Alla radice del deficit di energia elettrica del Paese anche l'avventura di Wind?
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 21-08-2003]
Franco Tatò moltissimi sanno chi è: detto anche il Kaiser, perché parla correntemente il tedesco, ama la filosofia tedesca in cui è laureato (anzichè in economia) e per essere stato nella ex Germania comunista come manager risanatore di aziende.
Tatò è un manager tra i più importanti del Paese, non è nè di destra nè di sinistra: è stato il manager risanatore dei conti della Fininvest mentre Berlusconi cominciava i suoi primi passi in politica ed è stato l'amministratore delegato dell'Enel durante i Governi dell'Ulivo, nominato da Prodi e confermato da D'Alema e Amato.
Dopo l'esperienza dell'Enel è stato alla guida della Rizzoli Corriere della Sera ed ora ha assunto la carica di direttore generale dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, la famosa "Treccani" e dovrà vedersela con la crisi economica di questa particolare casa editrice.
I giornali, di proprietà di case editrici che ha diretto ed amministrato, come la Mondadori e la Rizzoli, lo amano e, forse, per questo non hanno messo in relazione il suo lungo periodo alla guida dell'Enel con il rischio di continui black out che è stato lo spauracchio degli italiani nell'estate 2003.
La colpa è stata distribuita democraticamente su ambientalisti e antinuclearisti, su quelli dell'Authority che regola la Rete e sull'afa e i condizionatori, sulla siccità e, perfino sul buon Dio, ma mai su Tatò, perché?
Che cosa ha fatto Franco Tatò negli anni in cui ha governato con spirito manageriale approccio decisionista l'Enel?
Beh, ormai siamo certi che non ha costruito nuove centrali, non ha ammodernato le vecchie, non ha investito in fonti energetiche rinnovabili, nemmeno quelle che abbondano nell'estate del 2003, come il sole.
Certamente Tatò ha tagliato gli organici del personale (pensionandoli a carico dello Stato), ha ridotto le sedi chiudendo tutte quelle nei capoluoghi di provincia e accentrando in quelle regionali, successivamente ne ha venduto gli immobili, ha ridimensionato i sindacati che erano troppo influenti nella gestione dell'Enel.
Come campione del liberismo, di cui si è sempre considerato alfiere non c'è che dire, anche se poi vedremo che non è tutto oro quello che luccica, ma come manager di un'azienda elettrica in quasi monopolio che avrebbe dovuto produrre più energia e a costi minori il bilancio è negativo.
La Confindustria, non i sindacati o le associazioni dei consumatori, sostiene con forza che le tariffe elettriche italiane sono le più alte in Europa e che costituiscono un fattore negativo per la competitività delle imprese italiane.
Che cosa non è riuscito a fare Tatò all'Enel? Beh, Tatò avrebbe voluto acquistare l'Acquedotto Pugliese ma non c'è riuscito, avrebbe voluto comprare l'Italgas ma non è andata così, era pronto ad acquistare una canale televisivo ma la privatizzazione Rai va a rilento.
La sua grandeur avrebbe voluto fare dell'Enel una potenza nel campo dell'acqua e del gas, un'impresa come quelle tuttora esistenti in Russia, retaggio del comunismo, che spaziano dal petrolio alle Tv, anche se sono di pochi privati che promuovono partiti e condizionano Putin.
La sua volontà di trasformare l'Enel, tuttora controllata a maggioranza dallo Stato, in una potenza industriale senza paragoni, ha sfondato nelle Tlc. All'inizio la creazione di Wind, il terzo gestore della telefonia mobile in Italia con un settore di telefonia fissa, sembra un'attività collaterale che non impegnerà più di tanto l'Enel, perché l'impegno è condiviso in partnership con due giganti della telefonia europea, allora alleati, come Deutsche Telekom e France Telecom.
Presto l'alleanza tra i due gestori telefonici va in crisi, in seguito l'ipotesi di un'alleanza, poi naufragata, tra DT e Telecom Italia, fa rompere Tatò con i tedeschi e l'Enel ne rileva la quota, infine sono i francesi, alla prese con una rilevante crisi finanziaria, a lasciare Wind e l'Enel deve indebitarsi per accollarsi la loro quota.
Su Wind - tutta di proprietà dell'Enel e non cedibile sul mercato a causa della crisi delle Borse - pesano gli oneri della gara per l'acquisizione della licenza UMTS e dell'acquisto di Infostrada. Ciò fa di Wind il maggiore concorrente di Telecom Italia nella telefonia fissa ed in Internet.
Intanto Tatò lascia, gli subentra una nuova gestione dell'Enel che ritiene l'investimento in Wind non più strategico, che vuole rifocalizzarsi sul business della produzione di energia elettrica, a Pompei, il manager che guida Wind, l'Enel dà ancora un miliardo di euro in dotazione ma lo avvisa che è l'ultimo.
Intanto Pompei strilla che se l'Authority non taglierà i prezzi per l'utilizzo della rete Telecom Italia, Wind uscirà dal fisso e l'Authority lo accontenta anche se solo parzialmente: si tratta di una boccata d'ossigeno, ma dopo? Per Wind si accavallano le voci: interesse dei cinesi di "3" o di Fastweb, poi l'alleanza industriale con i giapponesi di NTT che potrebbe, un giorno, tradursi anche in un ingresso nel capitale.
Le domande però sorgono spontanee: quanto sarà costata alla fine l'avventura di Wind ai contribuenti e ai clienti dell'Enel, visto che l'attivo di bilancio per Wind è ancora lontano da vedersi?
Quanto si sarebbe potuto fare in termini di aumento della produzione di energia elettrica, di ammodernamento della rete di distribuzione, di riduzione delle tariffe elettriche, di investimenti per il risparmio energetico, con i soldi che l'Enel ha investito in Wind?
Sono domande che mi piacerebbe molto i giornali ponessero a Franco Tatò, detto il Kaiser.
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