Top Level Domains, una partita per il futuro di Internet

Dietro l'offerta di nuovi Top Level Domains da parte di New.Net potrebbe celarsi una guerra fredda con l'Internet Corporation for Assigned Names and Numbers: ma non solo.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 28-06-2001]

Lo scorso autunno l'ICANN ha approvato alcuni nuovi Top Level Domains (vedere anche ZEUS News del 18 giugno 2001), che saranno attivi a partire dai prossimi mesi. E mentre Network Solutions apre la fase di pre-registrazione nell'ambito dei nuovi TLD "ufficiali", New.Net offre la possibilità di registrare nomi a dominio sotto una molteplicità di ulteriori TLD non riconosciuti dall'ICANN (".show", ".church", ".family" e altri), e propone di lasciare al mercato la regolamentazione dei Top Level Domains.

Da sempre l'ICANN è la massima e indiscussa autorità mondiale nella gestione della crescita ed evoluzione tecnologica della Rete: la mossa di New.Net, che, tra l'altro, ha recentemente inaugurato una nuova sede in Gran Bretagna, appare quindi una sorta di ribellione, con il dichiarato intento di lasciare ai tecnici esclusivamente l'amministrazione di macchine e protocolli.

L'eventuale successo del progetto di New.Net sancirebbe la fine di un monopolio che, originato dalla necessità di contenere l'entropia che sempre affligge le realtà in crescita veloce, è giudicato ormai inutile o addirittura dannoso dai molti che in esso vedono un freno alla libera espansione del proprio business in Rete.

Quante probabilità di successo ha, realmente, New.net? La sua è, innanzitutto, una battaglia sul terreno della tecnologia, ma non priva di importanti risvolti politici.

Infatti, i suoi Top Level Domains non sono conosciuti dalla gerarchia "ufficiale" di DNS, la cui configurazione è stabilita dall'ICANN: New.Net non può che gestirli come sottodomini del proprio dominio. Ciò significa che un dominio registrato da New.Net, ad esempio barninga.free, potrà essere "visto" solo dai browsers che effettuino una ricerca per barninga.free.new.net. E' ovvio che nessuno comprerebbe un servizio la cui visibilità dipenda esclusivamente dalla buona volontà e dal livello di confidenza che il potenziale utilizzatore ha con la tecnologia di base della Rete.

Dal momento che l'ICANN non sembra voler riconoscere i nuovi TLD proposti da New.Net, questa sarà costretta a cercare alleati tra i produttori di browsers e sistemi operativi, convincendoli a integrare in essi le configurazioni necessarie per ricercare anche sotto .new.net quei domini per i quali la ricerca DNS "standard" risponda picche.

A prescindere da qualsiasi considerazione di opportunità tecnica, è facile intuire che non sarà facile: chi sviluppa open source non ha, probabilmente, particolare interesse (e simpatia) per le avventure di tipo commerciale; inoltre, è quasi scontato il "no" di Microsoft, alla luce del fatto che Windows XP incorporerà strumenti di telematica avanzata (telefonia via internet, etc.) attivabili esclusivamente previa registrazione ai corrispondenti servizi Microsoft Network (al riguardo, vedere ZEUS News del 21 giugno 2001).

L'alternativa è indurre gli Internet Service Providers ad aggiornare opportunamente le configurazioni dei loro DNS: New.Net dichiara di avere già stipulato accordi operativi con cinque dei sette maggiori ISP statunitensi; restano fuori AOL/Time Warner (il che non è poco) e, guarda caso, Microsoft.

All'orizzonte appare allora la possibilità che stia per nascere una seconda Internet, più o meno integrata in quella che tutti noi "frequentiamo", e forse una terza, quella di Microsoft, e, perché no, altre ancora in futuro: in prospettiva, collegarsi alla Rete attraverso certi providers potrebbe significare avere accesso ad una parte soltanto dei domini esistenti; in altre parole, si andrebbe verso una discriminazione dei contenuti a seconda del fornitore di accesso. E' una prospettiva pericolosamente convergente con la pratica, in voga negli U.S.A., delle alleanze tra ISP e operatori di telecomunicazioni e si delinea il rischio che al monopolio dell'ICANN, fondato su tecnologia e consenso, e destinato comunque a sopravvivere almeno nell'ambito dell'amministrazione tecnica della Rete, si aggiunga una nuova forma di oligopolio, che vedrà pochi operatori controllare accessi e contenuti con il discutibile obiettivo di massimizzare i propri introiti a scapito del diritto degli utenti di accedere alla globalità dei servizi e delle informazioni disponibili in Internet.

Dividere la Rete in domini fisici, isolati, implica privarla di quel "qualcosa" che la rende, nel suo complesso, di gran lunga superiore alla somma delle sue parti. In una parola, significa distruggerla.

Catastrofismo? Può darsi. Cominciamo però a considerare che, d'ora in avanti, chi voglia registrare un nome a dominio sarà, ancora più che in passato, indotto a farlo sotto più TLD differenti, per consolidare la propria presenza e per evitare equivoci derivanti dall'utilizzo da parte altrui dello stesso nome sotto altri TLD. Ovviamente, per ogni TLD prescelto si paga la quota di registrazione. E' anche così che si crea il business dal nulla...

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