The Dark side of Creative Commons.
Il fatto che Joichi Ito (fondatore di Creative Commons Corp.) finanzi e co-diriga una società (valutata 6100 milioni di dollari) che svilupperà (per conto dell'esercito e della marina statunitensi) il software per i simulatori utilizzati nell'addestramento dei militari è davvero un "fattore secondario" da minimizzare o sul quale sorvolare?
Sulla lista di discussione di creativecommons.it Elio Gabelli spara a zero su creative commons (e sembra centri appieno ogni bersaglio)
Si sofferma (tra l'altro) su Joychi Ito, fondatore e dirigente di Creative Commons Corp.
[...] Joichi Ito finanzia e co-dirige una società, 3Dsolve Inc. (www.3dsolve.com/ * www.3dsolve.com/people.html), quotata 6100 milioni di dollari. [..] che ha vinto l'appalto per fornire all'esercito americano e alla marina militare americana i simulatori per addestrare i soldati americani (sullo stesso sito di 3Dsolve si possono vedere simpatici esempi simulazione in cui vengono simpaticamente uccisi oppositori iracheni): si chiama simulation learning [...]
Ora chiedo:
Si può davvero minimizzare? (Nella lista di discussione c'è chi lo ha fatto)
Si parla di legami di un dirigente di Creative Commons con lo strumento di sterminio più discusso (e discutibile, fino a prova contraria) del pianeta (l'esercito statunitense)
Si parla di società quotate milioni e milioni di dollari. (E Creative Commons è legata, attraverso i suoi dirigenti, a diverse multinazionali; non ultima la Microsoft)
Siamo davvero sicuri che sia "un fattore secondario"?
Davvero l'auspicata nascita del "Copyleft" può essere guidata da poteri simili?
Per generalizzare: davvero la "rivoluzione della società della conoscenza" può venire da questi poteri?
Non è invece molto facile che tali poteri, contro la stessa "buona volontà" dei singoli (e come la storia insegna con un'infinità di esempi) possano influenzare pesantemente il suo percorso per trasformare ciò che dovrebbe costuituire un positivo progresso della civiltà in una colossale (e pericolosa) delusione?
Questa "rivoluzione" non dovrebbe venire invece, come è universalmente riconosciuto e auspicato, da altri attori?
(Vedi "Equalism: dissertazione su una nuova etica" e in partciolare il Cap VI: "Equalism e Copyleft")

Mi soffermo brevemente su uno dei punti più interessanti dell'intervento di Gabelli:
[...] Io impresa posso attingere a una grande produzione creativa organizzata,non devo pagare diritti d'autore, non devo fare ricerche di mercato (perché il mio target sono le stesse persone che creano e che dopo "avere lavorato per me" riacquistano da me ciò che loro stessi hanno prodotto) e non devo farmi nemmeno pubblicità (perché i "miei" prodotti sono già noti). Io impresa ci metto un supporto (un pezzo di plastica: tanto basta al commercio del digitale) e tu ci metti la tua creatività, il tuo lavoro, il tuo tempo, il tuo gusto... e poi anche i tuoi soldi.[...]
La "teoria" è espressa sbrigativamente ma, a mio avviso, non è del tutto infondata. (io stesso ho più volte parlato della possibilità che Creative Commons possa "degenerare" in una struttura "atta a gestire e spacciare la produzione intellettuale di massa")
* Febbraio 2005 Pre-Illuministi? (risposta a newbrainframes) (di Danilo Moi)
[...] Molte "buone idee" hanno una sorte miserabile. (E questo si sa) La sorte miserabile che sembra toccare alle Creative Commons è la totale miscomprensione di questa "volontà di equilibrio", il "Common" prende infatti il sopravvento a scapito della "creazione e della sensibilità individuale". Il "Creative" viene annichilito nella banalità del "Common". Questo "degenerare teorico" potrebbe però avere implicazioni tutt'altro che teoriche: si potrebbe infatti manifestare molto facilmente nella determinazione di una struttura atta a gestire e spacciare la produzione intellettuale di massa [...]

Creative Commons è stata quindi soltanto una bella illusione? E' in atto un errore imperdonabile.
Creative Commons scorda progressivamente la componente che la ha costituita: il supporto dei singoli individui introdotti in un "processo istituzionale".
Sono i "Commoners" che hanno dato vita a Creative Commons, in particolar modo qui in Italia.
Se Creative Commons non abbandonerà la "tentazione istituzionale" che ora sembra seguire fallirà il suo obiettivo.
L'anno scorso scrivevo.
[...] La coscienza dell'esigenza di un appoggio istituzionale, presupposto necessario all'obiettivo principe: il riconoscimento legale delle licenze, è quindi per la Creative Commons un fattore palese ed inequivocabile.
Accanto alla direzione istituzionale inoltre, in una proficua "quadratura del cerchio", la Creative Commons riesce progressivamente a coinvolgere gli ambiti e le realtà del composito mondo dell'associazionismo, della piccola editoria, dell'attivismo, dell'informazione "alternativa", del giornalismo free-lance, fino alla capillare e capillarizzata rete dei blogs personali: tutto ciò costituisce per il progetto stesso una poderosa cassa di risonanza a livello mondiale.[...]
(da Creative Commons: La rivoluzione pacifica attraverso il diritto)
Ma se il progetto Creative Commons non riuscirà a tenere quella "quadratura del cerchio" quella "cassa di risonanza" cesserà di "risuonare" e il progetto si spegnerà in un miserabile silenzio.