La lotta alle fake news è un attacco alla libertà di parola? Citano la censura per far rumore

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Il 31 dicembre 2016 la giornalista Flavia Perina (ed ex parlamentare) pubblica sul sito Linkiesta.it un articolo dal titolo “Ha ragione Grillo: la guerra alla “post verità” è un attacco alla libertà di parola” che inizia così:

Ecco, ci manca solo questa: lasciare la difesa della libertà di parola a Beppe Grillo mentre il resto della politica si schiera per trovare strumenti di controllo o di censura del web. La pietra dello scandalo è l’intervista del capo dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella al Financial Times, in cui si dicono quattro cose quantomeno opinabili: 1) internet è un Far West; 2) si devono «imporre regole»; 3) queste regole deve fissarle il pubblico perché «non è compito di entità private controllare l’informazione, è dei poteri statali: loro devono garantire che l’informazione è corretta»; 4) serve un’entità «terza, indipendente dal governo, pronta a intervenire rapidamente (sul web) se l’interesse pubblico viene minacciato». Ovvio che Grillo gridi alla censura, anzi alla santa inquisizione. Ovvio che si sia costretti a dire: ha ragione lui. Meno ovvio che un presidente dell’Antitrust si occupi di una cosa complicata, che non rientra nelle sue competenze, e sulla quale sembra muoversi a tentoni. La frase «i poteri statali devono garantire che l’informazione è corretta», se sarà confermata come autentica, ha un sapore di Minculpop 2.0 francamente sorprendente in bocca a un avvocato, giurista, costituzionalista.

L’articolo inizia già male, il perché lo vediamo nell’articolo del Financial Times:

Mr Pitruzzella dismissed concerns that setting up state agencies to monitor fake news would introduce a form of censorship, saying people could “continue using a free and open internet”.

Ecco cosa riporta Grillo nel suo blog:

L’intervista si fa interessante quando Pitruzzella spiega come si combatte la post-verità: “dobbiamo decidere se lasciare Internet così com’è, il selvaggio west, oppure se regolamentarlo. Penso che queste regole vadano definite dallo Stato. […] Non è compito di entità private controllare l’informazione, questo è dei poteri statali: loro devono garantire che l’informazione è corretta”. Tradotto significa che vogliono fare un bel tribunale dell’inquisizione, controllato dai partiti di governo, che decida cosa è vero e cosa è falso. Immaginatevi la scena.

Scrivo sul Blog: “I politici prendono la pensione d’oro: è un privilegio che vogliamo abolire!”. Il tribunale decreta: “Falso, prendono una pensione normale come tutti, è un diritto acquisito. E’ post-verità la tua! Ordiniamo che il Blog di Grillo sia messo al rogo!” “Ma non si può bruciare, sua Pitruzzella: è fatto di bit!” “Allora al rogo il computer di Grillo e pure il suo mouse, e se si lamenta al rogo pure lui”.

Sul tema consiglio anche la lettura dei seguenti due articoli:

 

Voglia di censura? Ma anche no!

Nessuno ha parlato di chiudere il blog, cosa che sinceramente disapprovo. Quello che ha dato enorme fastidio a molti è che le proprie notizie siano verificate ed etichettate per quello che sono.

Il problema che riscontro in tutta questa storia, e in tutte le reazioni riscontrate di autodifesa contro la verifica dei fatti (su questo stiamo spingendo), è la pretesa di aver ragione e il farsi passare per “vittime eroiche”. Ricordiamo il caso Grillo-Battaglia, dove una sua “fake news” (sostenne che era “un consulente delle multinazionali“) gli costò una condanna in primo grado per diffamazione per poi definirsi al pari di Mandela e Pertini.

Citerò Grillo ogni volta che riporterà sul suo blog (e nei siti vicini come TzeTze e LaFucina) informazioni distorte o vere e proprie bufale come ho fatto anche per altri soggetti, come ad esempio l’Unità e la fantascientifica citazione del “giornalismo 2.0“.

In merito alla questione “soggetto pubblico” ho già espresso la mia opinione:

 

Grillo e la libertà di parola

Ciò che trasmette Grillo ai suoi lettori è che si stia lavorando per chiudere il suo blog, eppure nessuno ha parlato di censura, neppure preventiva. È sempre stato molto critico verso i giornali e le televisioni, già in passato dal suo blog e durante i suoi spettacoli faceva un’operazione di “controllo” denunciando le fake news diffuse dai media, ma cosa diceva a proposito? Devo ricordare io a Flavia Perina quando Beppe Grillo pubblicò nel 2013 un post sul suo blog dal titolo “La disinformazione di Rai3” dove ne chiedeva la sua chiusura?

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Dal Tg3 del pdmenoelle delle ore 19 del 2 gennaio 2013: “Sul sito (del M5S) parte la campagna di raccolta fondi. “Obbiettivo: 1 milione di euro” si chiama. Perchè è quella la cifra di cui, fatti i conti, avrebbe bisogno il comico per pagare studi legali, promuovere il simbolo, organizzare la tournée elettorale che lo porterà in giro per l’Italia. E così il MoVimento che si vanta di non avere chiesto neanche un euro per il voto alle Parlamentarie e disprezza i rimborsi elettorali ai gruppi politici si ritrova a sperare nel contributo volontario degli iscritti.”
Si ricorda a Bianca Berlinguer che il M5S non ha mai avuto contributi elettorali, a differenza del pdmenoelle che ha incassato centinaia di milioni di euro grazie alle tasse degli italiani e contro la volontà espressa in un referendum. I fondi richiesti sono volontari e non obbigatori. RAI3 deve chiudere.

Non dimentichiamoci che a festeggiare per la probabile chiusura di 70 giornali, presi tutti in mucchio e senza fare distinzioni, fu Grillo in un post del 2012:

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Finalmente una buona notizia. Ogni tanto bisogna guardare il grande cielo azzurro e tirare il fiato. 70 giornali rischiano di chiudere. Finora sono stati finanziati dalle nostre tasse per raccontarci le loro balle virtuali. Franco Siddi, segretario generale della Federazione Nazionale della Stampa è preoccupato per il pluralismo dell’informazione, ma soprattutto per i soldi “Siamo a fine anno e non solo i finanziamenti pubblici all’editoria sono scesi da 114 milioni del 2011 a 60-70 del 2012. Ma non si riesce neanche a capire con esattezza quale sarà l’ammontare. Le imprese che stanno continuando a lavorare (?) stringendo i denti rischiano di arrivare a fine anno e scoprire che i fondi non saranno erogati. In quel caso l’unica strada sarà la chiusura“. Hip, hip, hurrà! Bye, bye giornali, è stato bello, anche grazie a voi, arrivare 61esimi al mondo per la libertà di informazione.

Parliamo dello stesso Beppe Grillo che pubblicò sul suo blog un articolo dal titolo “Taci, il giornalista ti ascolta!” che riteneva il Parlamento un luogo sacro dove i giornalisti “vanno disciplinati in spazi appositi, esterni al Palazzo“.

blog-di-beppe-grillo-taci-il-giornalista-ti-ascolta

I giornalisti non possono infestare Camera e Senato e muoversi a loro piacimento. Vanno disciplinati in spazi appositi, esterni al Palazzo. Per un’intervista chiedano un appuntamento, come si usa tra persone civili, non bracchino i parlamentari per le scale o al cesso.

Il rapporto di Beppe con i giornalisti (soprattutto con quelli che osano criticarlo) è abbastanza teso:

La giornalista Perina, dopo questo suo articolo e salvo un futuro articolo critico su Grillo o il Movimento, non finirà nella lista conosciuta come “Il giornalista del giorno” e non sarà oggetto delle attenzioni particolari da parte dei suoi esponenti. A proposito, in quella particolare lista c’era già finito un articolo de Linkiesta dal titolo “Beppe Grillo, il baratro antidemocratico“.

L'articolo de Linkiesta nella lista "Giornalista del giorno"
L’articolo de Linkiesta nella lista “Giornalista del giorno”

Cosa dicevo ieri in merito alla classifica sulla libertà di stampa?

Nonostante tutto, Grillo pubblicava sul suo blog un articolo dal titolo “Il diritto di dirlo” dove riportava l’errata citazione attribuita a Voltaire “Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo“, ma Rai3 andrebbe chiusa e i giornalisti etichettati.

 

Le balle virali che avvantaggerebbero i cosiddetti populisti?

Le “balle” esistono da sempre e molto tempo prima di Internet. Quest’ultimo ha di fatto permesso di amplificare certe “chiacchere”, prima circoscritte nell’angolo di un bar, facendole diventare di dominio pubblico e facili da condividere.

Le bufale e le fake news avvantaggiano sempre qualcuno. Le bufale mediche avvantaggiano i ciarlatani della medicina, le bufale etniche e religiose avvantaggiano gli intolleranti, e via dicendo. Quando si parla di politica il raggio di azione comprende diverse tematiche e qualche partito può realmente trarne vantaggio attraverso il contagio delle opinioni.

Perché parlo del contagio delle opinioni? Perché una persona che viene a conoscenza dell’opinione di un’altra che ritiene attendibile tende a seguirla e condividerne il pensiero. Cito spesso l’esempio dei cosiddetti influencer, persone o siti web le cui idee e contenuti pubblicati vengono accettati e condivisi dai propri fan che pongono fiducia in loro. Beppe Grillo e i suoi sono di fatto degli influencer, così come lo sono tanti altri personaggi della politica nostrana (inclusi Renzi e Salvini).

Pensiamo a “Quel che i giornali e le TV non vi dicono“, una frase simbolo dell’informazione alternativa che è stata adottata da molti siti che diffondono notizie scorrette e/o vere e proprie bufale. Siti come Attivo.tv che pubblicano articoli dal titolo “Francia: ormai è guerra civile, ma la stampa renziana censura tutto“, quando invece se ne era parlato, o siti come Mafia-capitale che condividono articoli bufalari sul tema immigrazione (che di fatto alterano la percezione della realtà degli utenti). A suon di delegittimare la stampa italiana ci ritroveremo sempre più utenti che seguiranno soltanto siti del genere.

Non possiamo dimenticare le cosiddette “camere di risonanza“, comunità digitai dove gli utenti cercano e accettano la condivisione di un certo tipo di informazione. Una di queste “camere” che ho trattato spesso è il famoso “Club Luigi Di Maio“, dove persino “ricercatori“, troll e bufalari hanno sfruttato la polarizzazione degli utenti scritti al gruppo (ricordate la presunta casa di Giacchetti a Roma?). La ricerca e la condivisione di articoli bufale, senza verifica, a sostegno delle proprie idee e posizioni è evidente in numerosi casi, partendo da quello dei grillini di San Giovanni Teatino fino a loro parlamentari. Anche i Meetup erano diventate delle vere “camere di risonanza”, dove guai se si avvicinava un politico!

Cito alcune considerazioni di Walter Quattrociocchi in questa parte dell’articolo:

La disinformazione è uno dei grandi problemi della società moderna. Siamo di fronte ad un vero e proprio vaso di Pandora, non si capisce più cosa è vero e cosa è falso. L’essere umano ha la tendenza a costruire false credenze e i social in questo hanno dato un contributo decisivo. Chi li crea oggi i contenuti? Sempre meno le Istituzioni, oggi tutti noi creiamo e siamo consumatori di contenuti. E così la verità dell’informazione tende a sparire e ad essere sostituita da credenze.

Inoltre:

Facebook e Twitter hanno creato un canale diretto attraverso cui i contenuti arrivano dai produttori ai consumatori – da chi scrive a chi legge – cambiando il modo in cui gli utenti si informano, discutono le idee e danno forma al loro punto di vista sul mondo. Questo scenario potrebbe generare confusione su cosa causa i problemi globali e sociali, incoraggiando così un senso di paranoia basato su false voci.

C’è ancora gente che diffonde convinta la bufala evergreen del Senatore Cirenga o quella della vendita di carne di cane alla Cina approvata dal Parlamento con il voto contrario del M5S, figuriamoci se poi viene diffusa un’informazione politica che si rivela scorretta, di fronte alle evidenze e con i dati alla mano, ma di fatto funzionale al proprio gruppo.

Negare l’esistenza o sottovalutare la forza degli influencer, delle “camere di risonanza” e la capacità di creare consenso attraverso la Rete è tipico di coloro che in passato non credevano affatto nel mezzo Internet e lo sottovalutavano. Poi è nato il M5S.

David Puente

Nato a Merida (Venezuela), vive in Italia dall'età di 7 anni. Laureato presso l'Università degli Studi di Udine, opera nel campo della comunicazione e della programmazione web.
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