Limitare i diritti diventa un business

Due visioni opposte sulla DRM.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 02-03-2006]

CD protetto

Riguardo alla gestione dei diritti digitali (Digital Rights Management - DRM) si scontrano diverse visioni del mondo. Da un lato ci sono le persone attente ai diritti degli utenti, dall'altra quelli che pensano al business. Le due categorie hanno priorità e linguaggi del tutto incompatibili, e anche quando si incontrano con la massima buona volontà, ne esce un dialogo tra sordi.

È quello che emerge leggendo l'intervista che Scarichiamoli ha rivolto a Leonardo Chiariglione, passato alla storia, per così dire, come il padre del formato mp3, e oggi presidente di Digital Media Project (DMP).

Il progetto DMP cerca l'interoperabilità tra le varie protezioni, che oggi (per esempio) impediscono all'utente di iTunes di ascoltare musica acquistata con una tecnologia concorrente. Ma è un sistema che pone gli interessi delle major al centro dell'azione, a scapito ovviamente dei fruitori.

Vicino a sistemi selvaggi come quelli di Microsoft, Apple, e soprattutto Sony, quello di Chiariglione fa la sua porca figura, ma non è il primo a cercare uno "standard equo" e rispettoso (poco) dei diritti dei clienti. Il punto è che tra il rispetto dei fruitori e il sistema poliziesco che conosciamo, c'è una contraddizione filosofica: non possono coesistere.

Di fronte alle domande incalzanti di Scarichiamoli, mister mp3 non ha potuto che rimarcare la distanza tra la propria visione del mondo e quella dell'intervistatore. La visione di Chiariglione è quella, solita, dei neoliberisti di questi tempi: la concorrenza tra operatori è la massima tutela dell'utente.

Certo, concorrenza. Provate a immaginare: vorreste vedere "Blade Runner" ma, siccome il DVD di non funziona sul vostro lettore, per colpa di una DRM troppo zelante, vi tocca ripiegare su "L'esorciccio".

Il settore della distribuzione musicale non è diverso: sono molte le band che si vedono abbandonate dai supporter a causa delle protezioni vessatorie sui loro CD. Questo comportamento, estremamente lesivo per l'immagine dei musicisti, è imposto dalle major, per nulla intimorite dall'ipotetica competizione invocata da Chiariglione.

Portando avanti questa teoria, il nostro si rifiuta di parlare non solo di rootkit Sony, ma anche della sempre più evidente relazione tra DRM e Palladium. Nemmeno una parola sulle battaglie per l'accessibilità ai contenuti liberi, sulla diffusione di una cultura condivisa, senza i legacci del copyright.

Il modello che ha in mente è esclusivamente quello commerciale. Un modello lievemente migliore dell'attuale realtà, privo, grazie all'interoperabilità, degli idioti attriti tra standard DRM. Ma è un modello che prevede in ogni caso una fruizione a pagamento, imbrigliata nelle maglie della tecnologia.

Per noi la parola libertà ha un altro significato.

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