Da oggi, chi pubblica e aggiorna periodicamente un sito Web, _anche_amatoriale_, senza registrarsi ufficialmente presso la burocrazia italiana è punito con mezzo milione di multa e/o due anni di carcere.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 13-04-2001]
Articolo 21 della Costituzione della Repubblica Italiana: "La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure". (http://www.parlamento.it/funz/cost/art21.htm)
Ah no?
Invito tutti a leggere attentamente e riflettere sull'articolo pubblicato oggi da Punto Informatico:
E' un giorno triste, tristissimo per la libertà in Italia. Da oggi, chi pubblica e aggiorna periodicamente un sito Web, _anche_amatoriale_, senza registrarsi ufficialmente presso la burocrazia italiana è punito con mezzo milione di multa e/o due anni di carcere.
Se fosse successo quattro giorni fa, avrei pensato a un pesce d'aprile. Ma non è così: è quello che prevede la nuova legge sull'editoria (62/2001), che entra in vigore proprio oggi.
Ripeto: questa legge non colpisce soltanto i quotidiani online, come lo stesso Punto Informatico, Apogeonline, ZeusNews e tanti altri, tutti nati dalla fatica di gente che si è sbattuta (spesso senza mai farsi pagare) per fare qualcosa di nuovo, qualcosa che potesse dare _vera_ informazione agli utenti, non quella pappina edulcorata che ci propinano i quotidiani. Se pensate che io stia esagerando, provateci voi a pubblicare su un giornale un articolo che critica seppur blandamente Microsoft o Telecom Italia, come ho fatto io, e vedrete che reazione otterrete.
Nossignore. Questa legge ha effetto su _tutti_ i siti Internet, anche quelli pubblicati da appassionati. Quindi anche sul vostro (magari piccolo) sito personale.
Anche il mio sito (http://www.attivissimo.net), dove offro gratuitamente i miei libri e le altre sconcezze che scrivo, è da considerare da oggi fuorilegge, perchè lo aggiorno periodicamente. Per mettermi in regola dovrei, cito Punto Informatico, "assumere/individuare un direttore responsabile che abbia i requisiti per essere iscritto all'Ordine dei Giornalisti o agli elenchi speciali per le testate specializzate e che "controfirmi" la registrazione del sito presso il tribunale della città ove risiede 'l'editorè".
E, naturalmente, pagare una gabella all'Ordine dei Giornalisti.
Per gli utenti comuni, un costo insostenibile e un fardello burocratico inconcepibile. Una mostruosità burocratica degna di un regime [X] nordocoreano [X] sovietico [X] Talebano (mettere una X nella casella più rispondente al caso specifico). E vorrei far notare, prima che mi si creda animato da intenti di propaganda politica di parte, che la legge è passata con l'accordo di _tutti_ quelli che si tengono stretti la strapagata poltrona in Parlamento: quelli di destra, quelli di centro, quelli di sinistra. Tutti d'accordo nell'instaurare un regime di censura totalitaria che non ha precedenti in Europa.
Per i siti degli appassionati c'è una sola tenue scappatoia: non essere periodici e inserire nelle proprie pagine (così dice Punto Informatico) "il nome e il domicilio dell'editore e l'indirizzo della locazione fisica del server".
Ma chi definisce che cosa è periodico e cosa no? Se io aggiorno il mio sito una volta al mese, ma non lo stesso giorno, sono periodico? Se aggiungo una pagina Web alla settimana, sono periodico? Se lo aggiorno una volta l'anno?
E poi come diavolo faccio a sapere "l'indirizzo della locazione fisica del server"? A chi la chiedo? Al mio provider? E se quello la cambia, in galera ci vado io per falsa dichiarazione?
In altre parole, la legge è concepita specificamente in modo da scoraggiare chi voglia fare qualcosa a livello amatoriale ma non danneggiare le testate Internet commerciali in mano ai soliti quattro gatti. I siti commerciali, infatti, possono permettersi gabella e 'direttore responsabilè; gli appassionati no.
E' lo stesso principio usato a suo tempo per le radio private (ricordate il coraggio di Radio Milano International, 1975?) e le televisioni private (pretori che oscuravano Retequattro e compagnia bella) negli anni 80. Chi ha i soldi va avanti come prima, chi fa le cose per passione chiude.
Ovviamente, dato che improvvisamente la totalità dei siti Web italiana è diventata fuorilegge, la nuova norma non sarà applicata a tappeto. Anzi, probabilmente non verrà applicata del tutto: la si tiene lì, pronta per essere tirata fuori quando serve contro chi è sgradito al potere. Come il recente "bollino SIAE" obbligatorio su tutti i supporti elettronici multimediali, è a disposizione del magistrato o del politico che ha bisogno di far fuori una voce scomoda.
Mi dispiace parlare in termini così sessantottini, ma è così che stanno le cose.
Fra l'altro, per evitare i rigori del censore di Stato, non basta pubblicare il sito su un server estero (tipo Geocities). Se le informazioni pubblicate partono da un mittente in Italia, sono soggette alla legge italiana anche se fisicamente stanno all'estero.
Sarò sincero: me l'aspettavo. Non per nulla ho lasciato l'Italia anni fa. Abitando all'estero (e i marescialli/magistrati/politici/giornalisti che mi leggono ne siano avvisati), io non sono soggetto a questa legge assurda. Quindi continuerò a pubblicare i miei articoli come prima, dicendo quello che penso, pubblicando le smentite quando sbaglio, parlando liberamente contro chi fa leggi assurde, scrive software bacato e pericoloso, vi rifila bufale, e quant'altro. Anche se la legge italiana mi considera ormai un "sovversivo" che pratica nientemento che "stampa clandestina".
Il bello è che proprio dopodomani torno in Italia per qualche settimana. Secondo la nuova legge italiana non potrò aggiornare il mio sito mentre sono in Italia, altrimenti sarò punito con multa da 500.000 lire e/o due anni di carcere.
Mi metterò dunque il bavaglio per due mesi? Sarò costretto a limitarmi agli articoli che Apogeonline e ZeusNews cortesemente (e spesso coraggiosamente) mi pubblicano? State in ascolto.
Se qualcuno ha ancora il coraggio di dire che l'Italia è un paese democratico, si faccia avanti. Senza ridere.
NOTA LEGALE Questo messaggio/pagina Web non ricade nell'ambito della legge italiana 62/2001 (divieto di pubblicazione senza previa registrazione presso il Tribunale e pagamento di tassa di registrazione), in quanto originato fuori dall'Italia a difesa della libertà di espressione e di opinione.
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