Prosegue l'indagine antibufala: ha senso boicottare Esso e Shell?
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 13-03-2003]
Sembra esserci un boom di catene di sant'Antonio riguardanti i prezzi di benzina e petrolio; sarà l'effetto Iraq. La bufala di oggi riguarda in particolare un appello che dichiara di provenire dalla Francia. "Siamo venuti a sapere di un'azione comune per esercitare il nostro potere nei confronti delle compagnie petrolifere: semplice e geniale!" inizia l'appello.
"I petrolieri e l'OPEC ci hanno condizionati a credere che un prezzo che varia tra 0,95 e 1 euro al litro sia un buon prezzo, ma noi possiamo far loro scoprire che il prezzo conveniente è la metà.... La proposta è che, da qui alla fine dell'anno, non si compri più benzina delle due più grosse compagnie, SHELL e ESSO, che peraltro ormai formano una compagnia soltanto. Se non venderanno più benzina, saranno obbligate a calare i prezzi. Se queste due compagnie calano i prezzi, le altre dovranno per forza adeguarsi."
L'appello si conclude con due perle di prima grandezza: "Inviate dunque questo messaggio a dieci persone, chiedendo loro di fare altrettanto. Abbiamo calcolato che, se tutti sono abbastanza veloci nell'agire, potremmo sensibilizzare circa 300 milioni di persone in otto giorni". Più che "sensibilizzare", direi "spammare", dato che l'idea di diffondere trecento milioni di messaggi inutili è proprio tipica dello spamming più abietto. "E' certo che, ad agire così, non abbiamo niente da perdere, non vi pare?" Certo, niente da perdere se non la faccia.
Per la precisione, in Italia il prezzo della benzina è composto da prezzo industriale (quello che va ai produttori), accisa e IVA al 20% (che vanno al fisco). Secondo dati di febbraio 2003, citati da Il Nuovo del 5 febbraio 2003 e confermati da altri siti come questo, che dichiara "dati forniti dal Ministero dell'Industria", quasi tre quarti di quello che si paga al distributore va al Fisco.
Per dirla con Il Nuovo, i prezzi finali dei carburanti "sono infatti la risultante del prezzo industriale a cui va aggiunta l'accisa e l'Iva al 20% applicata sul totale delle prime due voci. Dunque, degli 1,095 euro che arriva a costare agli automobilisti un litro di verde, solo 0,371 euro circa sono legati all'effettivo costo del carburante. La parte rimanente, pari a 0,724 euro, è invece costituita da tasse (0,542 euro il peso dell'accisa e 0,1825 quello del'Iva)".
In altre parole, i produttori possono decidere di ridurre quei 37 eurocent al litro; sulle altre voci non hanno modo di intervenire. Supponiamo, giusto per ridere, che in un impeto di mirabile generosità, magari scossi da questo appello, i produttori decidano di lavorare gratis (e come loro i loro dipendenti e i benzinai) e rinuncino completamente alla loro quota, regalando benzina. La benzina scenderebbe da 109,5 eurocent a 72,4 eurocent (ossia da 2120 a 1400 vecchie lire), ma di certo non si dimezzerebbe come promette l'appello.
E' comprensibilmente difficile che i produttori di petrolio decidano di rinunciare a tutti i loro ricavi: diventerebbe un tantinello difficile pagare gli stipendi ai loro dipendenti. Ma chissà, magari un appello del genere potrebbe perlomeno indurli a ridurre la loro quota di ricavi.
Può darsi. Ma l'effetto della riduzione dei ricavi sul prezzo della benzina sarebbe modesto. Per esempio, supponiamo che le società petrolifere, messe sotto pressione dalla campagna promossa dall'appello, riducano del 20% i propri ricavi. Sarebbe un risultato industrialmente ragguardevole, dato che come qualsiasi azienda, le società petrolifere hanno alcuni costi di produzione non comprimibili: stipendi e tasse, ammortamento degli impianti, materie prime e materiali di consumo, eccetera.
Ho fatto due conti, e persino in un caso così improbabile, la riduzione alla pompa ammonterebbe in totale a 9,5 eurocent. In altre parole, quand'anche le società riducessero miracolosamente del 20% i propri ricavi (sottolineo ricavi, non guadagni) senza schiattare, la benzina calerebbe soltanto di 180 lire al litro. Meno del dieci per cento.
Insomma, questi appelli al boicottaggio selettivo dei distributori di benzina sono rivolti al bersaglio sbagliato. E' il fisco, non l'OPEC, che si mangia i tre quarti di quello che paghiamo alla pompa. Ma col fisco non si può discutere e non si possono fare boicottaggi, per cui questi appelli si sfogano prendendosela con chi invece c'entra poco: la classica sindrome del "se la moglie ti rimprovera, dai un calcio al cane". Non andare a far benzina presso una catena di distributori e farla invece in un'altra, naturalmente, per il fisco non fa nessunissima differenza.
In realtà il modo per ridurre subito la spesa affrontata al distributore c'è, e non richiede catene di sant'Antonio o improbabili boicottaggi. Basta guidare un po' più piano e meno nervosamente, magari rispettando i limiti di velocità cittadini, visto che il ciclo urbano di continue brusche accelerazioni e brusche frenate è quello che fa schizzare verso l'alto i consumi. Rispettare i limiti di velocità, inoltre, avrebbe anche il non trascurabile effetto collaterale di ridurre il numero impressionante di morti per incidenti stradali. Novemila l'anno, in Italia. Pensateci.
L'indagine antibufala completa è a vostra disposizione qui.
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