Si racconta che la NASA, per risolvere il problema della scrittura in assenza di gravità, abbia speso milioni di dollari per realizzare una biro col serbatoio d'inchiostro pressurizzato; gli ingegneri sovietici invece avrebbero usato la loro proverbiale semplicità, dando ai cosmonauti una matita.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 24-06-2003]
Questa è una vecchia storia che circola da tempo immemorabile. Non è una catena di sant'Antonio vera e propria, ma una leggenda metropolitana. O se volete, più che metropolitana, una leggenda spaziale.
Si racconta che la NASA, alle prese col problema di scrivere nello spazio in assenza di peso, abbia speso milioni di dollari per realizzare una biro col serbatoio d'inchiostro pressurizzato. Senza la pressurizzazione e senza la gravità a farlo scendere, infatti, l'inchiostro non scorreva verso la punta e quindi la biro non scriveva.
Gli ingegneri sovietici, dovendo risolvere lo stesso problema, usarono la loro proverbiale semplicità: diedero ai cosmonauti una matita.
Come raccontato da Snopes.com, in realtà sia i russi, sia gli americani usarono sin da subito le matite. Purtroppo si scoprì che le punte si spezzavano facilmente e continuavano a fluttuare nell'aria, col rischio di essere ingerite o inalate e (siccome la grafite conduce corrente) di causare corti circuiti infilandosi nelle apparecchiature.
Inoltre la grafite e il legno delle matite erano facilmente infiammabili nell'atmosfera di ossigeno puro usata nelle prime capsule spaziali, e non va dimenticato, a questo proposito, che tre astronauti americani perirono nell'incendio scoppiato a bordo dell'Apollo 1 durante una simulazione a terra, per cui la paranoia verso l'infiammabilità era più che giustificata. La matita non era quindi la soluzione geniale che racconta l'aneddoto.
Così nel luglio del 1965 un imprenditore statunitense, Paul Fisher, realizzò a proprie spese e di propria iniziativa la biro pressurizzata, oggi nota come Fisher Space Pen, e la vendette alla NASA a prezzo simbolico: due dollari e 95 cent al pezzo. La biro costò a Fisher oltre un milione di dollari, che non chiese mai alla NASA. La Fisher Space Pen fu poi utilizzata anche dai cosmonauti russi.
L'uso della biro da parte dei cosmonauti russi è documentato nell'indagine antibufala completa, disponibile qui.
La biro, tuttora in vendita, fu usata per la prima volta a bordo dell'Apollo VII, nell'ottobre del 1968. Tuttavia le matite non sono affatto scomparse dal programma spaziale: una rapida ricerca negli archivi online della NASA usando la parola chiave pencil (matita) rivela che le matite sono usate anche a bordo della navetta spaziale. La didascalia della foto disponibile qui infatti parla di tethered pencils, ossia di matite trattenute da una cordicella.
Anche a bordo della Stazione Spaziale si usano le matite: lo testimonia ad esempio l'astronauta Peggy Whitson, che racconta di un esperimento improvvisato in cui mise a mezz'aria una matita per verificare che la Stazione si stava lentamente muovendo rispetto a lei a causa di una manovra di reboost. Inoltre, se si fruga nella Rete alla ricerca di foto e oggetti autografati nello spazio dagli astronauti, si nota spesso che sono firmati a matita.
Concludendo: i russi non usano sempre le matite e gli americani non usano sempre le biro ultratecnologiche. Mai fidarsi degli aneddoti passati di bocca in bocca!
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