Nelle maggiori aziende italiane, in seguito alla Legge Urbani, aumenta il peer to peer sui Pc aziendali; ma le aziende si preparano a contrastarlo.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 19-08-2004]
In molte grandi realtà aziendali italiane il provvedimento Urbani sul file-sharing ha portato a una crescita notevole dell'installazione e dell'utilizzo di software per il download e la condivisione di musica e film.
Si tratta soprattutto di grandi aziende dell'informatica e delle Tlc e di banche: in pratica il timore di pesanti sanzioni amministrative e anche penali ha significato per molti italiani una migrazione della pratica del P2P dai Pc privati e personali a quelli aziendali e di lavoro.
Questo fenomeno, ovviamente, non è passato inosservato da parte delle direzioni dei sistemi informativi e delle risorse umane di molte aziende, che negli ultimi tempi hanno emanato dei veri e propri diktat in cui si ribadisce solennemente e formalmente il divieto di praticare il file-sharing sui Pc aziendali.
Alle ragioni di tutela della sicurezza informatica aziendale si aggiunge che, in questo modo, le postazioni di lavoro verrebbero utilizzate per ragioni extra-lavorative; inoltre da tali postazioni si possono compiere non solo reati contro le norme sul copyright, ma anche reati come la diffusione di materiale pedofilo e pornografico.
Ai lavoratori viene ribadito che potrebbero incappare nei rigori della legge italiana ma anche essere puniti disciplinarmente, con le sanzioni previste dai contratti collettivi di lavoro e comunicate attraverso le bacheche aziendali.
Le motivazioni? Uso improprio e privato dei mezzi aziendali, inottemperanza agli obblighi di diligenza, danni causati all'immagine dell'azienda e per il fatto che l'azienda può essere chiamata a rispondere in sede civile e penale per i reati commessi dai dipendenti.
La morale? Il file sharing è forse più pericoloso in ufficio che a casa.
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