Il presidente di Mediaset si scaglia contro i servizi della Rete che "si approfittano dei produttori di contenuti" e chiede l'intervento del Governo.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 19-11-2009]
"Noi investiamo la metà di quello che ricaviamo in prodotti e in contenuti. Se altri approfittano dei contenuti perché vengano mandati in rete dai privati, soprattutto giovani, non ci sarà futuro per chi come mestiere fa i contenuti": Fedele Confalonieri è adirato, e la sua ira ha due bersagli ben precisi: YouTube e Google.
Sarebbero questi i soggetti che, secondo il presidente di Mediaset, si approfittano di chi produce contenuti, sfruttando i privati che li condividono e disprezzando la proprietà intellettuale.
Dice ancora, infatti, Confalonieri: "Oggi internet si avvale di una parola magica che è "free". Se i vari YouTube, Google, non riconoscono il valore della proprietà intellettuale non si può investire".
In effetti Confalonieri accenna anche al settore delle notizie quando afferma che "ci deve essere un ritorno per chi produce e investe in contenuti anche per le news", sebbene non intenda agire in prima persona come ha invece fatto il padrone di News Corp.
Il presidente di Mediaset preferisce far risolvere la questione al Governo - con cui, si sa, è strettamente in contatto - e ai legislatori da cui invoca un intervento affinché si metta mano alla questione: le strategie tradizionali messe in atto dalle aziende non riescono a soffocare le attività della Rete, dunque queste ultime vanno proibite per legge.
L'uscita di Confalonieri è una sorta di commento alla presentazione dell'ottavo rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione nel nostro Paese, dal quale emerge "l'espansione dei media gratuiti e la sostanziale battuta d'arresto di quelli a pagamento (ad eccezione della Tv digitale)".
In due anni è calata la lettura dei quotidiani cartacei (dal 67% al 54,8%, quotidiani sportivi compresi), quella dei libri (dal 59,4% al 56,5%), e anche quella dei quotidiani online, passati dal 21,1% al 17,7%: per quest'ultimo dato il Censis attribuisce la responsabilità all'"evoluzione degli impieghi della rete: si pensi ai portali che pubblicano anche notizie di cronaca e di costume, a link e finestre informative aperte nei blog e nei social network abitualmente frequentati, ai motori di ricerca e agli aggregatori che rintracciano automaticamente le notizie in rete".
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