Una legge inutile e dannosa contro le fake news

Il Pd va contro i propri principi proponendo una norma farraginosa e assurda che mira a imbavagliare il web.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 29-11-2017]

fakenews

Il Partito Democratico non è nato solo dall'antiberlusconismo, ma certamente trova le sue radici anche nella reazione al cosiddetto diktat di Sofia, ossia l'espulsione dalla Tv di Stato del comico Daniele Luttazzi e del giornalista Enzo Biagi, colpevoli di esserci "andati pesante" contro Silvio Berlusconi.

Da sempre questo partito dichiara di essere l'erede delle grandi tradizioni democratiche italiane, come quella democristiana e quella del Pci, allergiche a ogni forma di censura.

Per questo motivo non si capisce come mai, con tutti i gravi problemi di cui soffre l'Italia e di cui gli italiani si lamentano ogni giorno (e a cui la politica dovrebbe trovare una soluzione: dell'inquinamento atmosferico alla perdita del potere di acquisto delle famiglie), il segretario Matteo Renzi abbia eletto come proprio nemico numero uno le bufale che circolano nel web.

Non si tratta però delle bufale di chi ogni giorno con frodi, truffe e false promesse ruba milioni di euro agli italiani e a cui devono badare Polizia Postale e Carabinieri spesso a corto di mezzi, personale e formazione.

No: Renzi si scaglia invece contro le cosiddette fake news, le bufale sui politici che danneggerebbero la loro reputazione e che sarebbero sparse in Italia addirittura da Vladimir Putin e dai suoi servizi segreti.

Per la diffamazione, la calunnia, il falso ideologico, il procurato allarme esistono già in Italia fior di leggi, e i tribunali sono già sufficientemente pieni di questo tipo di cause.

Eppure, pare che Luigi Zanda, capogruppo dei senatori Pd e un tempo fra i collaboratori più stretti di Cossiga (che non brillava per rispetto del dissenso), voglia presentare una legge che costringa i gestori dei social network a censurare quei post e quei messaggi che lederebbero la reputazione di un politico.

In realtà è una segnalazione che già ora si può fare, ma la proposta prevede, in caso di inazione da parte del gestore del servizio, l'intervento del Garante della Privacy, organismo a nomina politica (la sua composizione è decisa dal governo) e che potrebbe anche multare il gestore.

È questo il secondo tentativo di introdurre una tale normativa, dopo quello - fallito - che voleva renderla parte della legge contro il cyberbullismo e che stava rischiando di bloccare la legge stessa.

Fortunatamente la proposta non potrà essere discussa perché ormai la legislatura è praticamente terminata, ma essa rappresenta comunque un modo autoritario di affrontare la regolamentazione del web, un tentativo illusorio di contenere la crisi di credibilità della politica.

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Pier Luigi Tolardo