Chi non ha mai cercato il proprio nome sui motori di ricerca, per scoprire che cosa la Rete dica di lui?
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 02-10-2013]
Nell'era del narcisismo digitale promosso dai social network, era fatale che di pari passo con l'aumentare delle tracce lasciate nel web aumentasse anche l'egosurfing.
Egosurfing non è esattamente un neologismo: ha ormai 15 anni di storia "ufficiale" alle spalle - guarda caso la stessa età di Google - e indica l'attività di chi inserisce il proprio nome e cognome in un motore di ricerca per controllare quanto egli stesso sia presente e rilevante in Rete.
Secondo un sondaggio condotto dal Pew Research Center, l'ultimo decennio ha visto crescere quasi costantemente il numero di persone (va da sé che il campione esaminato si riferisce alla popolazione statunitense) che pratica l'egosurfing.
Se nel 2001 chi indulgeva in questa pratica era pari al 22% dei navigatori, ora coloro che cercano sé stessi in Rete sono oltre la metà dei frequentatori del web: per l'esattezza il 56%, con una lieve flessione rispetto al 2009 (anno in cui la percentuale toccò il 57%).
Lo strumento principe per questo tipo di ricerche risulta essere Google, mentre analizzando più attentamente i dati si scopre che sono gli uomini a essere più attenti al proprio ego: il 58% di essi ha cercato online il proprio nome, mentre le donne che lo fanno sono il 54%.
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Com'è probabilmente logico aspettarsi, sono i navigatori più giovani quelli più attenti alle proprie tracce digitali: pratica l'egosurfing il 64% di quelli tra i 18 e i 29 anni, il 58% di quelli tra i 30 e i 49, il 49% di quelli tra i 50 e i 64 e il 45% di quelli oltre i 65 anni.
Peraltro, pare che una maggiore istruzione renda più inclini a preoccuparsi della propria reputazione nel web: se il 68% di coloro che hanno titoli pari o superiori alla laurea si ricercano in Rete, solo il 35% di coloro che non possiedono un diploma fa lo stesso.
Tutta questa attività non è in realtà dettata semplicemente da una forma di narcisismo tecnologico: chi naviga in Rete sa perfettamente che ormai è pratica abituale, per le aziende in cerca di personale, effettuare una ricerca online per ottenere il maggior numero di informazioni possibile sugli aspiranti.
Cercare sé stessi diventa quindi un modo per sapere che cosa altri troveranno facendo la stessa operazione e, se possibile, tentare magari di rimediare a quelle informazioni imbarazzanti che - per distrazione, perché all'epoca sembrava una buona idea, per errori di gioventù - sono diventate parte della lunga memoria del web.
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