La lotta all'assenteismo e la privacy

Fino a che punto si possono spingere i controlli del datore di lavoro per prevenire ed evitare l'assenteismo ingiustificato?



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 08-01-2015]

privacy assenteismo

Di recente è ritornato di gran moda parlare dell'assenteismo ingiustificato dei lavoratori dipendenti e di come ciò sia un danno per le imprese pubbliche e private.

Le cause profonde dell'assenteismo ingiustificato possono essere varie e magari di natura sociale, legate allo stress della condizione lavorativa, a rapporti difficili con il datore di lavoro, con i dirigenti o con i colleghi, a un difficile equilibrio fra impegni familiari e impegni professionali, a demotivazione personale e collettiva; pertanto, meriterebbero un esame più approfondito che qui non faremo.

Ci limiteremo soltanto a dire che, pur non giustificando l'assenteismo, tali cause forse andrebbero debitamente affrontate così da individuare interventi opportuni per attenuare e ridurre il fenomeno.

Vediamo invece fin dove può arrivare la lotta all'assenteismo da parte del datore di lavoro se non si vogliono ledere i diritti fondamentali del lavoratore, come quello alla privacy.

Innanzitutto, la legge permette al datore di lavoro, pubblico e privato, di predisporre dei controlli fiscali a cui il lavoratore non può sottrarsi pena la perdita della retribuzione dei giorni di malattia e sanzioni disciplinari che possono arrivare, gradualmente, fino al licenziamento.

Per questo motivo il lavoratore ha il dovere di comunicare sempre al suo datore di lavoro il proprio domicilio, non in modo generico ma preciso; deve poter sempre essere reperito dal medico fiscale, senza scusanti: non ci si può nascondere dietro il fatto che il campanello non esiste o non funziona, o che il nome non è sulla porta.

Inoltre è bene che siano comunicate in forma scritta anche le variazioni del domicilio nel tempo intercorso dall'assunzione, ed eventuali spostamenti compiuti durante la malattia, per evitare equivoci.

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Il lavoratore ha l'obbligo di farsi trovare dal medico nel proprio domicilio durante le cosiddette fasce di reperibilità, più lunghe per i lavoratori pubblici, più brevi per i lavoratori privati. Ciò vale, in caso di malattia, anche durante le vacanze e perfino all'estero, perché il datore di lavoro può chiedere all'ambasciata italiana o all'ufficio consolare di effettuare visite fiscali con personale medico di fiducia presso l'indirizzo temporaneo del lavoratore, se questi non è ricoverato in un luogo di cura.

Al di fuori da queste fasce il lavoratore potrebbe anche uscire di casa ma non solo gli è proibito svolgere un'altra attività lavorativa, regolare o in nero, ma deve comunque tenere una condotta che non sia incompatibile con il suo stato di cattiva salute (sebbene il datore di lavoro non abbia il diritto di conoscere la diagnosi della malattia ma soltanto la prognosi, cioè la durata) o che possa aggravare la malattia o ritardare la guarigione e il rientro sul lavoro.

Da qui deriva tutta una serie di sentenze, anche della Cassazione, che hanno ritenuto legittime le sanzioni irrogate a lavoratori che, durante la malattia, erano stati visti sciare o addirittura erano comparsi, per loro sfortuna, in filmati televisivi o, ancora, che avevano vinto gare sportive (e i giornali hanno riportato regolarmene la notizia).

Se, ordinariamente, il datore di lavoro deve disinteressarsi della attività sportive o ludiche del lavoratore, siano esse svolte in modo agonistico o amatoriale, in questi casi egli ha visto riconosciuto dai giudici il proprio diritto ad indagare su queste attività per sanzionare la condotta sleale.

In questi casi però la notizia, poi approfondita, di attività esterne del lavoratore durante la malattia non era frutto di una precisa attività di controllo gestita dal datore di lavoro; ci si può in effetti chiedere se il datore di lavoro possa mettere in atto dei controlli sul dipendente mentre questi è in malattia oppure mentre usufruisce dei permessi della legge 104 per l'assistenza a congiunti malati o handicappati.

La risposta a tale quesito è positiva: il datore di lavoro può predisporre questi controlli e farli svolgere da propri dipendenti o affidarli ad agenzie di investigazione privata, che devono agire con le necessarie licenze concesse dalla Prefettura.

Ti invitiamo a leggere la pagina successiva di questo articolo:
Le indagini sulla vita dei dipendenti

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© RIPRODUZIONE RISERVATA

Pier Luigi Tolardo

Commenti all'articolo (ultimi 5 di 12)

Sono d'accordo che si è poco produttivi per scarsa volontà ci debbano essere dei richiami e che debbano essere presi dei provvedimenti, e dei premi per chi produce e si impegna di più. Ma io non lo chiamerei "buonismo dei sindacati" è che lo scarso rendimento va provato, non sono tutti uguali i lavoratori, non sono delle... Leggi tutto
9-2-2015 18:05

Se pubblichi su FB la tua foto mentre in orario di ufficio (o di mutua) stai gareggiando in bici o facendo la spesa al super la privacy te la sei fottuta da solo e quello che pubblichi potrà essere usato contro di te, per manifesta stupidità. :twisted: Mauro Leggi tutto
9-2-2015 08:45

{piero}
@Roberto1960: sono d'accordo con gli incentivi ai lavoratori più efficienti e che dimostrano voglia di lavorare, ma sono altrettanto favorevole a disincentivi a quelli che non hanno voglia di lavorare, la solita legge del bastone e della carota, che deve essere bilanciata per funzionare bene. Così come si devono... Leggi tutto
8-2-2015 16:48

{michele}
chi non vuole far sapere le proprie cose ha un ottimo metodo a disposizione: NON SPIATTELLARLE SU INTERNET.
7-2-2015 18:37

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