[ZEUS News - www.zeusnews.it - 06-04-2018]
Nell'intervista con la quale s'è scusato per gli scandali in cui Facebook è rimasto coinvolto di recente, a partire dalla fornitura impropria dei dati di 87 milioni di utenti a Cambridge Analytica, Mark Zuckerberg si è lasciato scappare un dettaglio interessante.
Assumendosi la piena responsabilità di quanto successo sulla sua piattaforma, il fondatore di Facebook ha toccato anche una questione originatasi in Myanmar.
Facebook - ha spiegato Zuckerberg - ha individuato uno scambio di messaggi «sensazionali» tra gli utenti di quel Paese, messaggi relativi alla tuttora calda questione dei Rohingya e che invitavano all'uso della violenza da ambo le parti coinvolte.
«È chiaro che ci sono persone che usano i nostri strumenti per incitare a causare danni reali» ha dichiarato Zuckerberg. «I nostri sistemi rilevano ciò che sta succedendo. E noi impediamo che questi messaggi arrivino a destinazione». L'articolo continua qui sotto.
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«Su Messenger» - ha poi spiegato un portavoce dell'azienda - «quando si invia una foto, i nostri sistemi automatici la sottopongono a scansione usando tecnologie di identificazione fotografica per rilevare immagini note di sfruttamento di bambini; oppure, quando si invia un link, lo controlliamo alla ricerca di malware o virus».
L'obiettivo di tale scansione è «fermare rapidamente i comportamenti violenti», non - sottolinea il portavoce - utilizzare i dati a fini pubblicitari.
Tuttavia, il caso del Myanmar indica con chiarezza che non si tratta soltanto di scansioni di foto e collegamenti: Facebook è in grado anche di riconoscere il contenuto dei messaggi e decidere se esso sia accettabile. Soltanto la parola di Facebook stesso ci garantisce che tutto ciò è fatto a fin di bene, e chi vuole credervi deve farlo sulla fiducia.
Ma al di là delle intenzioni, per gli utenti una cosa ormai dovrebbe essere chiara: nulla di ciò che si mette su Facebook, nemmeno i messaggi "privati" tra utenti, è davvero al riparo da occhi indiscreti.
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