L'ente televisivo non distribuirà i contenuti pagati dagli italiani sotto licenze libere. L'annuncio con l'elastico è una prassi purtroppo comune.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 15-01-2007]
Le parole che rimandano a ideali di condivisione, di comunità, di sorgenti aperti, di libertà, sono diventati, per un certo gruppo di persone, tremendamente affascinanti. Scrivere che un software (ma anche un calzino) è opensource o creativecommons, storpiargli il nome in maniera da farlo assonare con Linux, fa tremendamente fico.
Quando si torna dopo un po' di tempo a visitare il sito in questione, solo i tecnici si accorgono che di open non c'è più niente, che la licenza è cambiata prima che sia stato rilasciato il sorgente. Ormai la notorietà è stata raggiunta, e nessuno si preoccupa di giustificare i cambiamenti con frasi del tipo "abbiamo cambiato idea nel frattempo, scusate, chissenefrega".
Chissà se è stato questo il progetto del ministro Gentiloni, quando, a metà dello scorso mese, ha fatto urlare al miracolo migliaia di sfegatati sostenitori dell'opensource. Sul sito del governo era apparso il "Nuovo contratto nazionale di servizio Rai", qui nella versione originale.
Che ci fosse qualcosa che non andava, lo aveva fatto notare subito Nicola Grossi: se i contenuti sono liberi, perche non distribuirli via digitale terrestre? Più che un'effettiva liberalizzazione, pareva un lancio pubblicitario per il servizio internet "on demand", in collaborazione con FastWeb.
La faccenda è ancor meno fine di quanto Grossi potesse supporre. Accessibilità gratuita? Licenze Creative Commons? Tutte parole al vento. Già dalla Befana, il "contratto" scompare dal sito del governo e un'altra "bozza" ora circola in Parlamento.
Andate pure all'articolo 6, e gustate la differenza: addio licenze libere, addio neutralità della rete, addio contenuti (già pagati) disponibili gratuitamente.
Ma ormai l'aumento del canone è stato già digerito e la brutta figura sicuramente raggiungerà il clamore del primo entusiastico annuncio. Tornano tristemente di attualità le petizioni per spingere la Rai e il governo a permettere a tutti gli utenti della rete l'accesso completo e gratuito all'archivio della televisione di stato, così come già attuato dalla Bbc nel Regno Unito.
All'indomani della legge finanziaria, i sostenitori dell'Unione hanno rimproverato il governo di "insufficiente comunicazione", intendendo con questo che non sono stati in grado di far valere gli aspetti positivi di una manovra impopolare. Forse il ministero che della comunicazione prende il nome ha già imparato la lezione: usiamo gli stratagemmi del peggior marketing, e saremo vincenti.
Mentre ammaina le bandiere e ripone le trombette, il cosiddetto popolo della rete commenta e mugugna: difficilmente si farà ancora incantare dalle sirene del ministro blogger.
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