Un comunicato dell'Associazione Nazionale delle Imprese d'Informatica, aderente alla Confindustria, parrebbe intendere il contrario.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 16-05-2007]
L'Aitech-Assinform, ossia l'Associazione Nazionale delle Imprese d'Informatica, aderente alla Confindustria, ha assunto una stupefacente posizione per quanto riguarda l'open source, visto un po' troppo riduttivamente come una risorsa software il cui codice sorgente sia stato messo a disposizione della collettività: un comunicato in tal senso sarebbe stato inviato a centinaia di uomini politici e responsabili di enti pubblici.
L'enunciato in sé non presta il fianco a critiche, ma è soltanto una parte della verità; la parte lasciata volutamente in ombra sono gli effetti della liberalizzazione, effetti che ovviamente sono l'aspetto più indigesto alla confederazione degli industriali, o meglio a quella parte che campa installando e facendo manutenzione ai programmi protetti dal diritto d'autore.
Altra circostanza di cui ci si è dimenticati di fare cenno è il fatto che i proprietari del software non lo cedono mai o quasi, ma lo danno semplicemente "in uso" con tutta una serie di clausole vessatorie probabilmente in seria rotta di collisione con quasi tutti i codici commerciali dei paesi dove il software è in distribuzioni. Ma tant'è, se le vie del commercio sono pressoché infinite, la Confindustria ne è sicuramente la Pitonessa.
In verità, lo "stile" del comunicato sembra facilmente riconoscibile e il contenuto pare dettato d'oltre oceano, parola per parola. Ma anche abbandonando la facile dietrologia, si impone un'osservazione a chi sia appena un po' attento alle cose della pubblica amministrazione; e cioè che la stessa è tenuta per legge a operare sempre con le tre E in tasca: cioè a dire Efficienza, Efficacia, Economicità.
Se i sistemi misti o solo proprietari godano dei primi due indispensabili requisiti, se ne potrebbe discutere a lungo; ma circa il terzo, proprio non c'è storia.
Tuttavia del criterio dell'economicità, Confindustria e associati non ne vogliono sentir parlare. Giustissimo, a ognuno il suo ruolo; ma non pretenda di venire a discettare su cosa è bene o male in assoluto. Al massimo, può continuare far propria la nota battuta del "leader maximo" dell'industria italiana secondo cui gli utili sono della società e le perdite deve assumersele lo Stato; ma i tempi sono cambiati (forse) e comunque a certe canzoni nessuno ci crede più.
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