Che fine ha fatto Blue Whale?

In attesa che le Iene ripristinino il panico morale di questa primavera, ripercorriamo la storia del fenomeno Blue Whale nel mondo fino agli ultime segnalazioni

foto: di Gregory

Qualcuno si ricorda di Blue Whale? Nonostante la nostra stampa ne avesse già parlato nel 2016, è a maggio di quest'anno che la fantasiosa ricostruzione di Le Iene convince il pubblico italiano dell'esistenza di un'epidemia di suicidi di cui sarebbe responsabile un macabro gioco: 50 giorni di prove sempre più malate separano gli adolescenti da una fine orribile. Il contatto tra le vittime e i curatori, cioè coloro che prescriverebbero le prove, avverrebbe su internet sulla base di codici di riconoscimento insospettabili come hashtag sui social network, in particolare #f57.

C'erano tutti gli ingredienti perché scoppiasse un panico morale, e infatti anche da noi per diverse settimane tutti, compresi i media e le forze dell'ordine, hanno dato il loro contributo a creare un clima da emergenza nazionale.

Intanto però i servizi delle Iene venivano smontati, come da prassi. Nella patria originaria di Blue Whale, in Russia, è stato articolo giornalistico su Novaja Gazeta a collegare fra loro decine di suicidi (n.b.: nel paese i suicidi tra adolescenti sono 3 volte più frequenti rispetto alla media mondiale) e ad attribuirne la responsabilità a uno specifico gioco chiamato Blue Whale sul social VKontakte. Da allora si sono aggiunti altri dettagli, come il nome del presunto inventore Filipp Budejkin, creatore della pagina f57 sul social network russo VKontakte e altri gruppi. Inizialmente disse che voleva solo divertirsi e aumentare il traffico, poi si è dichiarato colpevole di istigazione al suicidio per 15 casi. Gli investigatori lo hanno però collegato alla morte di due ragazze, **Yulia Konstantinova **e Veronika Volkova ed è per questi casi che il ventiduenne è stato condannato lo scorso luglio.

Non è però affatto chiaro se Budejkin abbia davvero inventato il gioco come afferma, o se non abbia sfruttato dei memi già in circolazione. Quello che è certo è che le pagine e i gruppi accusati da Novaja Gazeta nascono poco dopo la morte di una ragazza in particolare, Rina Palenkova. Scrive Sofia Lincos su Query: "Poco dopo la sua morte, vennero create pagine web che sfruttavano la sua immagine e il tema del suicidio, raccontando che la ragazza avrebbe fatto di una parte di una setta segreta in qualche modo connessa al gioco della balena: su una di queste, chiamata “Sea of Whales“, comparvero video in cui la ragazza compariva insieme a messaggi cifrati (lettere ebraiche, numeri, strani loghi)".

Alcuni di quei loghi appartenevano a una marca di intimo e l'intera operazione, per ammissione dei creatori dei gruppi, aveva come scopo la pubblicità. In altre parole anche per la vittima simbolo di Blue Whale non ci sono prove convincenti che c'entrasse il gioco della morte.

Per lo Uk Safer internet Center il caso Blue Whale è quindi "un esempio di fake news sensazionalizzata".

Questo però non equivale a dire che sia innocua, come ci insegnano anche gli ultimi sviluppi del caso. Da secoli è noto che il suicidio genera fenomeni di emulazione (si parla anche di effetto Wherter) e che il modo in cui media ne parlano conta: tanto le aspiranti vittime quanto i curatori possono provare a realizzare quella che in origine era una leggenda metropolitana. Se il rischio che un adolescente qualunque rimanga risucchiato in un perverso gioco autodistruttivo è degno di un film (e infatti è già uscito il corto "ispirato a fatti reali" Blue Whale f57, mentre l'horror Nerve parla di un gioco simile), molto più preoccupante è invece la possibilità che la narrazione dei media, e il panico morale da essa generato, faciliti il contatto tra persone vulnerabili e aspiranti manipolatori.

Lo scorso giugno infatti la iena Matteo Viviani, pur avendo alla fine ammesso che i terribili suicidi usati per pompare il servizio non c'entravano nulla con la storia, difendeva ancora l'operazione e annunciava trionfante l'arresto di un altro presunto curatore, minacciando promettendo che il programma sarebbe tornato a occuparsi del caso con la nuova stagione.

A questo punto tanto vale giocare d'anticipo e riassumere gli avvistamenti più significativi del fenomeno Blue Whale. Come già dimostrato da Valigia Blu, prima del servizio delle Iene il gioco era sconosciuto in Italia. Ora, sempre in base a Google trends, sembra che l'interesse per il gioco sia rapidamente scemato.

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Tra le centinaia di segnalazioni ricevute in quel periodo, la procura di Milano a oggi avrebbe infatti accertato un solo caso connesso in qualche maniera al gioco: una ragazza, ora indagata, avrebbe istigato un adolescente a infliggersi tagli sulle braccia. Per il resto i pm parlano esplicitamente di psicosi.

Un altro caso, emerso di recente, è emblematico della complessità di queste situazioni. Una ragazza quindicenne di Prato ha provato a fingersi curatrice, poi si è resa conto del disagio della sua vittima, una tredicenne abruzzese, e ha fatto marcia indietro offrendosi anche come confidente. Le ragazze hanno probabilmente messo in pratica a loro modo la narrazione sentita in tv, e infatti sul telefono è stata trovata l'immagine di una balena blu, ma anche il pm conferma come «l'ombra del blue whale stia svanendo» dopo gli accertamenti.

Anche nel resto del mondo l'isteria su Blue whale sembra sia in una fase calante, ma con almeno un'eccezione.

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Negli ultimi due mesi la maggior parte delle notizie su Blue whale sono infatti arrivate dal Pakistan e dall'India, un'altra regione dove il suicidio tra giovani è molto più frequente che altrove. Qui la psicosi  sembra ancora fuori controllo e vediamo in atto il solito copione: casi indipendenti vengono collegati dalla stampa irresponsabile a una matrice comune, generando un flusso quotidiano di segnalazioni che scatena il panico.

Le scuole hanno cominciato a fare corsi speciali per parlare ai ragazzi di Blue Whale, alcune arrivano a requisire gli smartphone o a imporre le maniche corte per controllare facilmente segni di autolesionismo sugli avambracci. Le istituzioni, su pressione dei cittadini, discutono addirittura di bandire il gioco, senza ovviamente alcuna idea concreta di come procedere. Intanto, Blue Whale è talmente popolare in India che sono spuntati siti e app zeppi di malware che ne usano il nome. E ora gli stessi giornali che seminano il panico sul gioco suicida, si trovano paradossalmente a spiegare perché è pericoloso scaricare delle app che non sono il vero gioco....