[ZEUS News - www.zeusnews.it - 12-05-2019]
È difficile, se non addirittura impossibile, diventare davvero invisibili quando ci si collega a Internet.
Tuttavia, chi frequenta quella parte del dark web costruita sui siti .onion spesso ritiene di essere diventato irrintracciabile semplicemente perché adopera Tor, magari comodamente impacchettato nel Tor Browser per un facile utilizzo.
Ebbene, è tempo di rendersi conto che anche in quel caso non ci si trova affatto protetti da un completo anonimato.
Uno studio recentemente pubblicato si è occupato proprio di questo fenomeno, analizzando i risultati ottenuti da due motori di ricerca specializzati nel censire i siti del dark web, ossia Onion City e Ahmia.
Bisogna ammettere che, proprio a causa della metodologia scelta, l'indagine è piuttosto incompleta: oltre a limitarsi a quei due motori di ricerca soltanto, gli autori hanno deciso di adoperare il numero degli utenti di Tor come se corrispondesse al totale degli utenti del dark web, ignorando altre reti anonime (quali Freenet e I2P).
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«Non possiamo dire» - si legge nello studio - «che nel Dark Web si abbia un completo anonimato. TOR s'è prefissato lo scopo di consentire attività anonime, ma i ricercatori e gli esperti di sicurezza lavorano continuamente allo sviluppo di strumenti attraverso i quali si possano identificare singole persone o servizi nascosti, e de-anonimizzarli».
I ricercatori portano come esempio quando accaduto nel 2013, quando l'FBI prese il controllo di Freedom Hosting (hosting specializzato nell'ospitare servizi web Tor). Non solo: ricordano che fin dal 2002 l'FBI utilizzava un malware per identificare gli utenti di Freedom Hosting nonostante questi fossero convinti di accedere in anonimato.
«Abbiamo concluso» - spiegano alla fine gli autori - «che non si può ottenere un anonimato completo» e che è possibile scoprire da quali nazioni gli utenti si collegano sfruttando i dati messi a disposizione da Tor stesso tramite Tor metrics.
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