Il fondatore Mark Zuckerberg spiega che i cambiamenti nelle condizioni d'uso sono indispensabili per poter fornire i servizi.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 17-02-2009]
Alla fine è dovuto intervenire Mark Zuckerberg in persona per chiarire meglio la situazione che si è creata quando qualcuno ha cominciato a notare i recenti cambiamenti apportati alle Condizioni d'uso di Facebook.
"La nostra filosofia" - ha spiegato il Ceo del social network - "è che la gente possiede le proprie informazioni e controlla la loro condivisione con terzi".
Per poter mostrare ad altri ciò che un utente vuole condividere, però, Facebook deve avere una licenza che gli permetta di farlo: ecco perché le condizioni d'uso chiedono che gli iscritti accettino la manipolazione dei loro contenuti. Altrimenti il servizio sarebbe impossibile.
È ancora Zuckerberg a spiegarlo: "Quando una persona condivide qualcosa, come un messaggio, con un amico, vengono create due copie di quel messaggio - una nella cartella di posta inviata e l'altra nella cartella di posta in arrivo dell'amico". Se poi il mittente cancella il proprio account, l'amico deve poter conservare il messaggio inviatogli e ospitato sui server di Facebook: ecco il perché di quella clausola.
D'altra parte, scrivere un contratto richiede il rispetto di certe convenzioni: "Buona parte del linguaggio delle Condizioni è eccessivamente formale e protettivo nei confronti dei diritti di cui abbiamo bisogno per fornirvi il servizio". Insomma: nessuno vuole sottrarre agli utenti il controllo dei loro contenuti; c'è soltanto bisogno di avere le autorizzazioni necessarie per lavorare.
Credere soltanto alla buona fede e alle questioni tecniche è tuttavia un po' poco. Per questo Zuckerberg ricorda che le impostazioni sulla privacy sono vincolanti: "noi non condivideremmo mai le vostre informazioni in un modo che voi non volete". Ciò che è esplicitamente dichiarato come privato resta privato.
Che però tutto ciò non emerga molto chiaramente dalle nuove Condizioni è evidente, tanto che anche il Ceo di Facebook deve ammettere che - forse - le cose si potevano fare un po' meglio, specie considerata la natura delicata della questione: "È un terreno accidentato da percorrere e faremo qualche passo falso, ma [...] prendiamo questi problemi e le nostre responsabilità nel risolverli molto seriamente".
Forse il post del padre di Facebook non avrà fugato tutti i dubbi, ma almeno è segno del fatto che la questione è stata notata e presa in considerazione. D'altra parte, come ha fatto notare a suo tempo anche il nostro garante della privacy, i primi a preoccuparsi delle proprie informazioni personali devono essere gli utenti: l'importante è che, se uno vuole mettersi in vetrina, sappia bene a che cosa va incontro.
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