I motori di ricerca non devono rispondere del materiale pubblicato da terzi: così stabilisce l'avvocato generale della Corte di Giustizia Europea.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 25-06-2013]
Il cosiddetto "diritto all'oblio" in Rete - cioè il diritto che ognuno ha di vedere scomparire i riferimenti personali nei resoconti di fatti ormai vecchi - è uno di quegli argomenti che periodicamente tornano alla ribalta, in quanto spesso fonte di una giurisprudenza non sempre coerente.
Per l'Unione Europea, tale diritto è sacrosanto e i social network devono garantirlo; meno chiara è la posizione che devono assumere i quotidiani online, i quali per forza di cose si occupano di argomenti che includono dati personali che, a causa della "memoria eterna" del web, restano accessibili anche a distanza di molto tempo.
Ancora meno definita è la posizione dei motori di ricerca, considerati di volta in volta responsabili dei contenuti che indicizzano o semplici "elenchi" che nulla hanno a che vedere con il materiale che propongono.
L'ultima voce in proposito è quella dell'avvocato generale della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Niilo Jaaskinen, il quale è stato interpellato circa un vecchio caso tra Google Spagna e il Garante spagnolo per la privacy.
Tutto ha inizio nel 1998, quando un quotidiano pubblica - sia nella propria versione cartacea che in quella web - il nome di una persona legato a degli annunci d'asta fallimentare.
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Undici anni dopo, nel 2009, quella stessa persona interpella l'editore del quotidiano perché, cercando il proprio nome su Google, ancora appaiono i riferimenti a quella vicenda.
A quel punto comincia un iter complesso: dato che tutto è ormai a posto, l'interessato richiede che il nome venga tolto; ma la pubblicazione è legata a un ordine del Ministero del Lavoro, e quindi pare non si possa fare.
Google Spagna entra in scena l'anno successivo e passa la cosa alla sede centrale, mentre l'uomo in questione si rivolge al Garante per la privacy (la Agencia Española de Protección de Datos).
Così la cosa finisce in tribunale: l'editore si appella alla libertà di stampa e non deve rimuovere alcunché, ma Google deve affrontare tutti i gradi di giudizio e, alla fine, si rivolge alla Corte di Giustizia Europea.
È qui che entra in azione Niilo Jaaskinen. Egli, dopo aver ascoltato le parti, ha deciso di dare ragione a Google, affermando che il Gigante di Mountain View non ha alcun controllo sulle informazioni che permette di reperire, e quindi non deve agire in alcun modo.
Colui che ha questo controllo è invece il responsabile del trattamento dei dati personali pubblicati e può essere costretto a rimuovere delle informazioni; un motore di ricerca, che fornisce gli strumenti per trovare informazioni, non possiede tale controllo, e quindi non è responsabile di alcunché.
Al limite, Google potrebbe avere una parte di responsabilità se il materiale in questione fosse illegale; ma, dato che non è questo il caso, il motore non deve fare nulla per tutelare il diritto all'oblio.
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