La cessione di Wind agli egiziani di Orascom: una storia di ordinaria globalizzazione.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 12-04-2005]
Piero Gnudi, manager molto stimato da Berlusconi, circa due anni fa aveva assunto l'incarico di Presidente dell'Enel, unico azionista del gestore telefonico fisso e mobile Wind, il terzo nella telefonia mobile italiana, il secondo nella telefonia fissa dopo l'acquisizione di Infostrada e il primo Internet Provider italiano. Gnudi due anni fa aveva detto chiaramente che avrebbe concentrato l'Enel nella produzione di energia elettrica e nella distribuzione del gas e che le Tlc non facevano parte del suo core business e che l'Enel sarebbe presto uscita da Wind.
Con questa dichiarazione, aggiungendo che l'Enel non era più disposto a investire altre risorse in Wind (infatti ha stanziato in questi due anni un miliardo di euro, appena sufficienti a non farla chiudere ma non certo a fare decollare l'Umts e a sviluppare la rete fissa) Gnudi abbandonava definitivamente il sogno accarezzato da Franco Tatò di fare dell'Enel una grande multiutility, che spaziasse dall'energia alle Tlc agli acquedotti fino alla Tv, in cui Tatò avrebbe voluto entrare acquisendo un canale Rai e/o alcuni canali della Tv digitale.
Niente più Tlc nel futuro dell'Enel, che pure erano ruscite a far apprezzare maggiormente il titolo in borsa, al momento della privatizzazione parziale dell'Enel. Ora costituiscono un grosso fattore di perdita e di delusione per gli azionisti e fanno ombra a future nuove vendite di azioni Enel da parte del Governo, che vuole così rastrellare risorse per ridurre le tasse e, nel contempo, dimostrare di essere veramente un governo liberista.
Il governo Berlusconi è riuscito a dribblare i francesi di France Telecom, molto interessati a entrare nel mercato italiano, vista la presenza di Telecom Italia sul mercato francese, oggi rafforzata con l'acquisizione da parte di Tronchetti Provera di Tiscali France. L'unico problema è che France Telecom, che solo oggi sta uscendo da una grave crisi finanziaria, non era disposta a pagare cash ma voleva rientrare in Wind, di cui, insieme all'Enel, era stata uno dei soci fondatori, pagando in titoli France Telecom. In questo modo il guadagno sarebbe stato limitato e lo Stato italiano, attraverso l'Enel, si sarebbe trovato ad essere il secondo azionista di France Telecom dopo lo Stato francese. Non ci sarebbe stato niente di male, poichè già oggi i due Stati sono alleati nelle ferrovie con joint-venture tra Sncf e Fs e si apprestano a diventarlo, molto probabilmente, con una fusione Air France-Alitalia, dove la parte del leone la farà Air France.
Scartati i francesi, si è presentata all'orizzonte la cordata degli imprenditori egiziani di Orascom, potente gruppo di telefonia mobile del Medio Oriente, con più di trenta milioni di abonati, dall'Egitto all'Iraq. In Italia li rappresenta il vecchio leone del capitalismo italiano Cesare Romiti, almeno nei primi momenti, e per quache tempo sembra profilarsi anche un fondo di investimento statunitense. Ma vince Orascom anche perché è quella che mette più denaro liquido.
A questo punto più del 60% delle azioni Wind dovrebbero passare agli egiziani e, in un secondo momento, dopo che l'Enel avrà goduto degli sgravi fiscali collegati alle forti passività di Wind, anche la restante parte dovrebbe essere dismessa, ponendo fine così alla presenza dello Stato nelle Tlc italiane che, paradossalmente, ha privatizzato Telecom Italia per poi investire una cifra analoga a quella che ha ricavato vendendola, in Wind.
In questo momento cominciano le polemiche in Italia: c'è chi accusa il Governo Berlusconi, come per esempio Francesco Rutelli della Margherita, di svendere Wind per coprire i debiti e fare qualche demagogica riduzione fiscale, facendo andare all'estero un pezzo importante delle Tlc italiane, settore tra i pochi trainanti e in buona salute della nostra traballante economia.
Bisogna dire che, da una parte, è vero che con la cessione di Wind agli egiziani, dopo la cessione di Omnitel a Vodafone e l'ingresso in massa in Italia dei cinesi di H3G, la 3 della telefonia Umts, all'Italia in questo settore così forte della nostra economia di italiano ci rimane, almeno per ora, solo la Tim appena fusasi con Telecom Italia.
Il Governo italiano, però, se avesse voluto tenersi Wind, avrebbe dovuto investirvi ancora qualche miliardo di euro, che avrebbe dovuto tirare fuori da qualche parte. Più che non svendere qui si tratta di non avere più le risorse per tirare avanti e quindi di dover chiudere Wind. La possibilità di trovare un partner italiano a Wind, come si prospettava con Fastweb, non è andata in porto perché Fastweb non aveva i capitali necessari per pagare Wind e nessuno, in questa situazione economica generale del Paese, si è fatto sotto.
Opporsi poi all'acquisto di Wind da parte di investitori stranieri non sarebbe coerente da parte del Governo e delle stesse forze di opposizione, che invece non vogliono opporsi al controllo straniero (anche se di spagnoli e olandesi) di importanti banche italiane, come la Bnl e l'Antonveneta, a cui ormai si oppone solo il Governatore di Bankitalia Fazio.
Una cosa diversa, invece, come chiedono i sindacati di settore Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil e le Rsu Wind, è avere precise garanzie da parte del Governo in materia di mantenimento dell'occupazione in Wind e di rispetto delle tutele contrattuali, oppure chiedere, come fa il Codacons, di essere consultati dal Governo.
La cessione di Wind a un gruppo di telefonia di un Paese considerato ancora in via di sviluppo come l'Egitto è solo una storia di ordinaria globalizzazione: la globalizzazione non consiste solo nel fatto che più di mezzo milioni di italiani va in inverno a prendere il sole a Sharm-El-Scheik oppure che molte pizzerie milanesi siano gestite da egiziani, ma anche in questa operazione finanziaria che potrebbe portare anche fortuna a Wind, in considerazione che l'area del Mediterraneo in cui opera Orascom è forse uno dei bacini a maggiore tasso di crescita del mondo in questo momento.
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