'è dubbio, ma è totalmente inutile chiudere un pezzetto del recinto quando i buoi sono scappati da un pezzo e si stanno moltiplicando allegramente ovunque.


Analisi dei file


Premessa importante: il materiale pubblicato in Rete contiene moltissime immagini della sfera privata di persone legate a HackingTeam, di persone esterne a HT e anche di bambini. Nelle foto e nei video non c'è nulla di imbarazzante, provocante o pertinente per eventuali indagini giornalistiche, per cui credo che sia doveroso rispettare la privacy di queste persone estranee ai fatti e di questi minori che non hanno alcuna colpa. Lascio quindi in pace chi non c'entra.

Gli screenshot pubblicati dall'intrusione includono immagini anche recentissime (primi di luglio) dei desktop dei PC Windows dei due amministratori di sistema e contengono di tutto: dati di richiesta del passaporto per un familiare, sessioni di Solitario e altri giochi (Command and Conquer, mi pare), conversazioni WhatsApp e Facebook, sessioni di scaricamento film su eMule, taglie di reggiseno usate come risposte alle domande d'emergenza per recupero password. Al di là del contenuto relativamente frivolo, l'esistenza di questi screenshot dimostra che i due amministratori di sistema (gente che in teoria dovrebbe essere competentissima in sicurezza) non sapevano di avere dentro i propri computer di lavoro del malware capace di vedere e registrare quello che avevano sui loro schermi. Questo indica che la sottrazione dei dati non è stata commessa semplicemente copiando i file dai computer e dai server, ma anche infettando direttamente i computer degli admin. Che figuraccia.


Almeno una delle password elencate nei file trafugati è obsoleta (ne ho avuto conferma dall'azienda interessata); potrebbero anche esserlo le altre e comunque sarebbe saggio, da parte dei membri di HT, cambiare tutte le proprie password su qualunque servizio (e magari attivare l'autenticazione a due fattori, che non sembra ci fosse), oltre che cambiare tutti i dettagli delle proprie carte di credito, i cui numeri e altri dati sono recuperabili dai file in circolazione.

I file audio finora esaminati sono semplici test e non contengono nulla di significativo dal punto di vista tecnico.

Il presunto software per iniettare materiale pedopornografico sembra sempre più un falso allarme: probabilmente “semplicemente una demo di cattivo gusto”.

Le mail catturate (interi file PST da vari gigabyte ciascuno) appartengono a molte persone legate a HackingTeam e includono, fra le altre cose, un messaggio nel quale si dice che il sistema RCS di HackingTeam in Colombia è dentro l'ambasciata degli Stati Uniti, dove c'è anche “un altro strumento di intercettazione... che riceverà tutto il traffico degli ISP colombiani”, a conferma del fatto che l'intercettazione di massa preventiva è una prassi del governo degli Stati Uniti.

I nomi degli utenti sono stati mascherati da me; la pecetta non è nell'originale.

Non mancano perle come questa: il CEO di HackingTeam, David Vincenzetti, che dice che non serve ricorrere alla crittografia perché tanto non hanno nulla da nascondere.


Al tempo stesso, notate con quanta circospezione HT parla, in una mail interna, del “cliente E.” che è stato mollato (va detto) da HT dopo che Citizen Lab e Human Rights Watch hanno segnalato gli abusi commessi dal cliente. Notare che la cartella di mail è denominata “EH_Etiopia”, per cui non è difficile per chi analizza questi dati capire quale paese sia il “cliente E.” in questione. I “rapporti di CitizenLab” di cui parla sono probabilmente questi, che denunciano l'uso del malware di Hacking Team contro giornalisti etiopi a Washington.


Niente da nascondere. No, assolutamente.

Ma cosa si aspettavano quelli di HackingTeam quando hanno venduto il proprio software di sorveglianza a un governo come quello dell'Etiopia? Che, con tutti i problemi drammatici che ha quel paese, l'avrebbero usato per sorvegliare pedofili e spacciatori? Siamo seri. Vendere malware a governi di questo genere è esattamente come fare i trafficanti d'armi.


Altri sviluppi


Finalmente i media italofoni cominciano a parlare della vicenda: dopo gli articoli preliminari di ieri di Repubblica, Messaggero, Punto Informatico, per citarne alcuni, oggi ANSA descrive gli eventi; Motherboard in italiano traccia il profilo di HackingTeam; su Webnews si propone un'inchiesta parlamentare; Il Secolo XIX osserva quanto siamo vulnerabili; e ci sono le riflessioni di Stefano Quintarelli. Io, nel mio piccolo, sono stato intervistato dalla Rai per i radiogiornali. La Procura di Milano, intanto, dichiara che aprirà un'inchiesta sull'intrusione.

2015/07/06

Lo spione spiato: HackingTeam si fa fregare 400 giga di dati. Compresi gli affari con governi impresentabili

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Ultimo aggiornamento: 2015/07/11 18:45.

Stanotte HackingTeam, la controversa società italiana che vende software di sorveglianza a governi d'ogni sorta e per questo è etichettata come “nemica di Internet” da Reporter Senza Frontiere, è stata violata massicciamente: questo è, perlomeno, quanto risulta a giudicare dai 400 gigabyte di suoi dati riservati che sono ora a spasso su Bittorrent, a disposizione di chiunque abbia banda sufficiente a scaricarli e tempo e competenza per analizzarli.

Anche l'account Twitter di HackingTeam (@HackingTeam) è stato violato ed è stato usato per pubblicare schermate del materiale pubblicato e tweet di sfottimento come quello mostrato qui sopra.

Dentro la collezione di dati trafugata, stando ai primi esami, c'è di tutto: registrazioni audio, mail, codice sorgente, credenziali di login per i siti di supporto di Hacking Team in Egitto, Messico e Turchia. Secondo l'analisi dell'elenco di file del pacchetto Bittorrent, i clienti di HackingTeam includono la Corea del Sud, il Kazakistan, l'Arabia Saudita, l'Oman, il Libano e la Mongolia; c'è una fattura da 480.000 euro al NISS (National Intelligence and Security Services) del Sudan, che secondo Human Rights Watch ha soffocato le proteste contro il governo facendo 170 morti nel 2013, e c'è una fattura da un milione di euro tondi alla Information Network Security Agency dell'Etiopia, eppure HackingTeam ha dichiarato di non fare affari con governi oppressivi.

Stando ai dati pubblicati a seguito dell'intrusione, ci sono clienti di HackingTeam nei seguenti paesi: Arabia Saudita, Australia, Azerbaigian, Bahrein, Cile, Cipro, Colombia, Corea del Sud, Ecuador, Egitto, Emirati Arabi, Etiopia, Germania, Honduras, Italia, Kazakistan, Lussemburgo, Malesia, Marocco, Messico, Mongolia, Nigeria, Oman, Panama, Polonia, Repubblica Ceca, Russia, Singapore, Spagna, Stati Uniti, Sudan, Svizzera, Tailandia, Ungheria, Uzbekistan, Vietnam.

Fra questi paesi quello più scottante è il Sudan, perché c'è un embargo ONU contro questo paese e un'eventuale violazione di quest'embargo da parte di HT sarebbe decisamente imbarazzante, viste anche le dichiarazioni passate di HackingTeam, secondo le quali ci sarebbe un “comitato legale” che “tiene conto delle risoluzioni ONU, dei trattati internazionali e delle raccomandazioni di Human Rights Watch e di Amnesty International”. Attenzione: “tenere conto” non è sinonimo di “rispettare”. E in un'intervista a Wired di febbraio 2014 HT dichiarava che “Siccome il nostro software è potente, lavoriamo per evitare che finisca in mano di chi potrebbe abusarne.” I risultati di questo lavoro si sono visti stamattina.

C'è anche, secondo Christopher Soghoian, un file Excel con tutti i clienti governativi, le date di primo acquisto da HackingTeam e i ricavi accumulati (maggiori dettagli negli aggiornamenti qui sotto).

Non è finita: alcuni screenshot rivelano pratiche di sicurezza davvero imbarazzanti per una società che si occupa di sicurezza informatica a livelli governativi. Ci sono le password di una persona dotata di account di posta su Hackingteam.com, conservate in chiaro in un file (forse custodito dentro un volume cifrato Truecrypt, comunque scavalcato) e costituite principalmente dalla parola Passw0rd usata ripetutamente per più siti.


E la stessa persona conserva sul computer di lavoro dei link a Youporn (aggiornamento 2015/07/11: potrebbe esserci una ragione di lavoro):

Ho contattato il CEO di HackingTeam per avere una dichiarazione sulla vicenda e sono in attesa di risposta.

Se i dati vengono confermati come autentici, è una carneficina digitale e la reputazione di HackingTeam ne esce a pezzi. Alcuni governi si cominceranno a chiedere in che mani hanno messo i loro affari più sensibili.


13:30. La vicenda sta scivolando rapidamente nel surreale. In tarda mattinata Christian Pozzi di HackingTeam si è affacciato su Twitter per dire che l'azienda ha inviato “una mail di massa a tutti i nostri clienti colpiti non appena abbiamo saputo dell'attacco informatico”. Una dichiarazione che suona decisamente come una conferma dell'autenticità dei dati in circolazione.

Non vorrei essere nei panni della persona di HT che deve spiegare ai servizi di sicurezza russi o di altri paesi che i loro dati riservati ora sono a spasso su Internet.

Non è finita: poco dopo che Pozzi ha tweetato la dichiarazione, anche il suo account Twitter è stato violato, probabilmente a causa di una password un tantinello ovvia come quelle mostrate qui sopra. Ora l'account Twitter risulta disattivato, ma non prima che ne siano stati catturati screenshot assolutamente epici.

Questa vicenda sta diventando un perfetto manuale di tutto quello che non va fatto quando c'è una violazione della sicurezza informatica. E anche di quello che non va fatto per evitare che si verifichi. Regola numero uno: quando succede un casino, stai zitto e lascia che parlino gli avvocati.

Intanto emergono dati aggiuntivi: secondo le ricerche degli esperti, nei file trafugati ci sono dati e password dei clienti di HackingTeam, contratti, parametri di configurazione e un file particolarmente compromettente, che elenca lo stato dei vari clienti, con Russia e Sudan etichettati come “non supportati ufficialmente”:


14:10. La vicenda dovrebbe far riflettere, a mio avviso, su tutta la questione dei trojan di stato. Se, come sembra, il codice sorgente del malware creato da HackingTeam è stato pubblicato nel pacchetto di dati trafugati, questo dimostra concretamente quello che gli esperti dicono da anni: non c'è modo per un governo di creare un malware che potrà essere usato soltanto dai “buoni”. Il malware è malware. È tossico per tutti, esattamente come le armi chimiche o batteriologiche. E prima o poi sfugge di mano.


16:30. Un utente, “Phineas Fisher”, si è attribuito con un tweet (parzialmente confermato) il merito di quest'incursione e di quella ai danni di un'altra società dello stesso settore, Gamma, qualche tempo addietro. Intanto dal Torrent sono stati estratti e segnalati online dei file Excel (Client Overview*) nei quali ci sono i clienti e i loro indirizzi di mail e su Github sono stati pubblicati quelli che sembrano essere i codici sorgente trafugati. Ci sono persino degli screenshot dei desktop dei computer del personale della società. La situazione per HackingTeam, insomma, diventa sempre più disastrosa.


17:00. Apple avrebbe dato a HackingTeam un certificato digitale come iOS enterprise developer per firmare le app e quindi farle sembrare sicure e approvate: Subject: UID=DE9J4B8GTF, CN=iPhone Distribution: HT srl, OU=DE9J4B8GTF, O=HT srl, C=IT. Da quel che ho capito (grazie a Manuel W e Maurizio C), questo in teoria avrebbe permesso a HackingTeam di inviare alla vittima via mail o postare su un sito (non nell'App Store) un'app ostile per iPhone/iPad che il dispositivo e la vittima avrebbero ritenuto sicura perché firmata col certificato, bypassando così i controlli che rendono difficile installare malware nei dispositivi iOS. Sarà interessante vedere la reazione di Apple.


18:00. C'è anche la Svizzera, e specificamente la Polizia Cantonale di Zurigo, fra i clienti di HackingTeam. Per la cifra non trascurabile di 486.500 euro la Kantonspolizei ha acquistato a fine 2014 da HT il Remote Control System Galileo (fattura numero 072/2014). Di questo acquisto ho conferma da fonte indipendente. Galileo è uno dei nomi usati da HT per indicare il proprio malware usato per intercettare i contenuti di smartphone (iOS, Android, Windows Phone, BlackBerry, Symbian) e computer (Windows, Linux, OS X) scavalcandone la crittografia. Galileo viene offerto vantandone l'uso per gestire “fino a centinaia di migliaia di bersagli”.


HackingTeam e i suoi clienti difendono spesso l'uso di malware di stato dicendo che è necessario per lottare contro terrorismo, narcotraffico e pedopornografia. Ma quando si parla di “centinaia di migliaia di bersagli” siamo nel campo della sorveglianza di massa della popolazione e quei reati non c'entrano nulla. A meno che qualche governo se la senta di dire che ha in casa centinaia di migliaia di terroristi, spacciatori e pedofili.


21:30. Si stanno accumulando molte domande, anche autorevoli (The Register, Kevin Mitnick), intorno ad alcuni pezzi di codice sorgente (come questo e questo) che a prima vista sembrano istruzioni per piazzare file di contenuto pedopornografico nei dispositivi dei sorvegliati. Prima di fare un'accusa così grave aspetterei un'analisi esperta di quel codice: non vorrei che si trattasse, per esempio, di semplici funzioni usate per creare un file dimostrativo per i test di funzionalità del malware. Quei nomi pippo e pluto, così tipici della programmazione fatta da italofoni, hanno l'aria di utenti demo.




22:45. Motherboard (Vice.com) scrive che HackingTeam “ha detto a tutti i propri clienti di interrompere tutte le attività e di sospendere ogni uso dello spyware dell'azienda”, riferendosi specificamente al software Galileo/RCS. Scrive inoltre che HT non ha più accesso alla propria mail e che probabilmente i 400 GB di dati sono solo una parte del materiale trafugato. L'intrusione sarebbe avvenuta entrando nei computer dei due amministratori di sistema di HT, Christian Pozzi e Mauro Romeo (sì, la persona che usa come password Passw0rd e lo fa ripetutamente è un sysadmin; non ridete). Nessuno dei dati sensibili era cifrato: passaporti dei dipendenti, elenchi di clienti, tutto in chiaro. Il profilo LinkedIn di Pozzi lo descrive come Senior System and Security Engineer, Hacking Team, April 2014 – Present (1 year 4 months).

Correzione: in una versione precedente di questo articolo avevo scritto che il profilo era stato cancellato; invece era online e c'era un errore mio nell'URL che stavo usando.

C'è anche di peggio. Sempre secondo le fonti di Motherboard, il software di HT ha una backdoor (probabilmente questa) che permette a HT di disattivare o sospendere il suo funzionamento, e questo non lo sanno neppure i clienti.

E ancora: ogni copia del software ha un watermark, per cui “HackingTeam, e adesso chiunque abbia accesso a questo dump di dati, può scoprire chi lo usa e chi viene preso di mira. [...] è possibile collegare una specifica backdoor a uno specifico cliente. E sembra esserci un una backdoor nel modo in cui i proxy di anonimizzazione vengono gestiti, che consente a HackingTeam di spegnerli indipendentemente dal cliente e di recuperare l'indirizzo IP finale che devono contattare”.

Saranno contentissimi i clienti di HT, che volevano un prodotto che desse loro una backdoor per spiare i loro bersagli e invece si sono trovati con un prodotto che ha anche una backdoor che agisce contro di loro e rivela chi volevano spiare. Sembra un brutto remake di Inception.

Come se non bastasse tutta questa devastazione, su Twitter gira un umiliante abbinamento di carte: da una parte c'è un documento datato 2015 in cui il rappresentante all'ONU dell'Italia, Sebastiano Cardi, dichiara che HackingTeam al momento non opera nel Sudan e chiede che HackingTeam chiarisca se ci sono stati affari precedenti con il Sudan; dall'altra c'è una fattura di HackingTeam al Sudan datata 2012. Sarebbe interessante sapere come si sente ora Sebastiano Cardi.

Correzione: il paragrafo precedente è stato aggiornato per presentare più correttamente il ruolo di Cardi.


23:00. È una disfatta totale: sono finiti online anche gli estratti conto delle carte di credito dei membri di HackingTeam, i file audio, gli screenshot di Pozzi che ha in archivio il file pirata di Cinquanta sfumature di grigio, si collega dal lavoro a un desktop remoto e lo usa per scaricare film pirata su Emule e altre chicche. Vediamo quali altre sorprese ci porterà la notte.


23:55. Vorrei concludere la giornata con un grandissimo grazie pubblico a tutti i lettori che mi hanno aiutato a raccogliere al volo i pezzi di questa vicenda; senza di voi non sarebbe stato possibile, ma siete troppi per potervi ringraziare uno per uno. A domani!


2015/07/07 10:40. Ho sistemato alcune imprecisioni nel testo di questo articolo e ne sto preparando uno supplementare con gli aggiornamenti della notte e del mattino. Eccolo.


Fonti aggiuntive (con link al Torrent, a screenshot e a documenti): The Register (anche qui), The Next Web, CSO Online (anche qui), Wired, Bruce Schneier, The Intercept, Ars Technica, The Guardian.