Quattro chiacchiere con Davide Giacalone, esperto di Tlc che si è occupato fin dall'inizio dello scandalo delle intercettazioni. Si parte da Brasil Telecom...
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 04-08-2006]
Secondo una versione accreditata dallo stesso presidente di Telecom Italia Marco Tronchetti Provera, sembrerebbe che lo scandalo intercettazioni Telecom/Sismi, il cosidetto TavaroliGate, inizi e finisca tutto sulle colonne dell'Espresso e della Repubblica. A occuparsene in tempi non sospetti è stato anche un giornalista non sospettabile di simpatie di sinistra e alieno, da sempre, da ogni facile giustizialismo.
Si tratta di Davide Giacalone, collaboratore del quotidiano Libero, e soprattutto grande esperto di telecomunicazioni, essendo stato capo della segreteria del ministro delle Poste Mammì e componente dei consigli di amministrazione di Sip, Italcable e Telespazio prima della privatizzazione. A Giacalone abbiamo posto qualche domanda sul caso Tavaroli e dintorni.
ZN: Che idea si è fatta del TavaroliGate"?
ZN: E' un argomento che lei conosce bene...
Davide Giacalone: "Di queste faccende ho scritto prima, molto prima che un pubblico ministero se neoccupasse. Nel lungo conflitto interno alla società Brasil Telecom, sia la parte brasiliana che quella italiana hanno fatto ricorso allo spionaggio".
ZN: Con quali differenze?
Davide Giacalone: "Mentre i brasiliani si erano rivolti a una società internazionale, nota per il suo ruolo negli scontri fra protagonisti del mercato, così come per il contributo dato nel corso di inchieste penali (vedi Parmalat), la Kroll, gli italiani di Telecom Italia avevano già dimostrato di muoversi in proprio, con uomini a questo dedicati, il che non era del tutto normale".
ZN: Cosa accadde in Italia?
Davide Giacalone: "Nello specifico delle intercettazioni telefoniche, furono gli stessi uomini di Telecom Italia, e primo fra tutti il braccio destro di Marco Tronchetti Provera, vale a dire Giuliano Tavaroli, a farsi vanto dell'avere preso le redini di questo settore, rendendolo anche economicamente profittevole".
ZN: Con quale scopo?
Davide Giacalone: "L'impressione, dall'esterno, è che si sia creato un enorme giacimento di dati e informazioni sensibili, utilizzabili, a seconda dei casi, per rispondere alle esigenze dell'autorità giudiziaria, per contribuire a inchieste private, per condurre battaglie commerciali e per alimentare il più che opaco mondo dei mormorii.
ZN: Negli anni '70 ci sono stati altri fenomeni di intercettazioni molto diffuse di tipo illegale anche da parte dell'allora Sip. E' possibile che la natura privata dell'attuale Telecom Italia renda ancora più facili questo tipo di deviazioni?
Davide Giacalone: "Ciò che rende più facile lo stoccaggio di enormi quantità d'informazioni, riferite a numeri impressionanti di persone, è l'evoluzione dell'informatica. Il fatto che Telecom Italia sia una società privata di per sé non cambia molto, anche perché la stessa Sip era una società quotata in Borsa, pertanto privata, sebbene lo Stato ne detenesse una quota di controllo".
ZN: Finora il Governo Prodi è stato molto prudente sul caso Sismi e curiosamente assolutamente silenzioso sul Tavaroli Gate: perché? Rispetto assoluto della magistratura o altro?
Davide Giacalone: "Il rispetto della magistratura non c'entra. Anche perché se è vero, come ho detto all'inizio, che si deve rispettare il diritto e non anticiparne l'esito processuale, è anche vero che Governo e Parlamento hanno poteri distinti e distinte responsabilità. La prudenza è una buona cosa. Forse varrebbe la pena di far notare che in passato, anche assai recente, Telecom Italia ha potuto giovarsi di un modo assai benevolo di considerarne le scelte; la sua proprietà ha potuto avere, dalle autorità di controllo, un trattamento assai distante dall'essere attento e severo".
"Forse varrebbe la pena ricordare che qualsiasi mercato si corrompe se le regole vengono interpretate in modo elastico e rispettate con andamento opzionale. L'intera vicenda che parte dalla privatizzazione di Telecom Italia è colma di regole cui si è fatto marameo e, ancora oggi, la catena di controllo è libera dal pur evidente obbligo di consolidare. Ecco, su questo non c'è alcuna sentenza da attendere, ma solo dei doveri da adempiere".
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