[ZEUS News - www.zeusnews.it - 11-09-2021]
Alcuni anni fa, in pompa magna, WhatsApp introdusse la crittografia end-to-end per le conversazioni (e, in seguito, anche per le chiamate): in pratica, da allora prima di lasciare il dispositivo ogni messaggio viene crittografato.
In questo modo, come spiega anche il sito ufficiale, nessuno può intercettare i messaggi e conoscerne il contenuto, nemmeno WhatsApp stessa (o Facebook, che la controlla): soltanto mittente e destinatario vi possono accedere.
Un recente articolo di ProPublica ha però rovinato questo quadro idilliaco ponendo una domanda piuttosto ovvia: se tutto quanto spiegato a proposito della crittografia è vero, esattamente che cosa fanno i circa 1.000 moderatori il cui lavoro consiste proprio nel valutare i messaggi segnalati dagli utenti stessi come «inappropriati»?
Come lo stesso articolo spiega, c'è una scappatoia che, in pratica, rende nulla quella sensazione di sicurezza assoluta circa la riservatezza delle comunicazioni che WhatsApp diffonde.
Quanto un utente riceve un messaggio e lo segnala, questo viene inviato come messaggio separato a Facebook insieme ai suoi metadati (non crittografati): la trasmissione è ancora crittografata, ma è chiaro che il destinatario - Facebook - è in grado di leggere il contenuto.
Non solo: a esso si accompagnano i quattro messaggi che, nella chat, immediatamente lo precedono, al fine di dar modo ai moderatori di valutare il contesto per capire se la segnalazione sia legittima.
I motivi considerati leciti sono gli stessi adottati sul social network: i messaggi di spam, quelli che costituiscono truffa, quelli che contengono materiale pedopornografico o altre attività illegali, una volta valutati dai moderatori, scatenano la risposta di Facebook.
L'invio di messaggi a Facebook deve quindi essere fatto manualmente tramite una segnalazione, ma nulla impedisce - in teoria - che in un aggiornamento di WhatsApp venga introdotto un sistema automatico che esegua questo compito senza la collaborazione né la consapevolezza dell'utente; magari si potrebbe trattare di un sistema analogo al tanto discusso Csam di Apple.
Al momento nulla indica che una pratica del genere sia attiva; d'altra parte, appellandosi alla prevenzione e repressione delle attività illegali Facebook potrebbe decidere di introdurre dei "controlli a campione" o, magari, guidati da qualche algoritmo di intelligenza artificiale.
«I tre anni in cui ho lavorato qui» - racconta un moderatore - «sono stati del tutto orribili». Non solo gli strumenti offerti da Facebook per trattare con le diverse lingue sono inadeguate (per esempio, non aiutano a riconoscere lo slang), ma è capitato che un'azienda che vende rasoi fosse sospettata di vendere armi, e che un produttore di reggiseni venisse considerato un sexy shop.
Né si possono ignorare gli abusi: non è infrequente che un utente ne segnali un altro per dispetto, o ripicca, diffondendo quindi parti di conversazione (e relativi metadati, come ricordavamo, quali le foto dei profili, i numeri di telefono, i dati degli account Facebook e Instagram collegati, e altro ancora) e arrivando al ban immotivato di molte persone.
Chi si affida a WhatsApp pensando che le sue conversazioni siano assolutamente private e lo resteranno per sempre, insomma, deve tenere presente che si tratta di una falsa convinzione. E che i falsi positivi già ora sono tutt'altro che rari.
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Allora, i messaggi di WhatsApp sono cifrati e privati o no?
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