Google e i controlli preventivi

La vicenda del filmato del disabile su Google Video e del processo a Google per diffamazione e violazione della privacy impone una riflessione. E' giusto che i filmati vengano visionati e approvati prima di metterli a disposizione degli utenti?



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 03-02-2009]

abbasso il grande fratello!

E' iniziato oggi il processo a quattro dirigenti Google per i fatti del 2006, quando sul portale Google Video venne inserito un filmato in cui alcuni ragazzi schernivano un loro compagno disabile. Il tutto fu girato con un videofonino nei locali della scuola e poi messo online.

Al di là della bravata dei ragazzi, già puniti a suo tempo, si cercano ora dei colpevoli in chi ebbe solo la colpa (o il merito) di fornire agli utenti di Internet uno strumento per pubblicare i propri filmati.

Sono passati due anni e mezzo e Google Video oggi non esiste più: è stato chiuso appena qualche giorno fa, ma soltanto perché costituiva un doppione rispetto al più noto YouTube (anch'esso di proprietà di Google), servizio in cui è stato incorporato.

Come è facile rendersi conto, è impossibile controllare l'immensa quantità di filmati che vengono immessi in rete su un portale come YouTube. I controlli, come è facile immaginare, avvengono "a campione" e su segnalazione degli utenti stessi (o della magistratura).

Qui invece si vuole equiparare Google Video (e YouTube e tutti gli altri servizi del genere, che nel frattempo sono sorti come funghi) a un editore che controlla e risponde di ogni parola pubblicata sul proprio giornale o trasmessa dalla propria... "televisione".

Ma di televisione né di giornale si tratta. Humphrey Bogart direbbe "E' YouTube, bellezza!" e le regole sono diverse, devono essere diverse. Non si può imporre ad alcuno di visionare e approvare tutti i filmati prima di renderli disponibili agli utenti, significherebbe la morte del servizio stesso. Ma in Italia (unico Paese al mondo) c'è chi vorrebbe così.

Per questo seguiremo con attenzione le fasi di questo processo, e per questa volta le accuse di violazione della privacy nei confronti di Google le terremo da parte. Magari ci saranno altre occasioni, ma sicuramente non stavolta.

E quando la maretta su Big G sarà passata, perché è inevitabile che finisca così, ricordiamoci anche dei più piccoli: dai blogger ai forum ai siti minori, che non hanno le risorse per controllare tutto quel che finisce online: grazie alle leggi italiane sulla stampa, applicate maldestramente all'Internet del XXI secolo, un commento inopportuno di un utente non registrato potrebbe costare anche al responsabile del sito o del blog un'accusa di diffamazione.

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Dario Meoli (ZEUS)