Il libro digitale minaccia il pluralismo culturale?

C'è chi sostiene questo. Ma a rischio è soprattutto il portafoglio degli editori.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 10-04-2011]

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Reduce da un recente viaggio negli Stati Uniti dove ha preso conoscenza delle difficoltà economiche incontrate dalle case editrici di riviste e libri cartacei, il ministro della cultura d'oltralpe sta cercando di sdoganare a livello europeo il concetto che "il libro digitale è un prodotto commerciale atipico" e perciò autori, editori e distributori debbono godere di una particolare garanzia almeno a livello comunitario.

Indubbiamente la distribuzione di giornali e libri da leggere e conservare sul proprio computer o, più modernamente, su uno dei vari tablet o e-reader, sta rivoluzionando l'approccio alla notizia e anche alla cultura come lo conoscevamo sino ad appena qualche anno addietro.

E' anche vero che sin qui la cultura è stata vista (e continua a essere ritenuta) un prodotto da sfruttare commercialmente anziché un'occasione di accrescimento delle doti personali e di arricchimento sociale.

La consistenza delle entrate di autori, letterati e di tutti quelli che sin qui hanno avuto buon gioco nello sfruttare il desiderio di conoscenza, è ora messa a rischio da giganti della distribuzione digitale, sempre più spesso e massivamente operati online. Aziende del calibro di Amazon, Google, Apple ed altre hanno iniziato un'offerta concorrenziale che sta letteralmente tagliando l'erba sotto i piedi degli editori tradizionali.

D'altra parte, in Francia e non solo sono gli editori che fissano il prezzo di vendita dei prodotti cartacei con riduzione dell'imposta sul valore aggiunto, mentre i distributori di opere prodotte all'estero assumono la figura giuridica del mandatario.

Al contrario, la pubblicazione in digitale ha sinora goduto di una certa autonomia in ambito europeo, anche a causa della disattenzione dei vari legislatori nazionali.

Frédéric Mitterrand, facendosi ancora una volta interprete delle esigenze dei venditori di cultura, ritiene perciò che la soluzione consista nel prezzo obbligatoriamente eguale per tutti: una sorta di cartello internazionale che serva soprattutto a bloccare alla radice la vendita digitale di opere provenienti da paesi extracomunitari, eliminandone la concorrenza anche solo potenziale.

Da parte sua, la Fédération Nationale d'Achat des Cadres (Fnac), multinazionale di gruppi di acquisto nel campo dell'editoria e dell'immagine in senso lato, per bocca del suo patron Alexandre Bompard giustificherebbe il prezzo unico dopo aver constatato quanto sta succedendo in Gran Bretagna e Stati Uniti, dove tale soluzione non è stata adottata.

Pure il sindacato dei distributori di "passatempi culturali" - e ovviamente gli editori - si dichiarerebbero soddisfatti dal cartello all'interno della Comunità e dall'adozione di misure protezionistiche per le opere provenienti da paesi extracomunitari. Resta da vedere come farà il ministro francese a gabellare le misure richieste come necessarie a garantire la libera concorrenza e il pluralismo culturale in ambito europeo.

Intanto, infischiandosene dei trattati, Mitterrand ha presentato il provvedimento in Senato e ora andrà in dicussione alla Camera dei Deputati; ma viene da chiedersi se e quanto i traumi subiti nell'infanzia e oggetto di un famoso outing influiscano ancor oggi nelle sue scelte fortissimamente condizionate e sostenute dal presidente Sarcozy. Quest'ultimo, a suo tempo gli rinnovò incondizionatamente la fiducia, nonostante la pubblica affermazione del ministro che "pedofilia e omossesualità sono forse relazioni sbagliate ma non crimini".

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