UE, no al copyright sulle funzionalità software

Reverse engineering e interoperabilità sono fondamentali per il progresso tecnologico. Le idee non sono protette dal diritto d'autore.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 03-05-2012]

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La vicenda legale che vede contrapposte World Programming Limited e SAS, giunta davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, avrà ricadute positive per la giurisprudenza sulla brevettabilità del software nel Vecchio Continente.

In Europa, a differenza di quanto avviene negli Stati Uniti, il software non è protetto da brevetto, ma soltanto dal copyright.

Così, quando SAS ha denunciato WPL, è intorno al copyright che s'è svolta la battaglia.

Motivo del contendere tra le due società è il software, realizzato da WPL, che fornisce funzionalità analoghe a quello prodotto da SAS ed è con quest'ultimo compatibile.

WPL l'ha sviluppato acquistando una licenza d'uso, il software di SAS e un manuale, e ne ha riprodotto le funzionalità, ma per realizzare il proprio programma non ha avuto accesso al codice originale.

Secondo SAS, ciò costituiva comunque una violazione del copyright. Secondo la Corte di Giustizia, invece, la violazione non esiste, poiché il diritto d'autore tutela il codice concreto quale forma assunta dall'idea che vi sta dietro, ma non l'idea stessa.

In sostanza: se due software forniscono le medesime funzioni ma non hanno parti sostanziali di codice in comune (nessuno ha copiato codice da nessun altro, ma si è giunti a fornire le medesime soluzioni con processi di sviluppo separati), non si riscontra alcuna violazione del copyright.

«Chi acquista una licenza software ha il diritto di osservarlo, studiarlo e testarne le funzionalità al fine di determinare quali siano i principi di funzionamento di ogni elemento del programma» scrive la Corte nella sentenza relativa al caso.

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È questa una differenza fondamentale tra l'Europa e gli Stati Uniti: là, infatti, è l'idea stessa a poter essere coperta da brevetto, come le diverse cause intentate dai troll dei brevetti (patent troll) dimostrano.

Per la Corte di Giustizia, inoltre, «il detentore del diritto d'autore su un programma di computer non può prevenire, anche utilizzando gli accordi di licenza, un utente dal cercare di determinare le idee e e i principi alla base di tutti gli elementi del programma ottenuto in licenza», approvando di fatto il ricorso alla pratica nota come reverse engineering.

Il motivo è persino ovvio, ed esplicitato dalla Corte stessa: «La funzionalità di un programma informatico e il linguaggio di programmazione non possono essere protetti dalle norme sul copyright. Accettare che la funzionalità di un programma informatico possa essere protetta dalle norme sul copyright significherebbe rendere possibile la monopolizzazione delle idee, a detrimento del progresso tecnologico e dello sviluppo industriale».

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