ESTERI
Lo scrive il New York Times che cita una fonte dell'ente spaziale
Per il Columbia, dopo il decollo, il destino era segnato
La Nasa: "Impossibile
evitare la tragedia"
Agenzie spaziali: "Le crepe mostrate dalle foto non erano sull'ala"

NEW YORK - Alla Nasa ormai ne sono sicuri: la tragedia dello Shuttle, caduto sabato scorso in Texas, era inevitabile. L'agenzia spaziale americana, dopo tre giorni di studio e di riflessione su quanto accaduto, è arrivata alla conclusione che anche se i problemi della navicella fossero stati scoperti prima della manovra di rientro, avrebbe potuto fare "poco o nulla".

Lo scrive il New York Times, che citando appunto una fonte della National Aeronautics and Space Adminstration racconta di come, dal momento dell'incidente, gli esperti si siano interrogati a fondo su quegli ultimi, drammatici istanti del Columbia. Arrivando però sempre alla stesso punto: qualsiasi fosse l'opzione prescelta (tra le molte prese in considerazione a posteriori), sarebbe stato comunque inutile.

A tre giorni dalla tragedia ci si chiede, per esempio, se una scoperta "precoce" del danno provocato al momento della partenza dal distacco del materiale isolante del serbatoio esterno, avrebbe potuto far scattare una procedura in grado di salvare la vita dell' equipaggio e la navicella. Ma, ad esempio,il danno all'ala sinistra del Columbia fu scoperto solo il giorno successivo al lancio. Quando cioè lo shuttle era fuori dall'atmosfera ed era ormai impossibile attivare il pur previsto rientro d'emergenza. Inoltre gli esperti delle sei agenzie spaziali che partecipano alla realizzazione della Stazione spaziale internazionale smentiscono che le fessure dello shuttle Columbia che si vedono nelle foto delle prime pagine dei giornali di tutto il mondo siano sull'ala. Ciò per il semplice motivo che da nessun finestrino della navetta è possibile vedere l'ala del veicolo.

Ma quel che più tiene a precisare la Nasa è che se la navicella fosse stata fatta rientrare subito, si sarebbe comunque prodotta - e con gli stessi rischi - la stessa situazione che si è verificata sabato scorso. E probabilmente l'esito sarebbe stato il medesimo.

A conferma di ciò, scrive ancora il New York Times, arriva anche l'autorevole parere di Gene Kranz, che nel 1970 organizzò il salvataggio degli astronauti a bordo dell'Apollo 13. "Sulla base delle mie informazioni - ha detto Kranz al quotidiano statunitense - non c'era probabilmente niente da fare"

Intanto il cono di prua del Columbia, vale a dire il "muso" della navetta, è stato trovato in un bosco di Hemphill, al confine tra Texas e Louisiana. Ad avvertire le autorità è stato il proprietario del terreno, Nathan Enner, che su uno spazio di una ventina di metri ha trovato diversi frammenti della navetta, alcuni dei quali conficcati nel suolo dalla violenza dell'impatto.

Oggi gli esperti impegnati a scoprire le cause del disastro si prenderanno una pausa e parteciperanno insieme al presidente George W. Bush a una cerimonia commemorativa al centro spaziale Johnson. La cerimonia sarà seguita anche dallo spazio, con la partecipazione del cosmonauta russo Nikolai Budarin e dei suoi colleghi americani Kenneth Bowersoix e Donald Pettit che si trovano a bordo della Stazione spaziale internazionale (Iss).

(4 febbraio 2003)
 
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